In Regione momento di approfondimento sulle Unioni dei Comuni

Il mio intervento:

Ringrazio i relatori e i rappresentanti delle Unioni dei Comuni che sono intervenuti oggi per fare il punto sui risultati che abbiamo raggiunto in questi anni di lavoro congiunto e soprattutto sulle sfide che abbiamo ancora davanti a noi per rafforzare ulteriormente le nostre istituzioni locali, da considerarsi un “bene comune”, per utilizzare una termologia entrata nel lessico ordinario e che a mio avviso deve può essere riferito alla pubblica amministrazione a pieno titolo, tra gli elementi che, se efficiente ed efficace nelle sue politiche,  contribuisce a costruire valore pubblico e a rendere più facile la vita di cittadini ed imprese.

Voglio in particolare salutare e ringraziare della loro presenza, i sindaci e gli amministratori locali neoeletti per sottolineare come il lavoro che abbiamo fatto insieme e che spero potremo proseguire convintamente insieme, abbia un grande valore non solo tecnico, come ci è stato ampiamente illustrato qui oggi, ma anche un grande valore politico. Valore politico che non va inteso relativamente alla visione di una “parte” in contrapposizione ad un’altra,  ma in relazione alla responsabilità che ciascun amministratore ha di organizzare e gestire al meglio la cosa pubblica perché risponda alle esigenze di famiglie e imprese, in una prospettiva non solo rivolta al presente, ma anche e soprattutto al medio e lungo periodo, nella consapevolezza che  come amministratori  non sempre si ha a disposizione il tempo per godere dei frutti del proprio lavoro. Essere amministratori oggi richiede più che mai non solo responsabilità ma anche visione e generosità.

La Regione Emilia-Romagna è da diversi anni impegnata nel promuovere e sostenere le Unioni dei Comuni come strumento per il rafforzamento delle competenze amministrative e la qualificazione dei servizi a favore di famiglie e imprese. Una scommessa sulla quale si è creduto e investito durante l’intera legislatura, cercando di dare vita a un nuovo modello istituzionale, attraverso un patto tra le istituzioni partendo dalle esigenze dei cittadini e dei territori, anche alla luce dei nuovi assetti istituzionali imposti a Province e città metropolitane, dalla cd. L. del Rio (la L. n. 56/2014).

Il seminario di oggi, si inserisce a valle di un’importante rinnovo amministrativo degli enti locali, e a ridosso della scadenza del mandato regionale, un’occasione importante, quindi, come amministratori per fare un bilancio sui risultati raggiunti e rilanciare la sfida dell’Unione, non solo quale modello di gestione nel rispetto dei principi di una “buona amministrazione”, ma anche di programmazione strategica che sappia valorizzare l’identità e l’autonomia delle singole comunità in una visione strategica di governo condivisa dell’ambito ottimale.

Con la legge regionale n. 13 del 2015 siamo intervenuti per riformare il sistema di governo regionale e locale in coerenza con le previsioni della L. n. 56/2014 (cd. L. Del Rio) al fine di definire un nuovo ruolo dei livelli istituzionali (regione, province, città metropolitana di Bologna, Comuni e Unioni) e individuare nuove sedi per la governance multilivello, rafforzando gli strumenti di concertazione e co-decisione delle strategie politiche territoriali. Un grande lavoro è stato fatto insieme per gestire e riorganizzare gli effetti della riforma del Rio (riallocazione delle funzioni, ruolo delle province e delle città metropolitane), garantire coesione sociale e istituzionale, senza strappi, e salvaguardando il patrimonio professionale e culturale dei dipendenti pubblici a cui è stato chiesto di cambiare anche radicalmente il proprio contesto lavorativo portandosi in dote il proprio know riconosciuto come valore pubblico.

