Il mio saluto al seminario “Le autonomie durante e dopo l’austerity”
Seminario “Le autonomie durante e dopo l’austerity”, 25 maggio 2020.
Saluto della Presidente dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia – Romagna Emma Petitti.
Buongiorno a tutti,
innanzitutto, mi preme ringraziare gli organizzatori di questo importante Seminario, la Prof.ssa Sabrina Ragone dell’Università di Bologna e coordinatrice del Modulo Jean Monnet CRISES nonché Stefania Fenati e i collaboratori del Centro Europe Direct dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia–Romagna, per aver realizzato questa importante iniziativa di condivisione riguardante un tema, quello dell’autonomia regionale in tempo di crisi e delle ricadute sulle autonomie locali, che ci consente di svolgere importanti riflessioni su profili di ordine politico, istituzionale, sociale e giuridico che intercettano anche l’assetto ordinamentale della Repubblica nel suo complesso.
Vorrei, inoltre, ringraziare sentitamente i Relatori, i cui interventi di approfondimento sapranno fornirci spunti di riflessione e prospettive su un tema così “attuale”, suscettivo di un sempre rinnovato interesse quando il rapporto tra “centro” e “periferia” viene a declinarsi in un contesto di crisi, economica, sociale e – più di recente – sanitaria.
“Le autonomie durante e dopo l’austerity”, questo il titolo, in sé già denso di contenuti, dell’iniziativa seminariale che ho l’onore di aprire. Un titolo da cui si desume come gli stati di crisi siano in grado di condizionare lo stesso modo di essere delle autonomie territoriali e creare a volte anche tensioni, nei rapporti tra i diversi soggetti istituzionali che costituiscono lo Stato autonomistico.
La crisi, o meglio, le crisi hanno inciso profondamente sullo stato dell’autonomia regionale, dato che – storicamente – in tali situazioni emergenziali le istanze di ri-centralizzazione si affermano con maggior forza.
Vorrei fare due esempi a riguardo.
Il primo riguarda la crisi economica: negli ultimi anni, l’“attrazione verso il centro” ha riguardato principalmente la contabilità pubblica, ossia il “coordinamento della finanza pubblica” e la cosiddetta “armonizzazione dei bilanci pubblici”, partendo dal presupposto che la gestione da parte del “centro” avrebbe ovviato alle problematiche di carattere economico – finanziario ingenerate a livello di governo periferico.
L’altro esempio riguarda l’attuale fase di crisi sanitaria, in cui le istanze di ri-accentramento hanno intercettato materie e competenze di particolare rilevanza come appunto quelle della sanità e della protezione civile: noto è il dibattitto che si è sviluppato rispetto al modello di sanità più adeguato per la gestione della crisi pandemica da Covid–19, un dibattitto che ha riguardato anche quale fosse il livello istituzionale più adeguato all’esercizio delle competenze legislative e amministrative in tale complicatissima fase.
È in questi contesti di crisi, sia che sia economica o che sia sanitaria, che il rapporto tra Stato, Regioni e Autonomie deve cercare punti di equilibrio improntati alla leale collaborazione istituzionale, al riconoscimento degli spazi legittimi di autonomia, alla sussidiarietà, all’adeguatezza, alla differenziazione, ossia, per dirla in parole semplici, quello che deve ispirare la strategia di Governo nelle fasi di crisi, deve trovare la propria forza nella piena attuazione dei principi più alti della nostra Carta costituzionale che devono segnare il solco entro cui garantire un corretto svolgimento dell’azione di tutti i livelli di governo comprese le Istituzioni territoriali.
In altri termini, appare necessario, ora più che mai, valorizzare tutti i meccanismi di cooperazione tra livelli diversi, in maniera da garantire al contempo concertazione e rapidità nelle decisioni, anche in presenza di un assetto di “governo multilivello” come quello italiano.
Proprio nei contesti emergenziali, infatti, è noto che i provvedimenti normativi adottati finiscono per interessare diverse materie, dalla sanità all’economia, dal sociale al turismo, dai settori produttivi a quello farmaceutico. Occorre, quindi, che tutte le azioni, siano esse di natura legislativa, regolamentare che amministrative, assunte dai diversi livelli di governo, siano tra loro coordinate per essere efficienti, efficaci e soprattutto “chiare”.
Le situazioni di crisi, quella economica prima e quella sanitaria poi, e la conseguente necessità di elaborare e attuare politiche e azioni di ripresa e rigenerazione economico – sociale, rappresentano sicuramente il contesto di riferimento per una nuova stagione di rilancio del c.d. regionalismo differenziato, in grado di dare piena attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, cui la stessa Regione Emilia-Romagna, con il suo progetto ha dato un decisivo contributo.
