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Al via i referendum consultivi per sette fusioni tra 14 Comuni dell’Emilia-Romagna

“Siamo arrivati a un passaggio importante che segue l’approvazione dei progetti di legge di fusione già licenziati dalla Giunta nei mesi scorsi. Ora la decisione definitiva spetta ai cittadini, che in autunno potranno esprimersi attraverso i referendum consultivi”.

È il commento dell’assessora al Riordino istituzionale, Emma Petitti, al via libera dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna all’indizione dei referendum consultivi per quanto riguarda sette fusioni tra 14 Comuni dell’Emilia-Romagna.

In provincia di Ferrara due le possibili fusioni: Formignana con Tresigallo e Berra con Ro. Due anche in provincia di Parma: la prima tra Colorno e Torrile, la seconda tra Mezzani e Sorbolo. In provincia di Modena la consultazione referendaria riguarderà la possibile fusione tra Lama Mocogno e Montecreto. Nell’area metropolitana di Bologna due le possibili fusioni: la prima tra Castenaso e Granarolo, la seconda Malalbergo e Baricella.

“La Regione- ha concluso l’assessora Petitti- ha messo a disposizione tutti gli strumenti per cercare di favorire i percorsi di fusione, con l’obiettivo di migliorare i servizi ottimizzando le risorse e cercando di mantenere un contenimento dei costi. Siamo certi che quella intrapresa sia la strada giusta e che i territori sapranno cogliere questa importante opportunità”.

 

Le fusioni in Emilia-Romagna

Le Unioni e le fusioni dei Comuni rappresentano un’opportunità strategica per migliorare l’organizzazione e la gestione dei servizi. Soltanto per il 2017, i contributi per le fusioni andati ai 9 nuovi Comuni, nati dai 24 precedenti, sono stati 11 milioni, di cui 2,7 della Regione”.

Le fusioni sono previste a partire dall’1 gennaio 2019, dopo un referendum consultivo che si prevede di organizzare nella prima metà del mese di ottobre. Le elezioni degli organi dei nuovi Comuni che si costituiranno potranno avvenire solo nella primavera 2019, mentre gli attuali organi comunali decadranno dall’1 gennaio 2019. Nei primi mesi del prossimo anno gli eventuali nuovi Comuni nascenti da fusione saranno retti da Commissari prefettizi.

Numero Comuni nel 2014: 348

Numero fusioni concluse: 10

Numero Comuni convolti nelle fusioni concluse: 27

Numero Comuni ad oggi: 331

 

L’elenco delle fusioni concluse

  • Comune di Alta Val Tidone: istituito a far data dal 1 gennaio 2018, con L.R. n. 13 del 18 luglio 2017, a seguito della fusione dei Comuni di Caminata, Nibbiano e Pecorara in Provincia di Piacenza.
  • Comune di Terre del Reno: istituito, a far data dal 1 gennaio 2017, con  l.r. n.23 del 19 dicembre 2016, a seguito della fusione dei Comuni di Mirabello e Sant’Agostino in Provincia di Ferrara.
  • Comune di Montescudo – Monte Colombo: istituito, a far data dal 1 gennaio 2016, con l.r. n. 21 del 23 novembre 2015 a seguito della fusione dei  Comuni di Montescudo e Monte Colombo in Provincia di Rimini.
  • Comune di Polesine Zibello: istituito, a far data dal 1 gennaio 2016, con l.r. n. 20 del 23 novembre 2015 a seguito della fusione dei  Comuni di Polesine Parmense e Zibello in Provincia di Parma.
  • Comune di Alto Reno Terme: istituito, a far data dal 1 gennaio 2016, con l.r. n. 19 del 23 novembre 2015 a seguito della fusione dei  Comuni di Granaglione e Porretta Terme in Provincia di Bologna.
  • Comune di Ventasso: istituito, a far data dal 1 gennaio 2016, con l.r. n. 8 del 9 luglio 2015 a seguito della fusione dei 4 Comuni di Busana, Collagna, Ligonchio e Ramiseto in Provincia di Reggio Emilia.
  • Comune di Valsamoggia: istituito, a far data dal 1 gennaio 2014, con  l.r. n 1 del 7 febbraio 2013 a seguito della fusione dei 5 Comuni di Bazzano, Castello di Serravalle, Crespellano, Monteveglio e Savigno in Provincia di Bologna.
  • Comune di Fiscaglia: istituito, a far data dal 1 gennaio 2014, con l.r. n. 18 del 7 novembre 2013 a seguito della fusione dei 3 Comuni di Massa Fiscaglia, Migliarino e Migliaro in Provincia di Ferrara.
  • Comune di Poggio Torriana: istituito, a far data dal 1 gennaio 2014, con l.r. n. 19 del 7 novembre 2013 a seguito della fusione dei 2 Comuni di Poggio Berni e Torriana in Provincia di Rimini.
  • Comune di Sissa Trecasali: istituito, a far data dal 1 gennaio 2014, con l.r. n. 20 del 7 novembre 2013 a seguito della fusione dei 2 Comuni di Sissa e Trecasali in Provincia di Parma.

