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Bologna, Conferenza metropolitana per condividere il Piano strategico metropolitano

Oggi a Bologna in Conferenza Metropolitana con il sindaco Virginio Merola e i sindaci del territorio, per condividere il Piano strategico metropolitano funzionale allo sviluppo e alla coesione dell’intero territorio regionale.

Riordino istituzionale: firmato l’accordo tra Regione, Città metropolitana e sindacati

E’ stato firmato oggi a Palazzo Malvezzi dal sindaco metropolitano Virginio Merola, dall’assessore regionale al Bilancio, Risorse Umane e Riordino istituzionale Emma Petitti, e dai rappresentati delle Organizzazioni Sindacali CGIL, CISL e UIL regionali e metropolitane, di Bologna e Imola, l’Accordo sulla “Verifica del percorso di attuazione dell’Intesa generale quadro tra la Regione Emilia-Romagna e la Città metropolitana di Bologna, sottoscritta il 13 gennaio 2016” e sull’attuazione del riordino istituzionale.
“Le parti – si legge nell’accordo – hanno condiviso la necessità di proseguire un percorso di riflessione e di approfondimento congiunto sui temi della governance istituzionale, convenendo in particolare che un sistema di governance efficace ed efficiente, che persegua obiettivi generali come il benessere della comunità, la piena e buona occupazione, la tutela dell’ambiente, lo sviluppo sostenibile, riconosce nella partecipazione, la cooperazione interistituzionale e la relazione con i soggetti sociali intermedi, elementi fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi contenuti sia nel Patto Regionale per il Lavoro che nel Patto Metropolitano per il Lavoro”.
Per ribadire l’importanza di una continuità nelle relazioni sindacali con le categorie del pubblico impiego, nell’accordo le parti convengono inoltre “sull’esigenza di consolidare maggiormente, in via permanente, il metodo del confronto con le rappresentanze sindacali, relativamente agli atti che verranno via via definiti, condividendo, sin da subito, la necessità di incontrarsi, almeno una volta all’anno, per svolgere puntuali verifiche e un monitoraggio costante sullo stato di avanzamento del processo di riordino istituzionale”.
Infine nell’accordo si condivide l’importanza dell’unità di intenti tra Regione e Città metropolitana per dare attuazione ai contenuti ed alle previsioni del Piano Strategico Metropolitano 2.0, che sarà approvato nei prossimi giorni, e la prosecuzione del “confronto e l’aggiornamento reciproco in merito alla proposta della Regione Emilia-Romagna volta ad ottenere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell’articolo 116, comma terzo della Costituzione” che nelle prossime settimane proseguirà anche nel rapporto con il nuovo Governo.
La nuova governance maturata ad esito dell’approvazione della legge 13 e dell’Intesa generale quadro tra Regione e Città metropolitana garantirà la prosecuzione del lavoro finalizzato alla valorizzazione della relazione interistituzionale tra Regione e Città metropolitana funzionale allo sviluppo dell’intero territorio regionale.

Inoltre l’accordo prevede il rafforzamento del ruolo delle Unioni dei Comuni all’interno della Città metropolitana; l’incremento delle funzioni comunali da esercitare in Unione, meccanismi disincentivanti all’uscita dei Comuni dalle Unioni e stabilisce un metodo di coinvolgimento permanente delle parti sociali nella prosecuzione del processo di riordino istituzionale.

A Bologna, all’assemblea della Confservizi. Un confronto sulle sfide del futuro


A Bologna all’assemblea della Confservizi. Con la giunta delle aziende pubbliche associate per confrontarsi sulle prossime sfide della nostra Regione. Innovazione, garanzia della qualità dei servizi e coesione territoriale al centro di un lavoro che in questi anni ha garantito crescita e competitività.

In piazza Nettuno a Bologna, per le celebrazioni del 25 Aprile

In una bellissima piazza del Nettuno a Bologna si è parlato dei valori della Resistenza “oggi”: ponti e non muri, pace, solidarietà, tolleranza, il valore delle differenze, incontro, democrazia. Siamo l’Italia, popolo generoso, solidale, europeo e aperto al mondo. Non richiudiamoci nel recinto delle nostre paure.

