Sul Resto del Carlini Rimini parlo di sanità, regionale e riminese
Con Emma Petitti, presidente dell’Assemblea legislativa della regione Emilia-Romagna, facciamo il punto sulle politiche sanitarie relative al territorio riminese, alla fine di una legislatura iniziata con la pandemia Covid-19.
L’inizio della legislatura è stato senz’altro traumatico per via del propagarsi del virus. Dopo oltre quattro anni mi sento di affermare che, nonostante l’accaduto, la nostra sanità ha retto l’onda d’urto e si è iniziato un lavoro di riassetto fondamentale, basti pensare, e mi riferisco all’area vasta della Romagna, ai 30 milioni di euro destinati alla riorganizzazione per rafforzare strutturalmente il SSN in ambito ospedaliero, al fine di fronteggiare eventuali emergenze pandemiche. Ma non solo, con i fondi del PNRR saranno investiti nel riminese oltre 13 milioni di euro, che serviranno per 11 nuove infrastrutture, tra cui Case di Comunità, Centrali Operative Territoriali e Ospedali di Comunità.
Tra non conoscenza e diffidenza, molti di questi ‘luoghi nuovi’ della sanità romagnola hanno iniziato la loro attività in sordina. Si sente di fare un primo bilancio dell’esperienza riminese rispetto alle aspettative?
Sicuramente positivo, e non lo dico per partito preso. Faccio l’esempio dei CAU (centri di assistenza urgenza). Sono già operativi quelli di Cattolica, Santarcangelo e Novafeltria; imminenti anche le aperture a Rimini e Bellaria. Tempi di attesa media di 45 minuti con l’83% dei pazienti che riceve la cura in loco e la maggior parte degli accessi dovuti a problemi ortopedici, intestinali o disturbi minori, segno che i cittadini si stanno rivolgendo alle strutture in modo appropriato, comprendendone la natura e l’utilità.
Va tutto bene quindi…
Sappiamo che non è così, ci mancherebbe. E molto dipende dalla risorse a disposizione. Non vorrei che ci fosse dal livello statale un attacco, nemmeno troppo velato, alla sanità pubblica. Come regione abbiamo avanzato una proposta di legge per chiedere un aumento del fondo nazionale al 7,5% del PIL, 4 miliardi all’anno per 5 anni, oltre che per superare i vincoli esistenti per le Regioni sulla spesa investita sul personale che da anni soffre un sotto finanziamento sia in termini di organici che di remunerazione. La mancanza di personale medico e infermieristico rappresenta una grave lacuna per la nostra sanità.
Una questione di vecchia data riguarda le liste di attesa, che si porta dietro le polemiche riguardanti il proliferare delle strutture di sanità privata.
Io non demonizzo la sanità privata, ci mancherebbe. A noi deve interessare che funzioni quella pubblica. Il problema delle liste di attesa esiste, nessuno lo nega. Tuttavia, anche su questo non si sta fermi. Ammonta a 30 milioni il finanziamento per abbattere le liste d’attesa su tutto il territorio regionale già a partire dal 2024. E per assicurare, sempre quest’anno, un milione di prestazioni in più, incrementando del 20% il numero di visite ed esami diagnostici. Entro aprile ogni Azienda Sanitaria Locale dovrà presentare un piano straordinario di azione in questo senso. Le misure concrete verranno attuate già entro l’estate da parte di tutte le ASL, con un duplice obiettivo: incrementare sia il numero di prestazioni specialistiche disponibili, sia la quota di tempo dedicato alle prestazioni ambulatoriali da parte del personale medico.
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