 

Incontri nelle Unioni di Comuni in vista dell’approvazione del nuovo Prt 2018-2020

In vista dell’approvazione del nuovo Programma di riordino territoriale (Prt) 2018-2020, nelle ultime settimane si sono svolti, sui territori, 10 incontri tra l’Assessore regionale al Bilancio e Riordino istituzionale Emma Petitti e i Sindaci dei Comuni facenti parte delle Unioni cosiddette “avviate”, con le quali il Prt prevede la sottoscrizione di un “patto per lo sviluppo”.

Le Unioni “avviate” sono caratterizzate dal fatto di gestire poche funzioni, non strategiche, spesso collocate in territori svantaggiati. L’obiettivo della Regione è quello di definire un percorso di sostegno e supporto personalizzato, finalizzato a fornire gli strumenti affinché l’Unione possa costruire un piano di rafforzamento organizzativo che consenta di migliorare e ampliare la gestione associata.

L’Assessore Petitti, durante gli incontri, ha sottolineato che le Unioni di Comuni rappresentano una scelta strategica della Regione nonché una pratica diffusa e consolidata perché deriva dal naturale sviluppo di una radicata tradizione di gestioni associate intercomunali. La Regione ha scelto, quasi unica nel panorama nazionale, di puntare nel tempo sempre più allo sviluppo delle Unioni, enti con personalità giuridica e ben strutturati, sia dal punto di vista politico che amministrativo. Tale ente associativo è stato ritenuto il più idoneo a integrare piccoli e grandi Comuni e a programmare interventi e gestioni funzionali a livello intercomunale.

Il grado di maturità del funzionamento delle Unioni è variegato a livello regionale, e si ritiene sia giunto il momento di supportare, anche con risorse finanziarie, quelle realtà che hanno bisogno di fare un salto di qualità. In seguito all’approvazione del Prt verranno sottoscritti dei specifici accordi triennali tra le singole Unioni e la Regione al fine di impegnarsi reciprocamente a utilizzare le risorse regionali per l’attuazione di un efficace programma di potenziamento.

Riordino istituzionale: firmato l’accordo tra Regione, Città metropolitana e sindacati

E’ stato firmato oggi a Palazzo Malvezzi dal sindaco metropolitano Virginio Merola, dall’assessore regionale al Bilancio, Risorse Umane e Riordino istituzionale Emma Petitti, e dai rappresentati delle Organizzazioni Sindacali CGIL, CISL e UIL regionali e metropolitane, di Bologna e Imola, l’Accordo sulla “Verifica del percorso di attuazione dell’Intesa generale quadro tra la Regione Emilia-Romagna e la Città metropolitana di Bologna, sottoscritta il 13 gennaio 2016” e sull’attuazione del riordino istituzionale.
“Le parti – si legge nell’accordo – hanno condiviso la necessità di proseguire un percorso di riflessione e di approfondimento congiunto sui temi della governance istituzionale, convenendo in particolare che un sistema di governance efficace ed efficiente, che persegua obiettivi generali come il benessere della comunità, la piena e buona occupazione, la tutela dell’ambiente, lo sviluppo sostenibile, riconosce nella partecipazione, la cooperazione interistituzionale e la relazione con i soggetti sociali intermedi, elementi fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi contenuti sia nel Patto Regionale per il Lavoro che nel Patto Metropolitano per il Lavoro”.
Per ribadire l’importanza di una continuità nelle relazioni sindacali con le categorie del pubblico impiego, nell’accordo le parti convengono inoltre “sull’esigenza di consolidare maggiormente, in via permanente, il metodo del confronto con le rappresentanze sindacali, relativamente agli atti che verranno via via definiti, condividendo, sin da subito, la necessità di incontrarsi, almeno una volta all’anno, per svolgere puntuali verifiche e un monitoraggio costante sullo stato di avanzamento del processo di riordino istituzionale”.
Infine nell’accordo si condivide l’importanza dell’unità di intenti tra Regione e Città metropolitana per dare attuazione ai contenuti ed alle previsioni del Piano Strategico Metropolitano 2.0, che sarà approvato nei prossimi giorni, e la prosecuzione del “confronto e l’aggiornamento reciproco in merito alla proposta della Regione Emilia-Romagna volta ad ottenere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell’articolo 116, comma terzo della Costituzione” che nelle prossime settimane proseguirà anche nel rapporto con il nuovo Governo.
La nuova governance maturata ad esito dell’approvazione della legge 13 e dell’Intesa generale quadro tra Regione e Città metropolitana garantirà la prosecuzione del lavoro finalizzato alla valorizzazione della relazione interistituzionale tra Regione e Città metropolitana funzionale allo sviluppo dell’intero territorio regionale.

Inoltre l’accordo prevede il rafforzamento del ruolo delle Unioni dei Comuni all’interno della Città metropolitana; l’incremento delle funzioni comunali da esercitare in Unione, meccanismi disincentivanti all’uscita dei Comuni dalle Unioni e stabilisce un metodo di coinvolgimento permanente delle parti sociali nella prosecuzione del processo di riordino istituzionale.