Rivolgo un ringraziamento particolare al Sindaco Virginio Merola, per l’invito e un caloroso saluto alla Presidente Provinciale dell’ANPI Anna Cocchi, al partigiano e deportato Franco Varini, al rappresentante dell’ANPI di Todi Andrea Dominici ospite di questa città aperta e solidale, a tutte le autorità politiche, civili e militari presenti, e a tutti i cittadini di Bologna raccolti qui in piazza Nettuno, davanti al Sacrario dei Partigiani.

Sacrario nato spontaneamente, dopo il 21 aprile, giorno della Liberazione di Bologna, per opera delle donne che qui cominciarono a deporre fiori e ad affiggere foto sul muro esterno del Comune per ricordare il luogo, chiamato dai fascisti “posto di ristoro dei partigiani”, in cui furono fucilati molti resistenti.

E’ un grande onore per me celebrare, qui a Bologna, il 73° anniversario della Liberazione, in una terra che durante gli anni della dittatura fu ricca di sentimenti e di fermenti antifascisti, che ha vissuto con intensa partecipazione la guerra partigiana ed è stata teatro di fucilazioni, rappresaglie, battaglie aperte con i nazi-fascisti e di bombardamenti: i bolognesi ebbero numerosissime perdite di uomini e di donne che hanno sacrificato la loro vita per la lotta di liberazione, (e per tutto questo la Città fu insignita già nel 1946 della Medaglia d’oro al valor militare).

Questo nostro 25 Aprile non è semplicemente una ricorrenza da sentire e celebrare, non è semplicemente un tratto fondamentale e civile della storia italiana del ‘900, ma è una Festa di Popolo che ci parla dell’oggi, del nostro presente.

Dobbiamo infatti continuare a batterci contro le prevaricazioni di chi pensa di assoggettare al proprio volere, con la forza fisica, l’ideologia o il potere chi è più debole, soprattutto se è solo, e che non sempre trova la politica e le istituzioni al proprio fianco.

Quella generazione che scelse di non piegarsi rifuggendo e combattendo il facile, conveniente e silenzioso conformismo di chi pensava di potersi salvare piegandosi alla dittatura nazifascista e alle leggi razziali, ci ha consegnato un Paese libero e democratico.

Quei giovani, uomini e donne resistenti, combatterono per affermare la libertà per tutti, consapevoli che non si sarebbe compiuta pienamente la libertà senza la democrazia e la partecipazione popolare, e senza l’uguaglianza nei diritti, nei doveri e nelle opportunità.

Dalla Resistenza è nata la nostra Costituzione e la nostra Democrazia Parlamentare. Dalla Resistenza sono nati i partiti popolari, che hanno radicato la vita civile attraverso la partecipazione democratica.

La differenza in questo Paese l’hanno sempre fatta le battaglie di civiltà, che hanno saputo divenire battaglie di popolo: penso alla Resistenza e alla lotta contro il terrorismo.

A muovere quelle generazioni, oltre alla speranza per un Paese di nuovo libero e non piegato, fu la volontà di affermare un futuro migliore, attraverso il progresso scientifico e tecnologico, l’accesso universale al diritto all’istruzione.

Chi oggi vuole minare questi valori ha uno strumento in più per influenzare le scelte dei cittadini in maniera subdola.

Nell’epoca moderna l’utilizzo della propaganda attraverso la diffusione delle false notizie grazie in particolare ad Internet, infatti fa leva, sulla velocità di diffusione e sulla difficoltà ad accertarne l’attendibilità per carpire la buona fede dei cittadini ed orientarne le scelte.

Le istituzioni devono difendere il diritto all’informazione, il diritto ad una istruzione libera, il diritto alla partecipazione democratica per tutti, devono difendere il diritto di associarsi tra persone, perché nessuno si salva da solo e solo assieme possiamo migliorare la vita di tutti, aiutandoci e rimboccandoci le maniche, come fecero le persone in questo nostro Paese, alla fine della seconda guerra mondiale.

