Una mia intervista al Resto del Carlino sul congresso del Partito Democratico

Una riflessione sul Partito Democratico, a cura del Resto del Carlino di Rimini, che ringrazio per l’ospitalità.

‘Vedo una certa sottovalutazione rispetto all’azione che sta compiendo questa destra al governo intenta ad entrare nelle antenne del Paese con un approccio di tipo egemonico sul piano culturale. Al contempo vedo che il Pd li sta sottovalutando, un Pd che si era posizionato e identificato completamente negli anni attraverso l’azione di Governo e che ora dimostra di non essere sufficientemente attrezzato e organizzato rispetto alla costruzione dell’opposizione sul territorio e sul piano sociale. Vedo una mancanza di consapevolezza e un affanno, siamo sempre un passo indietro. E al tempo stesso vedo gruppi dirigenti troppo distratti dai posizionamenti interni. Bisogna che la sinistra comprenda fino in fondo che non bastano i principi se non si è in grado di organizzare concretamente la Politica.

Cosa teme di più?

Tre questioni mi preoccupano e su queste l’opposizione dovrebbe essere rigorosa e non fare sconti a questo governo di destra.
Primo, come si spendono le risorse del pnrr sui territori e nei tempi previsti entro la fine del 2026. Parliamo di circa 209 miliardi di fondi europei sui quali dobbiamo essere all’altezza come Paese.
Secondo, la sanità pubblica e la qualità delle sue prestazioni direttamente condizionata dalla capacità di spesa e dall’investimento pubblico (servirebbero almeno 5 miliardi) e dalla necessità di assumere medici, infermieri, psicologi di comunità.
Terzo, là finanziaria che sul piano sociale dimostra di essere contro i poveri e le donne perché taglia le tasse a chi ha già le risorse per poter andare avanti e riduce le opportunità di andare in pensione a chi fa fatica ad arrivare a fine mese e invece con opzione donna aveva la possibilità di andarci prima. Si sta pensando solo ai pos e al tetto del contante.

Come procede il percorso congressuale?

Il percorso della costituente è fortemente condizionato da una accelerazione legata alle candidature che sono in campo. In questo momento non abbiamo bisogno di rifugiarci nel leaderismo pensando che solo questo basti a farci ritrovare come comunità di iscritti, militanti ed elettori rispetto al problema della nostra identità politica.

Quali le conseguenze?

Il rischio da evitare è quello di una possibile ulteriore scissione. Non possiamo restare un partito dilaniato tra le diverse culture fondative (comunista, socialista, liberale, cattolica) che non sono riuscite a trovare una sintesi forte ed un gruppo dirigente diviso sulle prospettiva politica e che si presenta in una gara nella quale non è chiaro ne l’approdo ne le possibili conseguenze

E le correnti?

Quello delle correnti rischia di essere il modo di prefigurare nell’immaginario “il nemico” ma è un modo per non affrontare ancora una volta il nodo identitario. Siamo un Partito Democratico e non un partito personale. Nelle democrazie esiste la dialettica sui temi e non il pensiero unico che vediamo nella Russia di Putin o nelle autocrazie. Più che il correntismo si dovrebbe analizzare la linea politica o si vuole ipocritamente affermare che la causa di ogni sconfitta è nelle minoranze interne che hanno posto sempre il partito di fronte ai propri limiti e responsabilità? A me spaventa la faziosità, il frazionismo, le filiere politiche basate sulla fedeltà al capo e un certo trasformismo che ha fatto sempre sì che gli stessi che portavano il partito a perdere consensi continuassero a dettare la linea. Non è forse questo il motivo per cui Zingaretti si dimise?

Su quali temi puntare?

Ritengo che non ci sia bisogno di nascondere che esiste e cresce la povertà o attaccare la ricchezza, in Italia se mai c’è il problema di chi continua a non pagare le tasse attendendo futuri condoni che arrivano sempre. Così si fanno sempre riforme a debito, che si lascia in eredità alle future generazioni, sempre più precarie. Bisogna combattere l’evasione fiscale. Inoltre per redistribuire la ricchezza ed aumentare le pensioni prima bisogna produrla e crearla, ma il nostro Paese è in recessione. Inoltre non si può continuare a rinviare la transizione ecologica non rispondendo alla bella generazione dei “Friday for future” e, anche a livello locale, non si può svilire il confronto sull’ambiente e sulla questione energetica dal fossile alle rinnovabili, semplicemente confrontandosi sulla distanza a mare delle pale eoliche rispetto alla costa, e lo dico con rispetto, ci mancherebbe’.

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