Contratto del pubblico impiego: il rinnovo è diventato realtà

“Finalmente, come annunciato dalla ministra Marianna Madia, il rinnovo del contratto collettivo nazionale del pubblico impiego, che ha significato uno stanziamento nella legge finanziaria per circa 5 miliardi di euro, e che riguarda approssimativamente 3,3 milioni di lavoratori nel Paese, è diventato realtà. Dopo dieci anni di stallo, si tratta di un riconoscimento a una componente importante del mondo del lavoro: insegnanti, professionisti della Pubblica amministrazione, ricercatori, medici, infermieri, ufficiali di anagrafe. Figure professionali che ogni giorno permettono all’Italia di andare avanti e di godere di diritti a prescindere dalle condizioni sociali ed economiche”. Così Emma Petitti, responsabile nazionale della P.A. per il Partito democratico, commenta l’approvazione dell’accordo per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici. “Questo è certamente un segnale positivo per tutto il Paese e lancia un messaggio chiaro: bisogna continuare ad avere fiducia nella politica. L’accordo è stato siglato con piena condivisione tra Governo e organizzazioni sindacali. Era un passo necessario per dare valore al lavoro di migliaia di persone e che aggiunge un ulteriore e decisivo tassello al lavoro già fatto per il settore della Pubblica amministrazione. Un settore per il quale si è aperta una fase nuova, resa possibile grazie alla Riforma Madia che ha già fornito risposte importanti sul piano del precariato per i lavoratori pubblici”.

L’accordo firmato dall’Aran, l’agenzia che rappresenta lo Stato nella trattativa con le controparti, si tradurrà dapprima in un contratto rivolto ai dipendenti dello Stato, poi successivamente al comparto della conoscenza (Università e Scuola), Sanità e infine Regioni ed Enti locali. Grazie al contratto nazionale si produrranno aumenti medi di 85 euro al mese (in una forbice che va da 63 euro a 117 euro) sommate a 500 euro di una tantum, ma si darà anche il via alla contrattazione decentrata. Gli aumenti per il 2018 scatteranno dal mese di marzo.

 

Per i lavoratori della Regione Emilia-Romagna il nuovo contratto comporterà una doppia opportunità: da una parte gli aumenti del contratto nazionale, dall’altra le necessità, comparto per comparto, di adeguare i contratti al costo della vita di una regione pulsante del Nord.

È prevista l’estensione di tutele importanti come quelle per i lavoratori affetti da gravi malattie e al contempo il contrasto severo a comportamenti opportunistici come l’assenteismo. Non ci saranno più premi a pioggia ma nemmeno la previsione di fasce predeterminate, come la legge Brunetta imponeva. A questa firma seguiranno gli accordi per il comparto conoscenza, sanità ed enti locali.

La Regione Emilia-Romagna stima l’onere necessario in 4 milioni di euro l’anno, cui si sommano circa 2 milioni per le una tantum. Ma non si ignora, come previsto dal recente accordo di programma firmato in sede locale dall’assessora regionale alle Risorse umane e Bilancio Emma Petitti e i sindacati Cgil, Cisl e Uil, la possibilità di ulteriori stanziamenti per ritoccare alcuni istituti anche in sede decentrata, operando variazioni al bilancio regionale. La Regione Emilia-Romagna intavolerà assieme alle altre Regioni e alle Città una trattativa con lo Stato volta a realizzare un’intesa perché siano stanziate le giuste risorse agli enti territoriali per corrispondere quanto legittimamente atteso dai lavoratori.

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