Dobbiamo affermare i valori della Costituzione, il diritto al lavoro ed il diritto a tutele fondamentali, garantite attraverso lo stato sociale, l’accesso universale ad una sanità pubblica che funzioni e continui a non escludere chi ha meno, chi è più povero.

La crisi ha messo in discussione questi valori.

C’è stato un distacco tra la realtà delle persone e i diritti ed i valori richiamati dalla nostra Costituzione. Molte persone si sono impoverite e non hanno più visto una Repubblica in grado di rimuovere gli ostacoli che oggi producono disuguaglianze.

Le disuguaglianze sociali hanno alimentato la sfiducia ed allontanato le persone dalla politica, dalla partecipazione, dalle istituzioni.

Sta prevalendo una cultura individualista che accentua l’istinto di sopravvivenza, e che fa percepire i valori solidaristici come non vincenti in una società fortemente competitiva. La generazione che uscì dal dopoguerra grazie alla Resistenza, si riconobbe e si salvò proprio attraverso la solidarietà, punto di forza di piccole e grandi comunità. La Resistenza ci ha insegnato che nessuno si salva da solo e che abbiamo bisogno di unirci come popolo e riscoprirci italiani solidali ed europei.

Dalla Resistenza abbiamo creato le condizioni per costruire l’Unione Europea, una Unione non solo monetaria, ma una Unione di intenti, in cui i popoli europei si ritrovarono coesi nel costruire un futuro di pace, dopo secoli di conflitti e divisioni. Oggi questo aspetto è di una attualità disarmante.

Non possiamo assistere inermi al ritorno di sovranismi e nazionalismi, come stiamo vedendo accadere nei cosiddetti Paesi di Visegrad (rappresentati ad esempio dalla visione dell’Ungherese Victor Orban).

Non possiamo continuare ad assistere inermi alla guerra tra poveri, alimentata dalla paura verso l’immigrato.  Abbiamo visto masse enormi di persone fuggire da guerre, da povertà, da cambiamenti climatici, da carestie e problematiche sanitarie. Abbiamo visto uomini e donne morire durante il loro esodo nel deserto libico o morire nel mare Mediterraneo. L’Italia è stata lasciata sola, con la Grecia e la Spagna, nel gestire questa epocale emergenza umanitaria.

Credo che anche su questo dobbiamo riaffermare l’Europa. Una Europa che costruisca ponti, accoglienza regolata e non muri.

Dobbiamo inoltre poter dire ai ragazzi ed alle ragazze, figli di immigrati e nati in Italia, che sono italiani.

La Resistenza ci parla di presente e di futuro. Ci costringe a guardarci dentro, a guardare che Paese siamo diventati e quale Europa vogliamo. Ci costringe a non fare prevalere le nostre paure e a ritrovare coraggio.

Lo Stato sono le istituzioni. E se le istituzioni funzionano e rispondono con forza e serietà alle richieste dei cittadini, lo Stato è più forte.

Dobbiamo dimostrarci popolo ed essere uniti di fronte ad episodi che toccano la nostra sensibilità e le nostre coscienze:

Sto ad esempio pensando a Destiny, donna nigeriana di 31 anni in cinta, morta a Bardonecchia dopo il parto e dopo essere stata respinta dalle autorità francesi.

Penso al vergognoso atto dimostrativo visto nel Monginevro, nel confine italo francese, da parte del gruppo di estrema destra francese Génération identitaire per fermare i migranti.

Su questo dobbiamo essere popolo riscoprendo la nostra umanità e generosità ed il nostro orgoglio nazionale.

Dobbiamo educare i nostri ragazzi a questi valori e non alla prevaricazione sui più deboli.

Dobbiamo rilanciare un nuovo patto educativo che unisca famiglie, insegnanti, istituzioni. Non possono vincere la violenza e l’arroganza che generano solo vittime, perché sono vittime sia la vittima che il violento.

Dobbiamo inoltre riflettere su quanto abbiamo visto in Siria. Pregare come ci ha detto Papa Francesco ma anche agire per fare attivare la comunità internazionale, le Nazioni Unite affinché non si uccidano più civili inermi e bambine e bambini con il Gas Sarin. Questa è una enormità.

