All’edizione 2018 del “Summer pride” di Rimini, una festa per i diritti di tutte e tutti
Sono felice di aver partecipato anche quest’anno al “Summer pride” e di rappresentare la Regione Emilia-Romagna in questo importante momento di festa per i diritti. In Regione abbiamo sostenuto la nascita di questa manifestazione e continuiamo a sostenerla perché i diritti appartengono a tutti e tutti abbiamo la responsabilità di impegnarci a difenderli e rafforzarli. Dobbiamo essere capaci di farli vivere in ogni momento e in ogni aspetto del nostro essere cittadini. Dobbiamo avere la forza di essere sempre donne e uomini consapevoli rispetto alla nostra comunità. Persone che non vedono la “differenza” come un ostacolo, ma che, al contrario, possono fare la “differenza” all’interno delle dinamiche della vita sociale, economica, politica, culturale del nostro Paese e non solo. Purtroppo, sono ancora diffuse forme di discriminazione che si presentano nelle forme più volgari e subdole, ma che comunque hanno all’origine pregiudizi e stereotipi, su cui è importante intervenire. Spesso le azioni di discriminazione e violenza nei confronti delle persone omosessuali, transgender e transessuali non sono irrazionali o il frutto di una paura, ma sono il frutto dell’ignoranza e della mancanza di un’educazione adeguata . Riconoscere questo, significa poter mettere in atto meccanismi che creino consapevolezza e conoscenza su questi temi. La Regione su questo ha investito tantissimo. Anche nel 2018 abbiamo messo a disposizione un milione di euro per promuovere progetti contro le discriminazioni. E’ la strada sulla quale continuiamo a impegnarci. La diffusione di una cultura delle differenze è la strada principale da seguire nel contrasto agli stereotipi di genere. Creare cittadini consapevoli, educati all’inclusione, al cambiamento, al rispetto e alla valorizzazione delle differenze, costituisce la premessa fondamentale per una società in cui esiste il rispetto della “persona” nella sua totalità e unicità. Le istituzioni hanno il dovere di creare le condizioni perché questo avvenga, perché ognuno di noi possa sentirsi ed essere una persona compiuta all’interno della società. E questo è ancora più vero e necessario in un momento in cui la logica oppositiva, il meccanismo dell’esclusione, l’odio e le paure, ritornano a essere elemento dominante di creazione di legami sociali. Non possiamo permettere che le conquiste raggiunte sino ad ora grazie a una politica aperta e inclusiva vengano messe in discussione. Abbiamo lottato a lungo e ottenuto leggi di civiltà come quella per le unioni civili e il fine vita, perché quando non ci lasciamo sopraffare dalla paura, possiamo raggiungere traguardi importanti, finalizzati al benessere di tutte e di tutti. Oggi addirittura assistiamo all’imbarbarimento del linguaggio anche di chi ha importanti ruoli istituzionali, quando sono la politica e le istituzioni che dovrebbero contrastare razzismo e intolleranza; e invece siamo nell’epoca in cui a dover essere rieducata è proprio una certa idea di politica. Ancora c’è tanto da fare. Penso ad esempio al tema delle adozioni, è la prossima sfida sulla quale ci dobbiamo concentrare. I diritti hanno un potere dirompente, perché possono stravolgere la storia di una società. Questo genera paura in chi non concepisce il cambiamento come un’occasione di evoluzione e crescita, ma come un elemento di disturbo e perdita di posizioni acquisite. Non possiamo lasciarci sopraffare da paure e pregiudizi. Tutte le volte in cui le paure hanno vinto sul coraggio, la società è precipitata nel gorgo dell’incertezza. Per questo oggi lo dico di nuovo con forza: i bambini e le bambine cresciuti da due persone dello stesso sesso devono avere gli stessi diritti di tutti gli altri. Anche questa, al pari di altre, è una battaglia di civiltà. Questa sarà la nostra battaglia. Chiudo facendo un plauso a quei Sindaci che hanno avuto posizioni nette e chiare sul tema: Appendino a Torino, Merola a Bologna, Sala a Milano, Nardella a Firenze, De Magistris a Napoli, Pizzarotti a Parma e tanti altri. Loro hanno capito che i bambini sono tutti uguali e soprattutto che se la società è un passo avanti, non può certamente essere la politica a riportarla due passi indietro.