“Bologna-Firenze, andata e ritorno”, facciamo il punto sulle Città metropolitane

“Bologna – Firenze, andata e ritorno”. Oggi a Loiano, cuore dell’Appennino Tosco-Emiliano, con Dario Nardella, Fausto Tinti, Vittorio Bugli e tanti amministratori per fare il punto sulle Città metropolitane di Bologna e Firenze, una giornata di discussione e progettazione sugli obiettivi del protocollo firmato a novembre dai sindaci Merola e Nardella.

Innanzitutto, occorre fare una riflessione introduttiva sul tema degli enti intermedi, perché è in questo contesto che ci troviamo ad operare.

Ci sono virtuosismi che possiamo mettere in campo, ma ci sono stati anche problemi che abbiamo dovuto risolvere in seguito alla riforma degli enti intermedi avviata dalla Legge Delrio, rispetto ai quali siamo intervenuti, in Emilia-Romagna, con l’approvazione della Legge Regionale 13.

Ad esempio, abbiamo dovuto gestire la mobilità di oltre 1.600 persone, che oggi lavorano in regione grazie agli accordi che abbiamo fatto con tutti i Presidenti delle Province e con i Sindacati. Abbiamo provato a dare risposte senza pregiudicare l’operatività amministrativa delle strutture coinvolte, tutelando al tempo stesso l’occupazione dei lavoratori degli enti provinciali coinvolti dal processo di riforma, dovendo gestire anche diversi problemi alla funzionalità del sistema, che in regioni avanzate come la nostra, non è stato facile superare.

La risposta che abbiamo inteso dare non ha previsto percorsi imposti dall’alto, ma passaggi di condivisione dal basso che sono stati attuati anche grazie alla preziosa collaborazione delle rappresentanze sindacali.

Venendo più da vicino al tema di oggi, come ben sapete, sin dall’approvazione della Legge 13 abbiamo lavorato, da subito, alla costituzione della Città Metropolitana; che ad oggi, come risulta da molti recenti studi, è una delle poche città metropolitane che opera realmente seguendo la sua mission di “motore dello sviluppo regionale”.

L’obiettivo è quello di rafforzare ulteriormente la sinergia tra tutti i territori provinciali della regione assegnando alla Città Metropolitana di Bologna, con lo strumento dell’Intesa generale Quadro, il ruolo di hub regionale, per usare un termine adoperato in materia aeroportuale.

Di recente La Città Metropolitana ha approvato una Convenzione con le province di Modena e Ferrara, per la realizzazione di politiche in area vasta.

Non bisogna nemmeno dimenticare le altre convenzioni di Area vasta, come quelle approvate dalle Province della Romagna, da Parma e Piacenza (aperta all’adesione di Reggio Emilia), partecipando attivamente all’elaborazione del nuovo Piano strategico metropolitano 2.0.

 

Le intese di area vasta sono il frutto di un lavoro tenace dei nostri amministratori capaci, in qualche modo, di raccogliere la sfida lanciata dalla Regione sul tema delle riforme.

L’obiettivo che ci siamo assegnati è quello di stimolare al massimo la capacità dei territori di essere “area vasta” per programmare e svolgere servizi aldilà dei confini amministrativi.

Le sinergie tra sistemi economici, produttivi, sociali e culturali permetteranno, nei prossimi anni, di cogliere sfide sempre più difficili su cui la Regione sta investendo.

Il fatto che le Amministrazioni, insieme alle rappresentanze sociali e imprenditoriali, si siano impegnate a condividere visioni unitarie di sviluppo, ritengo sia una cosa fondamentale. Solo condividendo diverse modalità di promozione degli investimenti e definendo politiche educative connesse con quelle di sostegno al lavoro, riusciremo a compiere il percorso di sviluppo perseguito dalla Regione in questa legislatura.

Altro elemento che la legge 13 ha affrontato, ma che svilupperemo meglio nel prossimo PTR, è quello relativo all’incentivazione e allo stimolo delle Unioni di Comuni, da tanti anni riconosciute come soggetti in grado di far crescere e sviluppare, a livello locale, le politiche di carattere sociale, assistenziale e di sviluppo; elevare la contrattazione a livello di Unione e di Distretto, stimolare lo sviluppo di nuovi percorsi di Fusione di Comuni sono solo alcuni degli obiettivi del nuovo PTR.

Anche in questo caso abbiamo deciso di svolgere un percorso partecipato costruito partendo dalla creazione di gruppi di lavoro settoriali che hanno analizzato, per singolo ambito funzionale, pregi e difetti dello stare “insieme” in Unione.

Come saprete, siamo anche arrivati ad una tappa importante del percorso che come Regione stiamo facendo sul tema del regionalismo differenziato, ai sensi dell’art. 116 comma terzo della Costituzione, quella che comunemente viene definita ‘autonomia regionale’.

Lo scorso 28 febbraio A Roma, a Palazzo Chigi, insieme al presidente della Regione Bonaccini, abbiamo firmato col Sottosegretario agli Affari regionali Bressa, l’Accordo preliminare tra Governo e Regione Emilia-Romagna sull’autonomia rinforzata. Oltre al presidente Bonaccini, hanno firmato un accordo analogo col Governo, relativo alle loro Regioni, anche i presidenti della Lombardia e del Veneto, che hanno condiviso con l’Emilia-Romagna il Tavolo di negoziato con l’esecutivo nazionale. Ora la palla passa al nuovo Parlamento e al nuovo Governo, in quanto quest’ultimo dovrà presentare il disegno di legge governativo alle Camere, alle quali spetterà l’approvazione finale.