La Resistenza ci ha insegnato che dobbiamo costruire un futuro di Pace per tutti i popoli, salvaguardando il loro diritto ad autodeterminarsi.

Spero che il nostro Parlamento ed il futuro Governo, possano lavorare in questo senso, per rafforzare l’Europa e le Nazioni Unite.

Tutto ciò ci parla di Democrazia e di antifascismo, che sono alla base della nostra Costituzione.

Come Assessora regionale alle pari opportunità non posso non ricordare il fondamentale ruolo rappresentato dalle donne nella guerra di Liberazione. Basti pensare alla partecipazione attiva delle donne nella resistenza italiana come già evidenziato dalla Presidente dell’ANPI provinciale di Bologna Anna Cocchi.

Cito solo alcuni dati: circa 35 mila, le partigiane ed oltre 70 mila le appartenenti ai Gruppi di Difesa della Donna.

Più di 4.600 donne subirono arresti, torture e condanne.

Più di 2.700 furono deportate in Germania.

Più di 2.800 furono fucilate e impiccate, 1.070 caddero in combattimento. Ma solo 19 furono le Medaglie D’Oro al valore militare, di cui 15 alla memoria.

E nel ruolo di “Staffetta” partigiana ci furono molte giovanissime donne tra i 16 ed i 18 anni – in quanto destavano meno sospetto -.

Quello delle donne nella Resistenza è stato un grande esempio di coraggio e di abnegazione.

Per la prima volta le donne decisero in piena autonomia senza che padri e mariti esercitassero indicazioni di sorta sul “da che parte stare” e sul “cosa fare per battersi”. Alla richiesta sul perché lo avessero fatto, molte donne risposero: “….per essere libera, perché non mi piaceva la vita che facevo.”

Nelle Brigate Partigiane quelle donne sperimentarono libertà, e parità di condizioni con i loro compagni maschi. Una condizione di autonomia e parità fino ad allora mai verificata.

Grazie a quella battaglia, nel 1946, le donne conquistarono il diritto di voto e, fecero poi parte dell’Assemblea Costituente.

Voglio ricordare 5 tra le 21 donne elette nell’Assemblea costituente, che fecero parte della cosiddetta “Commissione dei 75”, chiamata a redigere il testo della carta Costituzionale: Maria Federici, Angela Gotelli, Tina Merlin, Teresa Noce e Nilde Jotti (che a quasi 30 anni di distanza per tre legislature diverrà Presidente della Camera dei Deputati tra il 1979 ed il 1992).

Un’altra grande italiana (partigiana) Tina Anselmi, prima donna ad essere nominata Ministra nel 1976.

Credo che l’impegno delle donne nelle istituzioni e nella società civile  debba oggi consolidarsi per riaffermare con determinazione, insieme agli uomini, i diritti di libertà e di autonomia contro le azioni violente, di sottomissione e i femminicidi sempre più al centro dell’attenzione mediatica. Come i tanti fatti di cronaca ogni giorno testimoniano, tra cui l’uccisione delle giovanissime donne italiane Sanaa Dafani e Sana Cheema morte per mano dei propri padri, perché avevano osato ribellarsi all’autorità e volontà familiare.

Noi abbiamo il dovere di non dimenticare l’impegno ed il sacrificio delle donne della resistenza che per prime hanno rivendicato autonomia e parità. Esempio concreto per le giovani generazioni nonché faro ed esempio per chi come noi ha ruoli pubblici.

Per questo, come ci ha insegnato Calamandrei, la Resistenza non va consegnata alla storia, come un evento passato, ma come il primo atto della costruzione della nuova Italia. Un atto che ci parla di futuro, di un futuro che non dobbiamo attendere passivamente ma che dobbiamo favorire, scrivendo assieme ogni giorno pagine di speranza. Questa è l’eredità morale che la Resistenza ed il 25 Aprile ci consegnano.

Viva la Libertà, Viva la Resistenza, Viva il 25 Aprile.

