In Regione il ricordo di Guido Fanti, a dieci anni dalla sua scomparsa
Il mio intervento
Innanzitutto porgo i saluti miei e dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna a tutti gli intervenuti.
Ringrazio gli ospiti che ci onorano della loro presenza e che interverranno dopo di me:
- il sindaco di Bologna Matteo Lepore
- il Professor Romano Prodi
- il senatore Vasco Errani
- l’Europarlamentare On. Elisabetta Gualmini
- l’assessore regionale Vincenzo Colla, che ci illustrerà il progetto relativo alla Borsa di studio dedicata a Guido Fanti
- il Presidente Stefano Bonaccini
- e, con grande piacere, Lanfranco Fanti.
Il 7 giugno 2020 abbiamo ricordato, insieme al Presidente Bonaccini, il compimento del 50° anno dell’istituzione Regione. Con le elezioni del 7 e 8 giugno 1970 nacquero infatti le regioni a statuto ordinario.
Parliamo di mezzo secolo di storia non facile per il nostro Paese, attraversato dalla lotta contro il terrorismo stragista, contro le mafie, caratterizzati dalla necessità di una crescita inclusiva accompagnata da un processo di modernizzazione della pubblica amministrazione e semplificazione delle procedure. Un contesto nel quale le autonomie territoriali sono state chiamate a fare la loro parte.
Nel corso di questi anni le regioni hanno puntato a essere un punto di riferimento serio e concreto per le istituzioni locali, per l’economia, per il mondo produttivo. E per i cittadini, per il ruolo decisivo che hanno, ad esempio, nel sistema di governo della sanità.
È una lunga storia che in Emilia-Romagna, grazie alla collaborazione fra le forze politiche e le parti sociali, ha permesso di trasformare quella che era una delle zone più fragili dell’Italia unitaria in una delle regioni più ricche d’Europa. È una storia di donne e di uomini che hanno fatto della politica la passione della propria vita, perché sapevano che attraverso la lotta politica e la cultura amministrativa si poteva favorire il benessere di tutta la comunità.
E in questa storia di donne e di uomini spicca la figura di Guido Fanti, primo presidente della Regione Emilia-Romagna, già in precedenza sindaco di Bologna e successivamente deputato, senatore e membro del parlamento europeo.
Quando si parla dei nostri valori e anche orgogliosamente dei nostri primati, il pensiero va a persone come lui, che oggi ricordiamo a dieci anni dalla sua scomparsa e a cui è intitolato il luogo dove ci troviamo.
Tempo fa ascoltai una sua intervista video relativa proprio a quando iniziò il suo impegno in regione. Mi colpì la chiarezza del suo racconto, e la sottolineatura del fatto che la missione che si sentiva di dover compiere era quella di costruire da zero sì un ente nuovo, ma un ente che fosse utile, in primis alle Province e ai Comuni, nel rapporto con il governo centrale.
Sono concetti che oggi forse diamo per scontati, ma che oltre 50 anni fa non lo erano affatto.
Io penso che se oggi abbiamo ereditato una Regione sana e funzionale lo dobbiamo a chi, come lui, ha lavorato per dotare questa casa di fondamenta solide e robuste.
Guido Fanti, primo Presidente della Regione Emilia-Romagna dal 23 luglio 1970, era un riformista, nel senso vero del termine, e cioè un politico e un amministratore che non si accontentava di gestire il presente, ma che guardava sempre al futuro con la forza delle idee innovative, volte a costruire esperienze di sviluppo nuove e moderne, anche nel governo dell’ente regione. A lui si deve la visione innovativa e lungimirante di “regione d’Europa” per avere più forza nel rapporto con il governo centrale e nella prospettiva del processo di unificazione politica dei Paesi d’Europa.
E quell’insegnamento ha rappresentato un solco di lavoro anche per chi gli è succeduto.
Dicevo del lavoro di collegamento tra enti, che Fanti richiamava come missione principale dall’insediamento delle Regioni.
Un lavoro che torna protagonista, per richiamare anche il titolo dell’iniziativa di oggi, con la gestione dei fondi del Next Generation UE, e quindi del rapporto tra Europa e territori.
Probabilmente mai come in questa fase storica, purtroppo a causa di un evento nefasto, la pandemia, si è notato in maniera evidente un cambio di passo rispetto al ruolo dell’Europa.
Non perché prima l’Europa rappresentasse il male e oggi il bene.
Ma perché nella percezione della gente si identificavano le istituzioni europee come quelle che si occupavano solo di politiche monetarie e finanziarie. La parola Europa troppo spesso è stata associata alla parola rigore.
Poi con l’arrivo della pandemia, dall’Europa sono arrivati segnali forti e chiari di una politica volta ad aiutare gli stati in difficoltà (l’Italia tra questi), politica che ha portato la Commissione Europea, supportata ovviamene dal Parlamento, a mettere in campo il più ingente pacchetto di investimenti stanziati da quando esistono le istituzioni europee.
E parliamo ovviamente del Next Generation UE, che in Italia si traduce concretamente in investimenti e azioni concrete con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Oltre 700 miliardi di cui quasi 200 al nostro paese.
Come evidente nel nome, il Next Generation EU contiene non solo una ripartizione di risorse, ma una vera e propria immagine di futuro per la prossima generazione europea, disegnata intorno ai concetti di transizione a una economia circolare e sostenibile, compimento della rivoluzione digitale, superamento delle iniquità territoriali, sociali e di genere.
Grazie anche a questo supporto stiamo cercando di uscire da una delle fasi più difficili della storia repubblicana, causata da una pandemia senza precedenti che tuttora ci costringe a misure di protezione e prevenzione, ma che ora chiama il Paese a una ricostruzione che richiede il massimo dell’unità e della condivisione, basata su sostenibilità, sanità pubblica, universalistica e territoriale, innovazione e digitale, crescita e lavoro.
I territori dovranno essere ancor più protagonisti.
Passando anche da una riflessione sul ruolo che hanno avuto le Regioni in questi cinquant’anni di storia del nostro Paese; anni dove abbiamo fatto tanta strada, grazie anche a coloro che ci hanno preceduto, chiamati dai cittadini a guidare questo ente, con un solco importante tracciato per primo proprio da Guido Fanti.
Credo di poter dire con franchezza che la Regione Emilia-Romagna, l’istituzione Regione, ha saputo onorare il ruolo che la Costituzione le ha affidato: essere un soggetto responsabile, capace di stare al fianco dei propri cittadini, delle proprie imprese, di chi rappresenta il lavoro e il volontariato. Per disegnare, insieme, il nostro futuro.
E se lo ha fatto per tutto questo tempo, il merito va a politici e amministratori lungimiranti, innovatori, seri e illuminati come lo era appunto Guido Fanti.
Grazie
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