Una mia riflessione sulla Giornata internazionale della Donna
La Giornata della donna è un momento di riflessione e un’importante occasione per dialogare con un pubblico più ampio sulle questioni di genere. Per fare il punto su ciò che è stato fatto e sulle criticità ancora da risolvere. Quello di quest’anno è indubbiamente un 8 marzo diverso. Sono passati dodici mesi esatti dal primo lockdown per lo scoppio della pandemia, e ora possiamo vederne tutti gli effetti, in particolare per quanto riguarda il lavoro.
Come conseguenza della crisi economica globale legata all’emergenza sanitaria da Covid, a dicembre 2020 sono tornati a calare gli occupati: una perdita di posti di lavoro di 101mila unità di cui la maggior parte, 99mila, sono donne. E dei 444mila occupati in meno registrati in Italia in tutto il 2020, il 70% è costituito da donne. Un dato negativo pesantissimo.
La diminuzione del numero di occupati ha interessato con un’intensità maggiore le donne, anche in Emilia-Romagna, seppure in misura inferiore alla tendenza media nel Paese. Rispetto al terzo trimestre 2019, la stima Istat per il corrispondente periodo 2020 indica infatti una riduzione complessiva di circa 41,4 mila unità, pari ad una variazione del -2,1% (-2,6% a livello nazionale). Tra le donne, tale contrazione ha riguardato 25,3 mila occupate, corrispondenti al -2,8% (-3,5% a livello nazionale). E questo dopo un trend positivo, che aveva portato l’Emilia-Romagna a far registrare il secondo migliore tasso di occupazione femminile in Italia dopo il Trentino Alto Adige.
Il motivo per cui il crollo occupazionale è un affare soprattutto femminile non è difficile da intuire: la natura del lavoro stesso rivela che ci sono ancora discrepanze tra uomini e donne. Le donne sono impiegate soprattutto nei settori che più di tutti stanno vivendo la crisi, come quello dei servizi, spesso con contratti che danno poca sicurezza e stabilità. Per questo è importantissimo il perseguimento delle politiche per contrastare i fenomeni che pongono le donne in condizione di svantaggio, come le differenze retributive, le difficoltà di accesso alle posizioni di responsabilità e il persistere della divisione dei ruoli sociali in base al genere.
L’Emilia-Romagna è una Regione all’avanguardia per le politiche a favore dell’occupazione femminile. Abbiamo mantenuto costante l’impegno sui servizi educativi per la prima infanzia, sul sistema di welfare consolidato e sull’istruzione e la formazione professionale. Già nel primo Patto per il lavoro, siglato nel 2015 (poi aggiornato nel 2020) con tutte le rappresentanze istituzionali e le parti sociali si è posto al centro dell’azione regionale, tra le varie cose, la valorizzazione e il rafforzamento del ruolo delle donne nell’economia e nella società.
In questa direzione si è mossa la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che proprio in questi giorni ha presentato una proposta di direttiva volta a combattere la differenza salariale tra uomini e donne. Nello specifico si prevede che le imprese con più di 250 dipendenti dovranno redigere un rapporto sulla parità salariale, giustificando e correggendo eventuali differenziali. Questo è davvero un ottimo passo per iniziare a combattere le discriminazioni.
Tali obiettivi si perseguono anche a partire da mutamenti culturali. La Regione Emilia-Romagna, a partire dal 2016, ha promosso dei bandi da un milione di euro ciascuno finalizzati alla promozione della parità, contro le discriminazioni e gli stereotipi sessisti. Oltre all’approvazione, nel 2014, della “Legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere”, sono state realizzate tre edizioni del Bilancio di genere, documenti che ci hanno permesso di monitorare i programmi e le attività messi in campo dalla nostra Amministrazione.
Chiudo sottolineando che l’autonomia lavorativa si allaccia inevitabilmente anche al tema della violenza. I dati dei femminicidi in Italia purtroppo continuano a essere drammatici. Centododici donne sono state uccise nel 2020, dodici nei primi due mesi del 2021. La pandemia ha fatto da detonatore: durante il periodo di lockdown, lo scorso anno, le violenze sulle donne tra le mura domestiche sono aumentate. È quindi nostro compito, come istituzioni, continuare l’impegno quotidiano con costanza, determinazione, condivisione e trasversalità delle politiche pubbliche per sostenere l’occupazione femminile, in modo che le donne possano rendersi libere, anche dalla dipendenza e dalla violenza.
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