Buona giornata della Liberazione a tutti noi.

“Bologna-Firenze, andata e ritorno”, facciamo il punto sulle Città metropolitane

“Bologna – Firenze, andata e ritorno”. Oggi a Loiano, cuore dell’Appennino Tosco-Emiliano, con Dario Nardella, Fausto Tinti, Vittorio Bugli e tanti amministratori per fare il punto sulle Città metropolitane di Bologna e Firenze, una giornata di discussione e progettazione sugli obiettivi del protocollo firmato a novembre dai sindaci Merola e Nardella.

Innanzitutto, occorre fare una riflessione introduttiva sul tema degli enti intermedi, perché è in questo contesto che ci troviamo ad operare.

Ci sono virtuosismi che possiamo mettere in campo, ma ci sono stati anche problemi che abbiamo dovuto risolvere in seguito alla riforma degli enti intermedi avviata dalla Legge Delrio, rispetto ai quali siamo intervenuti, in Emilia-Romagna, con l’approvazione della Legge Regionale 13.

Ad esempio, abbiamo dovuto gestire la mobilità di oltre 1.600 persone, che oggi lavorano in regione grazie agli accordi che abbiamo fatto con tutti i Presidenti delle Province e con i Sindacati. Abbiamo provato a dare risposte senza pregiudicare l’operatività amministrativa delle strutture coinvolte, tutelando al tempo stesso l’occupazione dei lavoratori degli enti provinciali coinvolti dal processo di riforma, dovendo gestire anche diversi problemi alla funzionalità del sistema, che in regioni avanzate come la nostra, non è stato facile superare.

La risposta che abbiamo inteso dare non ha previsto percorsi imposti dall’alto, ma passaggi di condivisione dal basso che sono stati attuati anche grazie alla preziosa collaborazione delle rappresentanze sindacali.

Venendo più da vicino al tema di oggi, come ben sapete, sin dall’approvazione della Legge 13 abbiamo lavorato, da subito, alla costituzione della Città Metropolitana; che ad oggi, come risulta da molti recenti studi, è una delle poche città metropolitane che opera realmente seguendo la sua mission di “motore dello sviluppo regionale”.

L’obiettivo è quello di rafforzare ulteriormente la sinergia tra tutti i territori provinciali della regione assegnando alla Città Metropolitana di Bologna, con lo strumento dell’Intesa generale Quadro, il ruolo di hub regionale, per usare un termine adoperato in materia aeroportuale.

Di recente La Città Metropolitana ha approvato una Convenzione con le province di Modena e Ferrara, per la realizzazione di politiche in area vasta.

Non bisogna nemmeno dimenticare le altre convenzioni di Area vasta, come quelle approvate dalle Province della Romagna, da Parma e Piacenza (aperta all’adesione di Reggio Emilia), partecipando attivamente all’elaborazione del nuovo Piano strategico metropolitano 2.0.

 

Le intese di area vasta sono il frutto di un lavoro tenace dei nostri amministratori capaci, in qualche modo, di raccogliere la sfida lanciata dalla Regione sul tema delle riforme.

L’obiettivo che ci siamo assegnati è quello di stimolare al massimo la capacità dei territori di essere “area vasta” per programmare e svolgere servizi aldilà dei confini amministrativi.

Le sinergie tra sistemi economici, produttivi, sociali e culturali permetteranno, nei prossimi anni, di cogliere sfide sempre più difficili su cui la Regione sta investendo.

Il fatto che le Amministrazioni, insieme alle rappresentanze sociali e imprenditoriali, si siano impegnate a condividere visioni unitarie di sviluppo, ritengo sia una cosa fondamentale. Solo condividendo diverse modalità di promozione degli investimenti e definendo politiche educative connesse con quelle di sostegno al lavoro, riusciremo a compiere il percorso di sviluppo perseguito dalla Regione in questa legislatura.