È indubitabile che l’iniziativa dell’Emilia-Romagna, insieme a quelle di Lombardia e Veneto, hanno avuto il pregio di riaprire il dibattito sul futuro del regionalismo italiano, in quanto è necessario rinnovare percorsi e programmi anche sul tema che riteniamo cruciale, quello delle politiche istituzionali a partire proprio dalle autonomie territoriali.

Questa può essere l’occasione sia per sperimentare un nuovo sistema di valorizzazione delle peculiarità dei territori accompagnato a nuove modalità e nuovi paradigmi per il finanziamento delle funzioni territoriali.

La logica di questa azione deve comunque concretizzarsi avendo a mente la prospettiva, ben più ampia, che si è sviluppata con la proposta dell’Emilia-Romagna.

La centralità che tornano ad assumere i temi delle autonomie territoriali è efficacemente testimoniata, del resto, dalla rapida diffusione di iniziative analoghe in altri contesti regionali. Non mi riferisco solamente alle iniziative di Lombardia e Veneto, precedute, come ben sappiamo, da importanti consultazioni referendarie, ma anche a quelle, recentissime, intraprese da Liguria e Piemonte.

Si tratta, in ogni caso, di Regioni, queste, che al di là delle diverse tradizioni politiche, esprimono con forza l’esigenza di superare il disagio che le forme di centralismo statale, prodotte nell’ultimo decennio dalla c.d. legislazione di crisi, hanno generato anche nei contesti regionali più “virtuosi” e nei relativi sistemi delle autonomie territoriali.

 

A proposito di politiche virtuose, abbiamo salutato molto positivamente la sottoscrizione del protocollo tra le Città Metropolitane di Bologna e Firenze perché mi pare chiaro che attraverso questo strumento si intendono individuare gli ambiti di interesse comune su cui sviluppare, nel quadro delle politiche regionali e di area vasta, una piattaforma di progetti condivisi.

È stato a questo scopo predisposto il protocollo d’intesa tra le due Città, con la previsione di lavorare insieme per l’attuazione di aspetti comuni dei rispettivi Piani strategici, sui rapporti internazionali, per la progettazione europea, lo sviluppo sostenibile e l’economia, il turismo, la cultura e l’innovazione amministrativa e urbana; cosa importante, viene individuato l’Appennino tosco-emiliano come cerniera e collegamento tra sistemi ambientali che sono omogenei, che hanno valori culturali comuni, unitamente a storia e paesaggio.
C’è attenzione anche alla cooperazione istituzionale tra le due Città, come ambiti di innovazione nelle politiche nazionali e come titolari di un ruolo ben preciso che è previsto dalle politiche di coesione dei fondi dell’Unione Europea.

Va ricordato, che parliamo delle uniche Città metropolitane confinanti in Italia, collegate da una velocissima infrastruttura ferroviaria e da una nuova infrastruttura autostradale che negli ultimi anni hanno ridotto enormemente la distanza tra i due capoluoghi. Ma non solo. I punti che accomunano Bologna e Firenze sono tanti, ne cito solo alcuni:

– le Regioni Emilia-Romagna e Toscana identificano nei rispettivi sistemi metropolitani gli ambiti territoriali in grado di contribuire in modo decisivo al posizionamento dei propri sistemi tra le regioni europee più avanzate;

– parliamo di due aree che assommano circa 2 milioni di abitanti, pertanto fondamentali dal punto di vista sociale ed economico nel sistema-paese;

– sono due territori col tasso di disoccupazione tra i più bassi in Italia;

– dal punto di vista commerciale, siamo in presenza di territori con la capacità di esportazione tra le più alte del paese.

 

 

