Iniziativa degli ordini professionali e della Consigliera di Parità regionale
Il mio intervento
Buon pomeriggio a tutte e tutti. Comincerei col fare un ringraziamento sentito a chi ha organizzato questo interessante appuntamento, il Comitato unitario permanente degli ordini e collegi professionali dell’Emilia-Romagna e la consigliera di parità, e a tutti i partecipanti che sono qui con noi.
Oggi abbiamo infatti il piacere e l’opportunità di confrontarci con i rappresentanti dei principali ordini professionali dei nostri territori che, lo sappiamo benissimo, da oltre un anno a questa parte sono messi a dura prova dalle difficoltà legate alla pandemia da Covid. Ripercussioni che hanno stravolto gli equilibri nelle vite di tutti noi, a livello sanitario, sociale, economico e lavorativo.
Purtroppo, dopo un periodo positivo di crescita è tornata ad aumentare la disoccupazione: in base all’ultima rilevazione Istat, effettuata a febbraio, risulta che nel giro di un anno si sono persi quasi un milione di posti di lavoro, 945mila per la precisione. La diminuzione coinvolge uomini e donne, dipendenti (-590.000) e autonomi (-355.000) e tutte le classi d’età. Nel solo mese di dicembre 2020 si è registrata una perdita di posti di lavoro pari a 101mila unità di cui la maggior parte, 99mila, sono donne. La diminuzione del numero di occupate ha interessato anche l’Emilia-Romagna, ed è proprio sull’occupazione femminile che concentrerò alcune mie riflessioni.
Il motivo per cui il crollo occupazionale è un affare soprattutto femminile non è difficile da intuire: i settori maggiormente bersagliati dalla crisi sono quelli che rientrano in filiere (moda, turismo, attività culturali, servizi alla persona) dove maggiore è la presenza di donne. E dove è anche maggiore la presenza femminile nell’imprenditoria e nel lavoro autonomo, tra cui rientrano le cosiddette “partite Iva”. Nei primi nove mesi dell’anno scorso risulta che la componente maschile del lavoro autonomo è scesa a -2,2% mentre quella femminile a -3,9%.
Alle difficoltà dovute alla crisi economica globale si aggiunge un aspetto non secondario: troppo spesso tocca soprattutto alle donne il carico familiare, altro motivo che purtroppo può spingere alle dimissioni. Le titolari di attività rimaste in piedi evidenziano infatti la necessità di investimenti in servizi per l’infanzia (asili nido e scuole materne) e per l’assistenza agli anziani, ma anche misure fruibili nell’immediato (assegno per unico per figli a carico e voucher per acquistare servizi utili alla conciliazione famiglia-lavoro) ritenute le più necessarie per compensare, almeno in parte, la riduzione del reddito derivante dalla crisi.
Apro una parentesi per sottolineare che l’Emilia-Romagna è una Regione all’avanguardia per le politiche a favore dell’occupazione femminile. In questi anni abbiamo mantenuto costante l’impegno sui servizi educativi per la prima infanzia e sul sistema di welfare consolidato per andare incontro alle esigenze di genitori e famiglie. Ricordo brevemente che nel bilancio 2021 votato a dicembre abbiamo confermato il taglio delle rette dei nidi con un investimento di 31,6 milioni di euro, confermata anche l’esenzione del ticket di 23 euro per le prime visite per le famiglie con almeno due figli. Gli studenti fino a 19 anni potranno viaggiare gratis su bus e treni regionali grazie a un investimento di 44 milioni di euro. A favore degli anziani e delle persone non autosufficienti o con disabilità è stato stanziato un fondo di 457 milioni di euro.
Già nel primo Patto per il lavoro, siglato nel 2015 (poi aggiornato nel 2020 e diventato Patto per il lavoro e per il clima) con tutte le rappresentanze istituzionali e le parti sociali si è posto al centro dell’azione regionale, tra le varie cose, la valorizzazione e il rafforzamento del ruolo delle donne nell’economia e nella società.
Ci tengo inoltre a ricordare che la Regione Emilia-Romagna fino allo scorso anno ha cercato di fare la propria parte per la categoria dei liberi professionisti, alla quale appartengono tantissime donne, mettendo a disposizione risorse (l’ultima volta 1 milione di euro) attraverso il bando per l’innovazione delle attività libero professionali al quale potevano partecipare sia i liberi professionisti iscritti a ordini o collegi professionali, sia quelli non iscritti ad alcun ordine, titolari di partita Iva, in forma singola o associata, e i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata Inps.
Il bando erogava contributi a fondo perduto per il 40% dell’investimento ammissibile, che poteva riguardare ad esempio le spese per l’acquisto di attrezzature e infrastrutture digitali: siti web, digitalizzazione e dematerializzazione dell’attività, sicurezza informatica, fatturazione elettronica, cloud computing.