Altro elemento che la legge 13 ha affrontato, ma che svilupperemo meglio nel prossimo PTR, è quello relativo all’incentivazione e allo stimolo delle Unioni di Comuni, da tanti anni riconosciute come soggetti in grado di far crescere e sviluppare, a livello locale, le politiche di carattere sociale, assistenziale e di sviluppo; elevare la contrattazione a livello di Unione e di Distretto, stimolare lo sviluppo di nuovi percorsi di Fusione di Comuni sono solo alcuni degli obiettivi del nuovo PTR.

Anche in questo caso abbiamo deciso di svolgere un percorso partecipato costruito partendo dalla creazione di gruppi di lavoro settoriali che hanno analizzato, per singolo ambito funzionale, pregi e difetti dello stare “insieme” in Unione.

Come saprete, siamo anche arrivati ad una tappa importante del percorso che come Regione stiamo facendo sul tema del regionalismo differenziato, ai sensi dell’art. 116 comma terzo della Costituzione, quella che comunemente viene definita ‘autonomia regionale’.

Lo scorso 28 febbraio A Roma, a Palazzo Chigi, insieme al presidente della Regione Bonaccini, abbiamo firmato col Sottosegretario agli Affari regionali Bressa, l’Accordo preliminare tra Governo e Regione Emilia-Romagna sull’autonomia rinforzata. Oltre al presidente Bonaccini, hanno firmato un accordo analogo col Governo, relativo alle loro Regioni, anche i presidenti della Lombardia e del Veneto, che hanno condiviso con l’Emilia-Romagna il Tavolo di negoziato con l’esecutivo nazionale. Ora la palla passa al nuovo Parlamento e al nuovo Governo, in quanto quest’ultimo dovrà presentare il disegno di legge governativo alle Camere, alle quali spetterà l’approvazione finale.

È indubitabile che l’iniziativa dell’Emilia-Romagna, insieme a quelle di Lombardia e Veneto, hanno avuto il pregio di riaprire il dibattito sul futuro del regionalismo italiano, in quanto è necessario rinnovare percorsi e programmi anche sul tema che riteniamo cruciale, quello delle politiche istituzionali a partire proprio dalle autonomie territoriali.

Questa può essere l’occasione sia per sperimentare un nuovo sistema di valorizzazione delle peculiarità dei territori accompagnato a nuove modalità e nuovi paradigmi per il finanziamento delle funzioni territoriali.

La logica di questa azione deve comunque concretizzarsi avendo a mente la prospettiva, ben più ampia, che si è sviluppata con la proposta dell’Emilia-Romagna.

La centralità che tornano ad assumere i temi delle autonomie territoriali è efficacemente testimoniata, del resto, dalla rapida diffusione di iniziative analoghe in altri contesti regionali. Non mi riferisco solamente alle iniziative di Lombardia e Veneto, precedute, come ben sappiamo, da importanti consultazioni referendarie, ma anche a quelle, recentissime, intraprese da Liguria e Piemonte.

Si tratta, in ogni caso, di Regioni, queste, che al di là delle diverse tradizioni politiche, esprimono con forza l’esigenza di superare il disagio che le forme di centralismo statale, prodotte nell’ultimo decennio dalla c.d. legislazione di crisi, hanno generato anche nei contesti regionali più “virtuosi” e nei relativi sistemi delle autonomie territoriali.

 

A proposito di politiche virtuose, abbiamo salutato molto positivamente la sottoscrizione del protocollo tra le Città Metropolitane di Bologna e Firenze perché mi pare chiaro che attraverso questo strumento si intendono individuare gli ambiti di interesse comune su cui sviluppare, nel quadro delle politiche regionali e di area vasta, una piattaforma di progetti condivisi.

È stato a questo scopo predisposto il protocollo d’intesa tra le due Città, con la previsione di lavorare insieme per l’attuazione di aspetti comuni dei rispettivi Piani strategici, sui rapporti internazionali, per la progettazione europea, lo sviluppo sostenibile e l’economia, il turismo, la cultura e l’innovazione amministrativa e urbana; cosa importante, viene individuato l’Appennino tosco-emiliano come cerniera e collegamento tra sistemi ambientali che sono omogenei, che hanno valori culturali comuni, unitamente a storia e paesaggio.
C’è attenzione anche alla cooperazione istituzionale tra le due Città, come ambiti di innovazione nelle politiche nazionali e come titolari di un ruolo ben preciso che è previsto dalle politiche di coesione dei fondi dell’Unione Europea.