L’autonomia differenziata e la stagione delle riforme che non finisce mai

In questi anni diverse sono state le riforme avviate, fermate e rilanciate, relative agli assetti istituzionali del governo locale. Da ultimo i tavoli di confronto apertisi a livello nazionale con il precedente governo che si prospettavano molto incisivi in materia di enti locali. Il tavolo presso la conferenza Stato-Città volto a rivitalizzare le Province (e a dare impulso alla Città metropolitana) e a eliminare l’obbligo di gestione associata per i comuni sotto i 5000 abitanti. Il confronto aperto anche dalla nostra regione con il governo in riferimento all’autonomia differenziata (ex art, 116 cost), che potrebbe consentire alla Regione Emilia-Romagna di avere maggiori spazi di manovra per sostenere le unioni dei comuni.

Il cambio di indirizzo politico del nuovo governo, modifica nuovamente le prospettive creando una situazione di attesa. Le dichiarazioni del nuovo ministro agli affari regionali, Francesco Boccia, critico verso le richieste di autonomia delle regioni Veneto e Lombardia, sembra invece più propenso verso il modello di autonomia della regione Emilia-Romagna che salvaguarda “il principio di coesione nazionale e di solidarietà”, oltre alla tutela dell’”unità giuridica ed economica” del Paese, onde evitare che “un legittimo processo riformatore possa contribuire ad aggravare il divario fra il Nord e il Sud”.

Pur non potendo non tenere uno sguardo attento all’evoluzione del dibattito nazionale, anche alla luce dell’insediamento del nuovo governo, riteniamo che non si possa tenere un atteggiamento attendista, ma proseguire il cammino intrapreso di riforma e di innovazione dal basso, convinti  che l’Unione costituisca lo strumento migliore su cui continuare a investire per superare le fragilità dei comuni e rafforzare la capacità di governo e quindi di risposta complessiva alle richieste del territorio, senza escludere che si possa in tal modo contribuire all’evoluzione nel merito del dibattito nazionale.

In attesa di capire se ci saranno ulteriori interventi normativi sul TUEL, il nostro impegno come Regione a fianco delle Unioni è quindi quello di proseguire l’attuazione della L.R. 21/2012, anche ricercando risorse e soluzioni idonee a incoraggiare e favorire sempre di più meccanismi perequativi e solidaristici all’interno delle unioni, nello svolgimento delle funzioni e dei servizi associati, per superare le disparità e le minori opportunità di crescita di parti del territorio regionale.

I risultati raggiunti

Come regione, ci si presenta con un nuovo sistema di governo locale, più coeso e interconnesso, in un quadro istituzionale semplificato, che ha investito per ottimizzare i servizi e aumentare la competitività dei territori attraverso un patto tra le Istituzioni a prescindere dalle appartenenze politiche. Le Unioni dei comuni non sostituiscono la politica dei comuni sono uno strumento al servizio delle scelte politiche dei comuni.

I risultati raggiunti, 43 unioni costituite (con 270 comuni coinvolti su 328 presenti in Emilia-Romagna) di cui 39 attive, infatti, ci spronano ad andare avanti secondo l’ambizioso disegno della L.R. 21/2012, che non è superato, ma rimane pienamente valido nei suoi capisaldi:

1) ambiti territoriali ottimali adeguati condivisi con i comuni (comprendenti sia comuni piccoli obbligati alle gestioni sia comuni più grandi non obbligati);

2) unioni come unici soggetti associativi di gestione e di governo sovracomunale e di prossimità incentivati dalla RER;

3) volontarietà dell’adesione dei singoli comuni, a prescindere dalla loro dimensione;

4) incentivazioni alle unioni per le gestioni associate al fine del mantenimento e miglioramento dei servizi, anche nei territori periferici e con meno risorse.

La regione E-R ha preso seriamente la responsabilità, che gli deriva sia dalla Costituzione che dalle varie leggi di riforma che si sono susseguite dal 2010, di accompagnare i processi di riordino istituzionale, attraverso interventi legislativi, supporto amministrativo “per” e “con” la partecipazione ed il coinvolgimento di comuni e Unioni, sostegno economico.

