Iniziativa a Bologna sul tema delle donne e del mercato del lavoro: divari, conquiste, parità
Le disuguaglianze di genere sono uno dei temi principali da affrontare nel panorama politico. Ancora oggi permangono disparità importanti nella società che si riflettono nell’accesso al mercato del lavoro, dove sono tanti gli ostacoli che le donne devono riuscire a superare. Se da un lato le donne hanno risultati accademici migliori, laureandosi di più e con ottime votazioni, entrate nel sistema lavoro si raffrontano con il fatto che gli uomini percepiscono in media circa il 13 per cento in più dello stipendio a parità di mansione. Questo significa che se sei donna dal 15 novembre e fino alla notte di Capodanno lavorerai gratis. Quaranta giorni di lavoro sono il calcolo fittizio che viene fatto per dimostrare quanto i colleghi maschi continuino a guadagnare di più per le stesse mansioni. Una forbice che in 10 anni si è ridotta solo del 2,8%.
In Italia solo il 49,5% delle donne ha un posto di lavoro di cui solo il 31% a tempo pieno, perché è un fatto l’altissimo ricorso al part-time nella gran parte dei casi involontario. Così come un altro dato è che i salari diminuiscono per le madri nei 24 mesi successivi alla nascita dei figli e si allontanano le prospettive di carriera ed economiche.
Le donne sono in prevalenza impiegate nei settori di lavoro prevalentemente povero, e questo ha delle forti ripercussioni in termini sia reddituali che previdenziali tanto che le donne over 65 hanno un reddito annuo inferiore dell’11% rispetto agli uomini della stessa età.
Mantenere alta l’attenzione sulla parità di genere in ambito lavorativo è una sfida che vede le Istituzioni in prima linea attraverso l’attuazione di leggi che tutelano e promuovono il lavoro femminile. Con l’attuazione della legge 162/2021 abbiamo un importantissimo strumento per raggiungere la parità salariale, introducendo una serie di modifiche ed integrazioni per abbassare il gap retributivo di genere e favorire la partecipazione delle donne. La stessa Regione Emilia-Romagna con la legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere, la n.6/2014, ha disposto tutta una serie di politiche e azioni caratterizzate da un approccio trasversale e concreto alle politiche di genere.
Essenziale è il tema dei controlli perché senza il monitoraggio sull’effettiva applicazione di quanto viene descritto all’interno del quadro legislativo non avremo mai la certezza che quelle misure siano implementate. Solo così l’attuazione si potrà definire compiuta ed ogni sforzo fatto avrà la sua corrispondenza nella società e direttamente nella qualità di vita delle persone.
La condizione femminile misura la qualità democratica di un Paese e, quando favorevole, lo arricchisce, perché investire sul lavoro delle donne significa investire nell’economia e nella crescita di un territorio.
Di fronte all’aumento delle disuguaglianze che accompagnano la crisi che stiamo attraversando in questo momento storico, dobbiamo impegnarci a cogliere tutte le opportunità che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza offre per investire sulle donne.
Va supportato e favorito il cambio di un modello culturale ancora molto radicato in Italia che vede le donne confinate in ruoli di cura e non proiettate verso la realizzazione personale.
Le donne sono soprattutto impegnate nel settore dei servizi, caratterizzato da contratti precari. La conseguenza è molto spesso una minore retribuzione e sicurezza economica.
Le Regioni in questi anni hanno adottato molti strumenti per diminuire il divario di genere.
La Regione Emilia-Romagna è da sempre impegnata per la piena attuazione dei principi di uguaglianza e parità e ha diverse le leggi regionali in materia
[n.15/2019 – Legge regionale contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere; n.14/2014 – Promozione degli investimenti in Emilia-Romagna, n.6/2014- Legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere; n.2/2014 – Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare]
dalle quali discende una serie di politiche e azioni caratterizzate da un approccio trasversale e concreto alle politiche di genere.
Nel 2019 la Regione Emilia-Romagna ha sottoscritto anche il Patto per il Lavoro e per il Clima insieme a enti locali, sindacati, imprese, scuola, atenei, associazioni ambientaliste, Terzo settore e volontariato, professioni, Camere di commercio e banche. Un progetto condiviso per il rilancio e lo sviluppo dell’Emilia-Romagna che si fonda sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale e quindi anche sulle pari opportunità per tutti i cittadini, sulla possibilità di conciliare i tempi della vita famigliare con le opportunità della vita professionale, nella logica della condivisione delle responsabilità di cura e dell’innovazione dei modelli sociali.
Si tratta di obiettivi in linea con il diritto e le ambiziose politiche dell’Unione europea, che si è dotata di un importante quadro legislativo in materia:
L’uguaglianza, assieme al rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia e dello Stato di diritto, rappresenta uno dei valori su cui si fonda l’Unione europea.
Da essa discende l’impegno vincolante degli Stati membri a perseguire una società non discriminante che garantisca la parità tra donne e uomini.
È una sfida che va abbracciata con uno sguardo d’insieme, che superi le logiche di settore (istruzione-lavoro-maternità-economia-salute-violenza ecc.) e di sistema verso l’obiettivo di una collettività più matura, più giusta e più ricca.
In Italia c’è ancora molto lavoro da fare, sia rispetto agli strumenti legislativi che ci siamo dati a livello nazionale e regionale, sia in riferimento ai dispositivi con cui si è inteso dare attuazione a quelle norme, la cui efficacia si scontra con la frammentazione delle realtà territoriali e di governance, le resistenze del sistema generale e una cultura diffusa spesso poco rispettosa della parità di genere.
È una dimensione complessa, ma determinante per il futuro del nostro Paese. Per sostenere e favorire questo cambiamento è fondamentale trovare un terreno comune su cui lavorare e concentrare idee, forze e risorse su obiettivi condivisi.
Il lavoro è il principale strumento di inclusione sociale e una delle vie per assicurare ad ogni soggetto un’esistenza libera e dignitosa. Sta a noi rivendicare un lavoro di qualità e al contempo rimuovere le cause che non consentono alle donne di accedere ai posti apicali in tutti i settori. Dobbiamo realizzare davvero l’uguaglianza di genere, la parità salariale effettiva, il riconoscimento dei diritti e delle tutele per tutte le lavoratrici.
Bisogna favorire la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro attraverso ulteriori investimenti nel welfare e sgravi fiscali a favore delle aziende, ed attraverso un cambio culturale, troppo spesso rigido, che vede le donne confinate in ruoli di cura e non proiettate verso la realizzazione personale.
In questa direzione è andata anche la recente direttiva approvata dal Parlamento europeo che mira ad incrementare la presenza femminile nelle posizioni apicali nelle aziende con più di 250 dipendenti. Entro fine giugno 2026 il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecuti ed il 33% di tutti i posti di amministratore dovranno essere occupati da donne. Una decisione storica che deve fare salire una media attuale europea del 30,6%.
Il tetto di cristallo che impedisce alle donne di salire ai vertici è stato finalmente infranto come ha detto la presidente dell’esecutivo Ue Ursula von der Leyen. Tutto questo per garantire dignità, libertà e diritti nel presente e creare le premesse per migliorare il futuro.
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