Riordino istituzionale: la giunta approva tre nuove fusioni di Comuni

La Giunta regionale (il 26 febbraio 2018) ha approvato tre progetti di legge per la nascita di altrettanti nuovi Comuni unici al posto di sei attuali in provincia di Bologna e di Ferrara. I centri coinvolti sono Castenaso e Granarolo nell’Emilia nel bolognese, Berra e Ro nonché Formignana e Tresigallo nel Ferrarese.
I progetti di legge regionale saranno ora presentati all’Assemblea legislativa per l’indizione di un referendum consultivo tra i residenti interessati, che potranno scegliere anche il nome del nuovo Comune unico.
I tre nuovi Comuni, una volta istituiti, potranno contare su contributi regionali e statali. Oltre a ciò, non saranno applicati vincoli per assunzioni di personale a tempo determinato nel nuovo Comune nato da fusione e questo potrà, al contrario, utilizzare eventuali margini di indebitamento precedentemente consentiti anche a uno solo dei Comuni originari. Infine, nei dieci anni successivi alla sua costituzione, il nuovo Ente unico potrebbe avere priorità nei programmi e nei provvedimenti regionali che prevedessero contributi a favore degli Enti locali.
Le fusioni sono previste a partire dal 1 gennaio 2019, solo dopo aver tenuto il referendum consultivo nel 2018. Le elezioni degli organi degli eventuali nuovi Comuni potranno avvenire solo nella primavera 2019, mentre gli attuali organi decadranno dal 1 gennaio 2019. Nei primi mesi del 2019 il Comune nascente da fusione dovrebbe essere retto da un Commissario prefettizio.
Castenaso e Granarolo nell’Emilia (Bologna)
Nella Città metropolitana di Bologna i Comuni che hanno presentato istanza congiunta per la fusione (il 12 gennaio scorso) sono Castenaso e Granarolo nell’Emilia, che hanno deliberato il progetto di fusione nei rispettivi Consigli comunali alla fine del 2017. Il Comune di Castenaso alla data del 1 gennaio 2017 registrava 15.200 abitanti (e una superficie complessiva di 35,73 chilometri quadrati). Granarolo nell’Emilia, alla stessa data, contava 11.971 abitanti (superficie di 34,37 chilometri quadrati. Per quanto riguarda i contributi finanziari, regionali e statali, di cui questa eventuale fusione potrà godere constano di 2 milioni 218 mila euro per ogni anno per 10 anni (22 milioni e 18 mila euro, 2 da fondi regionali e 20 milioni dallo Stato).
Berra e Ro (Ferrara)
Nel ferrarese la fusione riguarda Berra e Ro ed è stata presentata a gennaio di quest’anno. Berra all’1 gennaio 2017 aveva 4.780 abitanti su 68,64 chilometri quadrati di superficie, mentre Ro 3.250 abitanti su 43,20 chilometri quadrati. Nell’arco di dieci anni i contributi finanziari in caso di fusione ammontano a 15 milioni e 683 mila euro (oltre un milione della Regione e 14,6 dallo Stato).
Formignana e Tresigallo (Ferrara)
Sempre in provincia di Ferrara si va verso la fusione di Formignana e Tresigallo, la cui richiesta è stata avanzata all’inizio del 2018. Al 31 gennaio 2017 Formignana aveva 2.733 abitanti su 22,43 chilometri quadrati di superficie, mentre Tresigallo conta 4.434 residenti su 20,62 chilometri quadrati. I contributi finanziari di cui questa eventuale fusione potrà godere sono pari a 12 milioni di euro in dieci anni (11,3 dello Stato e 674 mila dalla Regione).
Le fusioni in Emilia-Romagna
Dall’entrata in vigore della Legge regionale di riordino territoriale (21/2012), sono stati, a partire dal 2014, 10 i processi di fusione che hanno determinato in Emilia-Romagna la nascita di altrettanti Comuni unici al posto dei 27 preesistenti. Dal 1° gennaio 2018 il numero dei Comuni in Emilia-Romagna è sceso a 331.
L’assessora al Riordino Istituzionale Emma Petitti commenta: “Procede il lavoro della Giunta regionale per accogliere le istanze dei Comuni in vista di ipotesi di fusione tra gli stessi. Sono 10 finora i nuovi Comuni nati da fusioni effettuate dal 2014 ad oggi, per un totale di 27 enti soppressi. La Regione come sempre intende mettere a disposizione tutti gli strumenti per cercare di favorire questo percorso di partecipazione; il nostro obiettivo è sempre quello di fornire i migliori servizi, cercando di mantenere, ove possibili, costi sostenibili. Ciò che intendo sempre ribadire all’inizio di tali iter è che alla fine del percorso prevarrà la strada scelta dai cittadini attraverso il referendum democratico”.

Per il 2018 la Regione premia le Unioni con 1,2 milioni di euro in più

Un milione 200 mila euro in più per il 2018, rispetto agli 8 stanziati nel 2017 (cui si aggiungono 7,5 milioni di risorse statali) e un supporto tecnico per accompagnare la crescita e uno sviluppo personalizzato delle Unioni. È l’impegno della Regione Emilia-Romagna per il Programma di riordino territoriale (Prt) 2018-2020, in parte anticipato in un seminario che si è tenuto il 22 gennaio. Nell’occasione è stato illustrato il lavoro svolto nel triennio scorso, che ha portato a rafforzare le Unioni per una gestione più efficace ed efficiente del territorio. Negli ultimi mesi si sono riuniti dei gruppi di lavoro tematici per analizzare il precedente Prt avanzando idee e proposte. A questi gruppi hanno partecipato Anci, Uncem, le strutture della Regione e le stesse Unioni.

“In Emilia-Romagna- commenta l’assessora al Bilancio e Riordino istituzionale Emma Petitti- prosegue il percorso per il riordino territoriale. Da anni sosteniamo che quella delle Unioni è la strada giusta da seguire. In questi ultimi anni attraverso le Unioni sono già stati raggiunti risultati importanti, a partire dal contenimento della spesa e dall’accorpamento dei servizi. L’obiettivo della Regione è potenziare le forme associative per rendere più efficace la gestione del territorio e offrire servizi migliori. L’esempio dell’Emilia-Romagna è quasi unico in Italia: l’intento è di salvaguardare il lavoro fatto e proseguire su questa strada”.