I due piani triennali per il riordino territoriale (2015-2017 e 2018-2020), sono lo strumento organico/strategico che la regione, in attuazione della legislazione regionale in materia di Unioni di Comuni (L.R. 21/2012), ha utilizzato per sostenere e rafforzare le singole unioni e tutto il sistema delle autonomie, ritenendo l’associazionismo istituzionale emiliano romagnolo, lo strumento idoneo per affrontare i cambiamenti a cui la società e le istituzioni sono da tempo sottoposte.

In particolare, con il nuovo PRT 2018-2020 si è voluto superare il concetto delle premialità e degli incentivi uguali per tutti, e a seguito di un percorso partecipato con gli interlocutori istituzionali e un lavoro di analisi e approfondimento condiviso con i rappresentanti delle Unioni dei Comuni, di ANCI ed UNCEM si è individuata una diversa modalità di sostegno fondata sulla differenziazione volto a premiare le gestioni associate più efficaci e virtuose, ma nello stesso tempo far crescere e rafforzare il sistema delle Unioni tenendo conto della disomogeneità sociale, economica e territoriale.

A tal fine il PRT 2018-2020 ha previsto per le cd. Unioni Avviate, la sottoscrizione di un Accordo triennale, con cui confermare e rinnovare la volontà politica dei Comuni di proseguire insieme, consolidando l’effettività della gestione e ampliare la gamma delle funzioni da gestire in forma associata, attraverso un percorso triennale guidato e risorse regionali aggiuntive specificatamente dedicate per l’acquisizione di una figura professionale di alta specializzazione finalizzata alla redazione e attuazione di un piano di sviluppo unionale.   L’Accordo è stato sottoscritto nel 2018, da 9 delle 10 Unioni Avviate, riconosciute in regione e da 60 su 67 dei comuni interessati. Siamo consapevoli dell’impegno che questo patto ha richiesto e sta richiedendo ad amministratori e tecnici dei Comuni e delle Unioni per allinearsi ad uno standard organizzativo e gestionale programmato, ma siamo sempre più convinti che esso costituisca un investimento per il mantenimento dell’offerta dei servizi ai nostri cittadini, oltreché per la competitività dei nostri territori. Sappiamo bene tutti come l’efficienza della PA sia uno degli elementi tenuti in considerazione per misurare la qualità, attrattività e competitività di un territorio.

Si sottolinea inoltre che nel 2018, le Unioni considerate “mature” secondo i parametri regionali, avendo conferito integralmente oltre le 9 funzioni e raggiunto un alto livello di effettività sono passate da 6 a 7 (2 unioni del ravennate, 2 unioni del modenese, 1 del reggiano, 1 nel piacentino e 1 bolognese). Si tratta di unioni che hanno una differente storia ed un differente grado di integrazione e nella maggior parte dei casi sono state precedute da esperienze di associazionismo intercomunale, e 3 di queste sono unioni montane.

Dal 2015 al 2019 sono stati erogati alle Unioni di Comuni, complessivamente, circa 85 milioni di euro tra contributi regionali e statali regionalizzati.

Le sfide: tra rischi, criticità ed opportunità. La governance e la strategia!

È indubbio che una delle sfide che abbiamo di fronte è quella di coniugare l’integralità dei conferimenti e l’unificazione dei servizi (per evitare la frammentazione e la sovrapposizione, e promuovere l’efficienza e l’economicità della gestione), con la salvaguardia dei principi che stanno alla base dell’elezione diretta dei sindaci e dei consigli comunali, ossia quelli della rappresentanza/responsabilità diretta, della sussidiarietà e dell’autonomia.

Il trasferimento integrale della gestione all’unione, senza un coinvolgimento forte di tutti gli eletti, all’inizio e nel corso di ogni mandato amministrativo, rischia di alimentare la percezione di perdita di potere negli eletti, sia in termini di indirizzo che di controllo dell’azione amministrativa, con l’insorgere del senso di impotenza in chi, eletto direttamente dai cittadini, è chiamato quotidianamente a rendere conto del proprio operato.