Va ricordato, che parliamo delle uniche Città metropolitane confinanti in Italia, collegate da una velocissima infrastruttura ferroviaria e da una nuova infrastruttura autostradale che negli ultimi anni hanno ridotto enormemente la distanza tra i due capoluoghi. Ma non solo. I punti che accomunano Bologna e Firenze sono tanti, ne cito solo alcuni:

– le Regioni Emilia-Romagna e Toscana identificano nei rispettivi sistemi metropolitani gli ambiti territoriali in grado di contribuire in modo decisivo al posizionamento dei propri sistemi tra le regioni europee più avanzate;

– parliamo di due aree che assommano circa 2 milioni di abitanti, pertanto fondamentali dal punto di vista sociale ed economico nel sistema-paese;

– sono due territori col tasso di disoccupazione tra i più bassi in Italia;

– dal punto di vista commerciale, siamo in presenza di territori con la capacità di esportazione tra le più alte del paese.

 

 

Riordino istituzionale: la giunta approva tre nuove fusioni di Comuni

La Giunta regionale (il 26 febbraio 2018) ha approvato tre progetti di legge per la nascita di altrettanti nuovi Comuni unici al posto di sei attuali in provincia di Bologna e di Ferrara. I centri coinvolti sono Castenaso e Granarolo nell’Emilia nel bolognese, Berra e Ro nonché Formignana e Tresigallo nel Ferrarese.
I progetti di legge regionale saranno ora presentati all’Assemblea legislativa per l’indizione di un referendum consultivo tra i residenti interessati, che potranno scegliere anche il nome del nuovo Comune unico.
I tre nuovi Comuni, una volta istituiti, potranno contare su contributi regionali e statali. Oltre a ciò, non saranno applicati vincoli per assunzioni di personale a tempo determinato nel nuovo Comune nato da fusione e questo potrà, al contrario, utilizzare eventuali margini di indebitamento precedentemente consentiti anche a uno solo dei Comuni originari. Infine, nei dieci anni successivi alla sua costituzione, il nuovo Ente unico potrebbe avere priorità nei programmi e nei provvedimenti regionali che prevedessero contributi a favore degli Enti locali.
Le fusioni sono previste a partire dal 1 gennaio 2019, solo dopo aver tenuto il referendum consultivo nel 2018. Le elezioni degli organi degli eventuali nuovi Comuni potranno avvenire solo nella primavera 2019, mentre gli attuali organi decadranno dal 1 gennaio 2019. Nei primi mesi del 2019 il Comune nascente da fusione dovrebbe essere retto da un Commissario prefettizio.
Castenaso e Granarolo nell’Emilia (Bologna)
Nella Città metropolitana di Bologna i Comuni che hanno presentato istanza congiunta per la fusione (il 12 gennaio scorso) sono Castenaso e Granarolo nell’Emilia, che hanno deliberato il progetto di fusione nei rispettivi Consigli comunali alla fine del 2017. Il Comune di Castenaso alla data del 1 gennaio 2017 registrava 15.200 abitanti (e una superficie complessiva di 35,73 chilometri quadrati). Granarolo nell’Emilia, alla stessa data, contava 11.971 abitanti (superficie di 34,37 chilometri quadrati. Per quanto riguarda i contributi finanziari, regionali e statali, di cui questa eventuale fusione potrà godere constano di 2 milioni 218 mila euro per ogni anno per 10 anni (22 milioni e 18 mila euro, 2 da fondi regionali e 20 milioni dallo Stato).
Berra e Ro (Ferrara)
Nel ferrarese la fusione riguarda Berra e Ro ed è stata presentata a gennaio di quest’anno. Berra all’1 gennaio 2017 aveva 4.780 abitanti su 68,64 chilometri quadrati di superficie, mentre Ro 3.250 abitanti su 43,20 chilometri quadrati. Nell’arco di dieci anni i contributi finanziari in caso di fusione ammontano a 15 milioni e 683 mila euro (oltre un milione della Regione e 14,6 dallo Stato).
Formignana e Tresigallo (Ferrara)
Sempre in provincia di Ferrara si va verso la fusione di Formignana e Tresigallo, la cui richiesta è stata avanzata all’inizio del 2018. Al 31 gennaio 2017 Formignana aveva 2.733 abitanti su 22,43 chilometri quadrati di superficie, mentre Tresigallo conta 4.434 residenti su 20,62 chilometri quadrati. I contributi finanziari di cui questa eventuale fusione potrà godere sono pari a 12 milioni di euro in dieci anni (11,3 dello Stato e 674 mila dalla Regione).
Le fusioni in Emilia-Romagna
Dall’entrata in vigore della Legge regionale di riordino territoriale (21/2012), sono stati, a partire dal 2014, 10 i processi di fusione che hanno determinato in Emilia-Romagna la nascita di altrettanti Comuni unici al posto dei 27 preesistenti. Dal 1° gennaio 2018 il numero dei Comuni in Emilia-Romagna è sceso a 331.
L’assessora al Riordino Istituzionale Emma Petitti commenta: “Procede il lavoro della Giunta regionale per accogliere le istanze dei Comuni in vista di ipotesi di fusione tra gli stessi. Sono 10 finora i nuovi Comuni nati da fusioni effettuate dal 2014 ad oggi, per un totale di 27 enti soppressi. La Regione come sempre intende mettere a disposizione tutti gli strumenti per cercare di favorire questo percorso di partecipazione; il nostro obiettivo è sempre quello di fornire i migliori servizi, cercando di mantenere, ove possibili, costi sostenibili. Ciò che intendo sempre ribadire all’inizio di tali iter è che alla fine del percorso prevarrà la strada scelta dai cittadini attraverso il referendum democratico”.