Nel nuovo Piano verranno superati i criteri premiali che erano basati su elementi oggettivi quali la popolazione e l’estensione territoriale per privilegiare criteri del tutto nuovi, che prendano in considerazione non solo il grado si sviluppo dell’Unione ma anche le criticità territoriali e le difficolta amministrative.
Per le Unioni in via di sviluppo si punterà a un sistema di incentivi fondato su criteri che mirano alla qualificazione e al miglioramento delle performance nello svolgimento delle funzioni conferite. Per le Unioni più in difficoltà verrà invece definito un percorso di sostegno e supporto ad hoc.

“L’obiettivo è chiaro: fornire ad ogni Unione uno strumento di supporto personalizzato che accompagni le forme associative ad una maggiore integrazione”, precisa ancora l’assessora Petitti.

La mappa delle Unioni
Nei mesi scorsi sono stati liquidati alle Unioni contributi per circa 15.526.000, di cui 8 milioni da parte della Regione e 7,5 milioni dello Stato, destinati a 41 Unioni del territorio che avevano partecipato a un apposito bando del luglio scorso. Le Unioni sono state tutte ammesse al finanziamento che riguarda le gestioni associate per il 2017.
Attualmente in Emilia-Romagna sono presenti 44 Unioni che raggruppano al loro interno 290 Comuni. Le Unioni sono ritenute la forma associativa più idonea all’integrazione funzionale di piccoli e grandi comuni per la programmazione di interventi pubblici e per la gestione intercomunale.

Il convegno
“Verso il Piano di Riordino territoriale 2018-2020” è il tema del seminario del 22 gennaio, organizzato dall’assessorato al bilancio. Sono stati presentati i risultati di 8 gruppi di lavoro su temi strategici per il futuro delle Unioni e dei loro territori (Servizi finanziari, Programmazione territoriale, Organizzazione e Personale, Agenda Digitale Ict, Servizi sociali, Istruzione pubblica, Affari generali e fondi europei).
I gruppi composti da Regione Emilia-Romagna, Unioni di Comuni, Anci e Uncem hanno individuato soluzioni tecniche e proposte per tradurre le policy della Regione Emilia-Romagna sull’associazionismo dei Comuni. I risultati, presentati dai coordinatori dei gruppi, sono il materiale di partenza per lo sviluppo del Prt 2018-2020 che punta al rafforzamento amministrativo delle municipalità e delle intermunicipalità con l’obiettivo di far crescere l’intero sistema territoriale.

A Castel Bolognese per palare di riordino istituzionale e autonomia regionale

Questa sera al Teatrino del Vecchio Mercato (via Rondanini, 19) si parla di riordino istituzionale. Una bella iniziativa organizzata dal Partito democratico di Castel Bolognese per affrontare insieme tutte le tematiche, i dubbi e le domande della questione. Analizzeremo l’Unione dei comuni e discuteremo del superamento delle province che tocca da vicino la richiesta di maggiore autonomia avanzata dalla Regione Emilia-Romagna. Con me ci sarà l’onorevole Marco Di Maio. Una bella occasione per poter capire meglio i cambiamenti delle istituzioni che riguardano il nostro territorio, confrontandosi con le associazioni di categoria e le realtà locali.
#autonomia #riordinoistituzionale #entilocali #Romagna

 

Obiettivi raggiunti e nuove sfide: i progetti futuri dell’assessora Emma Petitti

“Sono tante e importanti le sfide che ci attendono”. L’assessora regionale Emma Petitti guarda già ai progetti futuri, qui sintetizzati per punti principali, e traccia un bilancio di quanto realizzato sino ad ora.

 

Riordino istituzionale

Il primo grande traguardo che ci poniamo per il 2018 sarà l’autonomia della Regione Emilia-Romagna, frutto di un percorso avviato nei mesi scorsi, secondo quanto previsto dall’articolo 116 della Costituzione, e che adesso anche altre Regioni stanno seguendo. Il nostro obiettivo è di poter sottoscrivere entro fine gennaio un preaccordo con il Governo, che ci permetterebbe di completare l’intesa già con il prossimo esecutivo e il futuro Parlamento. Nelle prossime settimane è prevista la convocazione di tutte le parti sociali e si tornerà in Aula per dare aggiornamenti sulla trattativa. L’Emilia-Romagna sarebbe la prima Regione a raggiungere tale obiettivo, senza percorrere l’inutile strada del referendum. Altro obiettivo al quale puntiamo in questi prossimi mesi è l’approvazione del nuovo Piano territoriale per lo sviluppo e il consolidamento delle Unioni di Comuni.