Oppure anche l’acquisizione di brevetti, licenze software, consulenze specializzate per la gestione delle applicazioni Ict (tecnologie informazione e comunicazione) e studi di fattibilità per aggregazioni professionali, compresi i costi relativi ai manager di rete. Addirittura, erano ammesse spese accessorie di carattere edilizio strettamente connesse alla installazione e posa in opera dei beni strumentali.
Nell’ultimo triennio sono stati finanziati circa 700 progetti.
L’intervento era legato al vecchio settennato di finanziamenti europei (2014-2020) che è terminato lo scorso anno. Ora siamo entrati nel nuovo settennato, a causa del Covid le scadenze sono state posticipate e di conseguenza anche la programmazione dei bandi. Confido che presto si possa tornare a sostenere progetti del vostro settore come si è fatto appunto fino allo scorso anno.
Il 31 marzo scorso l’Assemblea legislativa ha approvato un progetto di legge della Giunta il cui obiettivo è arginare e far fronte alle conseguenze economiche del Covid
con nuovi ristori pari a 9,7 milioni di euro per sostenere i settori più colpiti dalla pandemia: turismo, cultura e terzo settore. Fondi che si aggiungono ai 34,9 milioni stanziati a partire dal 2020 e in attesa dei fondi del Decreto sostegni, che metterà a disposizione dell’Emilia-Romagna oltre 9,3 milioni di euro. Un totale, quindi, pari a poco meno di 54 milioni di euro che arriveranno direttamente sui conti correnti delle imprese come contributi a fondo perduto. Già a fine anno con la legge di bilancio avevamo stanziato 10 milioni di euro per le attività sospese a causa delle misure anti Covid. Tutto questo a conferma del forte e costante impegno della Regione Emilia-Romagna verso il mondo dell’imprenditoria che sta attraversando un periodo di grande sofferenza.
Non vorrei dilungarmi troppo ma visto il focus di questo convegno non possiamo dimenticare che il ruolo delle donne nella società è ancora minato dagli stereotipi. Serve quindi uno sforzo condiviso per invertire la rotta e spingere verso il necessario cambiamento culturale, a partire anche da un uso appropriato del linguaggio. La Regione Emilia-Romagna anche in questo caso cerca di fare la sua parte: a partire dal 2016, ha promosso dei bandi da un milione di euro ciascuno finalizzati alla promozione della parità, contro le discriminazioni e gli stereotipi sessisti. Oltre all’approvazione, nel 2014, della “Legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere”, sono state realizzate tre edizioni del Bilancio di genere, documenti che ci hanno permesso di monitorare i programmi e le attività messi in campo dalla nostra Amministrazione.
Altro obiettivo è promuovere una maggior partecipazione delle ragazze a percorsi tecnici, tecnologi e scientifici nei diversi livelli dell’istruzione, per rafforzare la presenza femminile nei settori innovativi dell’economia. Ciò viene ribadito anche nel Patto per il lavoro giovani, sottoscritto nel 2018: promuovere l’istruzione tecnica e professionale anche per superare il gap di genere in ambito tecnico e scientifico, incentivando l’accesso delle ragazze ai percorsi di studio e alle opportunità formative ed occupazionali in ambito STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics).
La questione di genere deve diventare asse trasversale ad ogni politica pubblica. La rimozione di qualsiasi forma di discriminazione e l’integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche costituiscono per la Regione Emilia-Romagna un importante obiettivo. Prendere in esame la variabile di genere è determinante perché donne e uomini vivono situazioni di vita differenti, hanno diversi bisogni, risorse ed opportunità, hanno diversi ruoli e modelli di partecipazione sociale.
L’Emilia-Romagna riconosce la dimensione di genere anche nell’affrontare le questioni sanitarie, delle cure, della prevenzione e dei comportamenti sociali a rischio, promuovendo i fattori che influiscono positivamente sulla salute delle donne e, quindi, collettiva, in linea con la politica dell’Ue in materia di salute. In questo periodo ne abbiamo bisogno più che mai anche in ragione del forte stress psicologico indotto dalla pandemia e dalle sue ripercussioni.
Chiudo sottolineando ancora una volta la grande attenzione e gli importanti investimenti che da anni la nostra Regione indirizza alla questione di genere. Ma è altrettanto fondamentale il lavoro di rete, svolto in collaborazione con le parti sociali, le categorie, il mondo dell’imprenditoria e dell’associazionismo, gli enti locali. Queste sinergie rappresentano un valore aggiunto imprescindibile per attuare politiche adeguate ad esigenze che oggi, più che mai, necessitano di risposte pronte e concrete.
Grazie a tutte e tutti. Buon proseguimento.
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