Sottoscritta l’intesa di “area vasta” tra Bologna, Modena e Ferrara

Mercoledì 29 novembre è stata sottoscritta l’intesa di area vasta tra la città metropolitana di #Bologna e le province di #Modena e #Ferrara, frutto di un lavoro tenace dei nostri amministratori e capace di raccogliere la sfida della nostra Regione sul tema delle riforme, un traguardo importate che riguarda tutto il tessuto sociale ed economico dei nostri territori. La capacità del territorio emiliano di essere area vasta aldilà dei confini amministrativi. Le sinergie tra sistemi economici, produttivi e culturali permetteranno nei prossimi anni di cogliere sfide sempre più competitive su cui la Regione sta investendo. L’obiettivo è rafforzare ulteriormente la sinergia tra i territori provinciali dell’Emilia centrale in un’ottica di area vasta, con il ruolo di hub dell’intero territorio regionale assegnato alla Città Metropolitana dalla legge nazionale prima e confermato poi dalla legge regionale e dall’Intesa generale Quadro (prima ed unica in Italia, sottoscritta dalla Regione con la stessa Città Metropolitana). La ricerca di nuove sinergie funzionali allo sviluppo socio economico di quella porzione di territorio nasce dalla presenza di numerosi elementi di omogeneità a partire da quelli storici e culturali: presenza di un sistema museale, il ricorrere di caratteristiche architettoniche omogenee dei centri storici e degli edifici religiosi (città d’arte), così come comuni sono il sistema ambientale, il paesaggistico rurale e la forte tradizione eno-gastronomica (food valley). Ulteriori aspetti di forte interesse per lo sviluppo di tali connessioni sono dati dalla presenza delle tre Università e da una rete per la ricerca, strettamente connessa con il sistema produttivo insediati in quell’area. Altri elementi di connessione sono dati dalla presenza di un sistema fieristico integrato, da forti connessioni dei sistemi di mobilità e delle piattaforme logistiche oltre che dalla presenza di uno scalo aeroportuale di livello internazionale, e infine dalle forti relazioni date dalle vocazioni turistiche e dai relativi prodotti (“città d’arte”, “food valley”, “motor valley”).