 

Bilancio

Per il terzo anno consecutivo abbiamo chiuso un bilancio senza alzare le tasse, rafforzando il nostro sforzo per la crescita. Una manovra di 12,17 miliardi, di cui 8,3 dal Fondo sanitario nazionale per la sanità regionale, con investimenti per oltre 1 miliardo e 400 milioni per crescita e occupazione in tutti i settori, una gestione efficace, 33 milioni recuperati dal contenimento delle spese e dalla semplificazione mentre è di 42 milioni l’avanzo di gestione, che permette di liberare oltre 250 milioni per ulteriori investimenti in completo autofinanziamento. Il metodo di confronto con le forze sociali ed economiche ha portato a una condivisione delle scelte strategiche della Regione. Pur in un contesto difficile per la finanza pubblica e per il nuovo assetto costituzionale che si va delineando, l’Emilia-Romagna ha ottenuto risultati al di là delle aspettative nella crescita e nell’occupazione. E ciò grazie alle politiche messe in atto nell’ambito del Patto per il lavoro. Il nostro impegno è finalizzato a raggiungere un’intesa con il Governo sull’aumento della capacità di spesa regionale al fine di liberare risorse da destinare agli investimenti. Tra gli obiettivi anche il piano di razionalizzazione patrimoniale per ricercare nuovi strumenti finanziari diretti e indiretti per creare investimenti e ammodernare spazi e uffici delle strutture regionali.

 

Pari opportunità

Per una parità di genere occorre continuare a lavorare seguendo il percorso già intrapreso: puntare sulla cultura, in particolare delle giovani generazioni, che sono da considerare come uno dei principali interlocutori e quali leve per il necessario cambiamento. Puntare sui giovani è una scommessa ma anche un investimento. In questa direzione, è stato pubblicato un bando per un milione di euro a sostegno di progetti presentati da enti locali e associazioni rivolti alla promozione e al conseguimento delle pari opportunità e al contrasto della violenza di genere. Per dare continuità agli interventi promossi dalla Regione Emilia-Romagna anche per il 2018 si procederà ad un nuovo bando, confermando in un milione di euro le risorse dedicate. Sono inoltre quattro gli step da raggiungere a partire dall’anno in corso: censimento puntuale delle case e centri antiviolenza; corso di formazione regionale per operatori che si occupano di violenza di genere; nuovo bilancio di genere in collaborazione con università; rapporto dell’osservatorio sulla violenza di genere.

 

Risorse umane

Altra grande sfida alla quale stiamo lavorando è porre fine al precariato e puntare a una nuova e buona occupazione. Entro il 2020 intendiamo stabilizzare oltre 300 persone in Regione, che si aggiungono ai 5mila dipendenti della sanità assunti a tempo indeterminato soltanto negli ultimi due anni. Inoltre vogliamo: attuare il piano dei fabbisogni del personale per proseguire con le procedure di stabilizzazione del precariato e attuare nuove procedure concorsuali; avviare i programmi dell’Accademy, con progetti di formazione per rigenerare competenze e investire nel nostro capitale umano; avviare sperimentazioni di “smart working” e un progetto di ascolto e partecipazione con i dipendenti su migliorie organizzative e traduzione degli obiettivi di governo in programmi condivisi e partecipati; applicare il contratto collettivo nazionale.

 

 

Tante le cose fatte in questi primi tre anni di mandato.

 

Taglio dei costi

La giunta regionale dell’Emilia-Romagna ha fatto della sobrietà il cardine della propria azione di governo. Si è scelto quindi di partire dalla riduzione dei costi, a partire da quelli della politica. L’Emilia-Romagna è stata la prima Regione in Italia ad assumere questa decisione, tagliando i costi di 15 milioni. Entro fine mandato, dalla riorganizzazione della macchina regionale si stima che verranno 36 milioni di euro. In particolare, i risparmi sulle strutture speciali saranno di 6,5 milioni di euro, le posizioni dirigenziali saranno ridotte da 135 a 90 e le relative retribuzioni incideranno per 18,9 milioni. Mentre la riduzione delle spese di funzionamento garantirà risparmi per 10,7 milioni.

 

Dimezzate le società partecipate

La giunta ha approvato un piano di riordino delle società in house e delle partecipazioni societarie con il dimezzamento complessivo delle partecipate (da 24 a 13 fra società in house e partecipazioni, oggi 17). Il piano porterà risparmi per 9 milioni di euro e un’entrata fino a 11 milioni dalla vendita delle quote oggi in capo alla Regione.

La giunta ha approvato un piano di riordino delle società in house e delle partecipazioni societarie con il dimezzamento complessivo delle partecipate (da 24 a 13 fra società in house e partecipazioni, oggi 17). Il piano porterà risparmi per 9 milioni di euro e un’entrata fino a 11 milioni dalla vendita delle quote oggi in capo alla Regione. Entro pochi mesi partiranno i primi bandi per disciplinare le procedure di cessione.

Per quanto riguarda le società in house, saranno creati due soggetti specializzati: il primo nel settore della programmazione e valorizzazione territoriale con la fusione fra Aster Scpa ed Ervet Spa, previa acquisizione del ramo di azienda di pertinenza regionale di Finanziaria Bologna Metropolitana Spa (e sua successiva liquidazione). Il secondo riguarda le politiche dell’Ict, Information and communications technology, con l’aggregazione di Cup 2000 Scpa e Lepida Spa: quest’ultima acquisirà il ramo di azienda di Cup 2000 inerente l’Ict. Tempi brevi per il progetto di legge che definirà la nascita di questi nuovi soggetti. Confermate Fer Srl e Apt Servizi Srl, peraltro già coinvolte in un processo di razionalizzazione organizzativo e gestionale delle funzioni trasversali.  Vengono invece mantenute le partecipazioni in sette società non in house per le loro caratteristiche ritenute strategiche per le politiche regionali: Aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna Spa, Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori – Irst Srl, Bolognafiere Spa, Fiere di Parma Spa, Italian Exhibition group Spa (già Fiera di Rimini Spa), Tper Spa, Porto Intermodale Ravenna Spa Sapir.

