Sul Corriere Romagna una mia riflessione alla luce dell’attuale scenario

FINISCA LA SOCIETÀ DELL’IO: C’È BISOGNO DI UNIRE, NON DI DIVIDERE
➡️Sembra passato tanto tempo da quando si profilava la possibilità di un uomo solo al comando, colui che invocava i pieni poteri da una spiaggia della Riviera, invece è trascorso meno di un anno. Un’alternativa che, fortunatamente, è stata scongiurata. Perché chissà oggi, in caso, come sarebbero andate le cose.
Da lì la nascita di un Governo PD-5S e LeU, nato soprattutto alla scopo di evitare l’aumento delle tasse e dell’Iva, eventualità che avrebbe impoverito tutte quelle famiglie già più in difficoltà.
Poi, improvvisamente, lo scoppio di questa pandemia globale, di una crisi sanitaria senza precedenti nella storia più recente, unita alla difficile sfida di trovare una sintesi tra le richieste economiche e sociali con le restrizioni dovute al contenimento del virus.
La politica è cambiata, di pari passo con gli accadimenti.
Si è capita una cosa: c’è bisogno di unire, non di dividere. Ognuno ha bisogno di tutti. Per rialzarsi e ripartire. In una comunità ognuno dipende dall’altro e nessuno si salva da solo. Credo che questo sia stato capito da tempo dalla Regione Emilia-Romagna, che in questi anni, prima di prendere decisioni importanti, ha sempre fatto della concertazione e della condivisione degli obiettivi le sue bussole.
Il nostro Paese riaccenderà i suoi motori e saprà ripartire soltanto insieme, unendo i suoi talenti, i suoi ingegni e le sue professionalità in un percorso che, passo dopo passo, ci porterà a uscire da questo tunnel. A partire dai suoi cittadini e dai lavoratori.
Nessuno sa esattamente come, ma il mondo del lavoro subirà delle trasformazioni radicali. Il nuovo paradigma sarà la sicurezza. Se già non potevamo accettare le troppi morti o i troppi infortuni sul lavoro, oggi questo tema diventa ancora di più una priorità sociale.
Alle nuove norme di sicurezza serve affiancare nuove modalità lavorative, innovative e inclusive.
Le possibilità di investire sul lavoro agile, da remoto, è fondamentale per poter lavorare e competere. *I vantaggi sono molteplici: maggiore sicurezza, più facilità nel conciliare il lavoro con gli impegni personali e familiari, più tempo per se stessi, riduzione dell’inquinamento atmosferico data dalla diminuzione degli spostamenti, meno costi di mobilità*.
È necessario un ampio confronto per mettere insieme le pratiche più virtuose e adottare soluzioni originali e al contempo responsabili, senza lasciare indietro nessuno.
L’obiettivo è evitare con tutte le nostre forze che il Coronavirus, oltre che principale antagonista della nostra salute, si trasformi anche in un moltiplicatore di diseguaglianze sociali.
Le istituzioni e la politica devono essere in grado di dare delle risposte all’altezza delle richieste e dei tanti punti di domanda che ci vengono posti oggi dal nostro sistema sociale e produttivo, fortemente sfibrato da questa crisi.
È di fondamentale importanza anche aprire una riflessione sulle potenzialità della tecnologia, che in questa fase in cui era d’obbligo la lontananza, si è rivelata indispensabile. Parallelamente però ha fatto emergere in modo esplicito il divario economico tra le famiglie. Una su tre non è dotata di computer o tablet.
Là dove non ci sono le condizioni economiche a sostenere tali spese, serve un intervento dello Stato, che innanzitutto deve tutelare le classi più vulnerabili.
E’ possibile che in tutto questo tempo ci fossero bambini che facevano lezione senza nemmeno avere un PC? No.
A fianco al tema dell’istruzione e del digitale, c’è quello della sanità.
Non è sufficiente avere 20 politiche regionali scollegate, ma occorre avere un quadro nazionale di riferimento perché quest’emergenza ha reso evidente la necessità di investire su un sistema sanitario pubblico, equo e universale.
Il nostro Paese puó contare sulla laboriosità e intraprendenza dei suoi cittadini, ma serve anche un importante supporto da parte dello Stato perché aiuti chi ora è in difficoltà e ha il terrore di perdere il proprio posto di lavoro.
Se c’è una cosa che questa crisi ci ha insegnato è una: è finita la società dell’Io.
Abbiamo bisogno dell’altro, anche per ripensare alle nostre comunità.
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