Di fronte alle esperienze più avanzate di gestione associata integrale, si evidenziano in modo più pressante le esigenze di garantire le scelte gestionali con quelle della rappresentanza e della responsabilità politica. Le specificità territoriali e politiche possono a nostro avviso trovare una risposta adeguata, in particolar modo, in un modello di governance che si pone l’obiettivo di mettere in trasparenza il modo in cui intende perseguire l’interesse comune di perseguire il benessere sociale, economico, ambientale del proprio territorio e dei propri cittadini come insieme e come specificità, attraverso un patto strategico che ponga attenzione anche all’equità intergenerazionale delle scelte.  Proprio per questo, come regione abbiamo deciso di promuovere ed investire nei Bandi e negli strumenti che sono stati presentati oggi, funzionali a dare una mano alla elaborazione di una Strategia di sviluppo per il territorio dell’Unione.

Per la tenuta del sistema è fondamentale condividere un modello di confronto e di codecisione degli obiettivi strategici, di indirizzo e di controllo della gestione che consentano di gestire nel corso del tempo in modo flessibile le specificità politiche e territoriali, senza che ciò possa far mettere in discussione il sistema complessivo.

È così, importante, definire sedi stabili (formali e informali) di confronto e strumenti di programmazione strategica per lo sviluppo dell’unione, di valutazione e misurazione dei risultati attesi e conseguiti anche a livello istituzionale oltre che organizzativo al fine di poter evidenziare e valorizzare gli obiettivi di medio lungo termine, da negoziare in fase iniziale con cittadini, imprese e stakeholders e rendicontare, come comuni e come sistema, alla fine di ogni mandato amministrativo, i risultati conseguiti rispetto a quelli attesi.

Queste sono le motivazioni politiche che stanno alla base degli strumenti illustrati oggi: gli atlanti conoscitivi che offrono un quadro conoscitivo di base degli ATO regionali, e i bandi finalizzati alla costruzione di una strategia locale che declina gli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile (SDG o semplicemente Goals) dell’Agenda 2030 attraverso percorsi partecipati.

Il Bando della partecipazione 2019, come vi è già stato illustrato , nel premiare tra gli obiettivi dell’Agenda 2030  i progetti riconducibili alle aree tematiche:

  • crescita sostenibile, economia circolare; 
  • resilienza del territorio, qualità dell’ambiente; 
  • salute, benessere.

Prevede una Premialità speciale per le Unioni di Comuni che intendono avviare percorsi partecipativi finalizzati all’elaborazione di una strategia di sviluppo sostenibile dell’Unione, in quanto è evidente che se da un lato è imprescindibile avviare un percorso condiviso per costruire scelte strategiche comune tra amministratori dell’ambito ottimale o di Unione, questo acquista una maggiore rilevanza e possibilità di realizzazione se costruito anche insieme ai cittadini e alle realtà economiche ed associative che di quella strategia sono i destinatari ma anche i protagonisti.

Il nostro auspicio è quindi quello che Le Unioni dei comuni possano trovare utili gli strumenti che come regione abbiamo voluto mettere a disposizione in questo scorcio di mandato, con i bandi che sono stati illustrati oggi, e cogliere la sfida di continuare a crescere insieme non solo dal punto di vista gestionale, ma anche programmatico cimentandosi nell’elaborazione di una Strategia di sviluppo sostenibile dell’Unione, anche in attuazione dell’Agenda 2030 e dei Regional Goals, attraverso processi di partecipazione, discussione e ascolto, e l’elaborazione di.

Consapevoli che solo costruendo e condividendo una visione comune di futuro si potranno contrastare le sfide dei prossimi anni, da parte nostra porteremo a termine con l’annualità 2020 del PRT, gli obiettivi che ci siamo prefissati di sostenere le Unioni nel valorizzare le peculiarità, superare le difficoltà e rafforzare le capacità progettuali dei territori della regione per allineare le Unioni cd avviate a quelle in sviluppo per numero di funzioni gestite in forma associata, livello di effettività raggiunto capacità di governo condiviso.

 

 
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