Le società interessate dalle dismissioni sono: Centro Agroalimentare di Bologna, Centro Agro-Alimentare Riminese e Cal – Centro agroalimentare e logistica di Parma; Reggio Children- Centro internazionale per la difesa e la promozione dei diritti dei bambini Srl e Banca Popolare Etica Scpa.

In questi casi la scelta è quella di orientarsi verso percorsi alternativi a quelli attuali, cioè creare sostegno a favore di iniziative e progetti che si caratterizzano per la loro qualità e rilievo per la crescita della comunità territoriale. Terme di Castrocaro Spa, Terme di Salsomaggiore e Tabiano Spa; Infrastrutture Fluviali Srl; Piacenza Expo Spa, coinvolta nel più ampio ridisegno dell’assetto industriale e societario del sistema fieristico regionale, incentrato sull’integrazione dei poli di Parma, Bologna e Rimini.

 

Riduzione delle tasse, crescita, lavoro, equità sociale

Crescita, lavoro, equità sociale: gli impegni presi a inizio del mandato sono stati mantenuti. Il prossimo obiettivo è di ridurre la burocrazia per semplificare la vita delle imprese e dei cittadini. Al centro della manovra finanziaria, le politiche sanitarie e sociali, gli investimenti per le imprese, il lavoro e l’ambiente. Previste più risorse anche per la cultura, il trasporto pubblico locale, il lavoro e l’ambiente. Confermata la scelta di non introdurre alcuna nuova tassa per i cittadini, resa possibile anche grazie a una sempre maggiore efficienza dell’ente.

 

Più cooperazione tra le istituzioni. Intesa con Città metropolitana Bologna

È stata firmata l’intesa quadro tra Regione e Città metropolitana di Bologna che definisce il nuovo ruolo dell’area vasta metropolitana bolognese, riorganizzandone le competenze e accentuando il grado di integrazione, cooperazione e coesione tra le istituzioni. L’accordo era previsto dalla legge regionale di riordino istituzionale e riguarda nel dettaglio le funzioni e i compiti del nuovo soggetto istituzionale, prevedendo interventi di semplificazione e innovazione in materia di: pianificazione territoriale e urbanistica; mobilità, trasporti e infrastrutture strategiche metropolitane; sviluppo economico e sociale; informatizzazione e digitalizzazione; welfare, governance sociale e sanitaria.

 

Personale regionale: approvato piano triennale per i fabbisogni

Turnover garantito con assunzioni nei prossimi tre anni, attingendo dalle graduatorie di concorsi pubblici già fatti; poi investimenti sulla formazione dei collaboratori, per continuare ad assicurare qualità alle politiche di governo della Regione. Non euro di taglio sulle risorse umane dell’ente, anzi investimenti in formazione e in strumenti di produttività. Sono questi i punti al centro del piano triennale per i fabbisogni del personale della Regione Emilia-Romagna, presentato dopo il confronto con i sindacati di categoria.

 

Pari opportunità

Uno specifico piano regionale un primo bando da un milione di euro per contrastare la violenza di genere. Un tema su cui la Regione è impegnata da anni: è del 2014 la Legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere e del 2016 il Piano regionale contro la violenza di genere, uno strumento per rafforzare la rete di prevenzione, protezione e sostegno alle donne vittime di violenza. Tra i suoi obiettivi, l’istituzione di un Osservatorio regionale per monitorare costantemente i dati e omogeneizzare i servizi; il sostegno a progetti di formazione e sensibilizzazione, rivolti soprattutto ai giovani e agli operatori; la costruzione di percorsi che favoriscano l’autonomia lavorativa ed economica delle donne che hanno subito violenza; lo sviluppo dell’integrazione tra centri antiviolenza, case-rifugio e servizi pubblici. È partito anche il primo bando regionale per sostenere l’attività degli enti locali e del mondo dell’associazionismo e del volontariato impegnati in progetti di diffusione delle pari opportunità e per il contrasto alle discriminazioni e alla violenza di genere. Prioritarie le azioni di prevenzione e assistenza alle donne vittime di violenza e ai loro figli, il rafforzamento dell’ospitalità in emergenza, i percorsi di uscita dalla violenza e di autonomia e le azioni di prevenzione mirata a gruppi di donne a rischio violenza. Tra i progetti, alcuni propongono il potenziamento di servizi e azioni di formazione e di sensibilizzazione; altri si dedicano a campi finora poco esplorati, come il contrasto a ogni violenza e discriminazione sessista nell’ambito dello sport. La maggior parte vede la scuola come interlocutore naturale, perché è nella scuola che si formano convinzioni e sensibilità. Il comune denominatore: far crescere una consapevolezza e una coscienza fatta di rispetto, di contrasto alla violenza contro le donne, di educazione alla vera parità di genere.