Come ho recentemente ricordato in un mio intervento in seno alla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome, il regionalismo si trova, soprattutto oggi, di fronte a una nuova sfida. Esso è, infatti, chiamato ad innestarsi in un contesto sociale, economico – produttivo e di sanità pubblica (e individuale) profondamente mutato, che esige svariate risposte da parte delle Istituzioni – anche regionali – sulle future “strategie di ripresa”, volte a risolvere tutte le inedite problematiche che ci troviamo davanti e ad apportare vantaggi concreti al mondo delle imprese, della sanità, dell’istruzione e al sistema economico, e più in generale alla vita dei cittadini tutti.
Tali prospettive sono da sviluppare nel rispetto della Costituzione e dell’unità nazionale senza abdicare, ed anzi valorizzando al massimo il principio della “leale cooperazione istituzionale”.
E’ in tal senso che le istanze regionalistiche di “forme e condizioni particolari di autonomia” vanno considerate, nella convinzione che la piena attuazione dello Stato delle autonomie sarebbe, anche a prescindere dall’emergenza, non motivo di divario e separazione territoriale, bensì volano di sviluppo delle autonomie e della responsabilità dei singoli territori, pur nel rispetto dell’unità giuridica ed economica dell’ordinamento, come richiesto, peraltro dalla piena attuazione degli articoli 119 e 120 della Costituzione.
Del resto, è lo stesso articolo 5 della Costituzione a stabilire che “La Repubblica, una e invisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”, un’espressione che sintetizza mirabilmente il concetto di Stato autonomistico, che passa anche dalla piena attuazione del regionalismo differenziato e dalle prospettive di nuove politiche territoriali, a Costituzione invariata.
Non a caso, la proposta di regionalismo differenziato dell’Emilia-Romagna, sin dall’inizio si sia caratterizzata per essere un percorso partecipato e garantito da ampie fasi di concertazione e concorso da parte di tutti i soggetti che sono portatori di interessi nel nostro territorio.
L’evolversi procedurale del percorso da noi avviato nella scorsa legislatura – ed il parallelo sviluppo di iniziative di analogo tenore assunte dal Veneto, dalla Lombardia, e da numerose altre regioni del nord del centro e del sud ci consentono di intravedere uno scenario ordinamentale del tutto inedito per la nostra Nazione.
Rinnovare profondamente le capacità regolatorie delle regioni superando la formale omogeneità significa garantire uno sviluppo al nostro Paese che è, ancora oggi, limitato nelle sue potenzialità di sviluppo.
Il motivo di questa limitazione è da ricercarsi, ancora oggi, in tutte quelle istanze che non riescono a far emergere fino in fondo, e spesso in maniera preconcetta, le peculiarità, le specificità, le vocazioni dei singoli territori, per garantire, come dicevo prima una prospettiva di piena valorizzazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza capace di proiettare Regioni ed enti di governo territoriale in una dimensione più funzionale alla costruzione e all’implementazione di politiche comunitarie e strategie di area.
Non vorrei dilungarmi troppo sul percorso che ha svolto la Regione Emilia-Romagna per ottenere maggiori spazi di autonomia. Tutti i partecipanti al convegno di oggi sono stati, per loro parte, coinvolti nell’ampio dibattito che è nato all’indomani dell’avvio di questo percorso.
Voglio solo ricordare, per riallacciarmi a quanto dicevo prima, il grande sforzo compiuto dalla Giunta, di concertazione interistituzionale fatto dapprima proponendo all’Assemblea Legislativa regionale una proposta, che con il contributo della stessa Assemblea, degli Enti locali, delle Associazioni di categoria delle imprese, i sindacati, le università e il mondo del terzo settore è stata arricchita strada facendo, proprio grazie a dei percorsi di condivisione e di leale collaborazione che da sempre sono la cifra della nostra comunità regionale.
Non è un caso, che le risoluzioni assembleari e gli incontri con tutti i soggetti coinvolti ci hanno consegnato un “mandato pieno” e politicamente “forte” in vista del tortuoso percorso che è stato fatto con i Governi Gentiloni, Conte 1 e Conte bis.
Grande parte delle idee contenute nella nostra proposta finale sono, infatti, il frutto della grande opera di concertazione svolta a livello territoriale.
Nessuna proposta è stata fatta senza guardare attentamente quale era l’orizzonte di approdo. Non è un caso se tutte le istanze di miglioramento e di sviluppo della proposta stessa, siano giunte ad una sintesi che ci ha consentito di affrontare, con grande forza e tenacia, le varie fasi del “negoziato” con i Governi che man mano si sono succeduti, anche con “colori politici” decisamente diversi!
È noto comunque che, allo stato attuale, proprio l’arrivo della Pandemia mondiale abbia evidenziato sempre di più la difficoltà di assumere decisioni complesse, in un tempo oggettivamente limitato, in un ordinamento che è caratterizzato da diverse sovrapposizioni di competenze tra i vari livelli di governo.
Declinare in maniera più chiara e netta il confine tra le diverse competenze, avrebbe potuto, sin dall’inizio della crisi, garantire minore litigiosità tra Stato, Regioni ed Enti Locali, ma soprattutto avrebbe garantito maggiore certezza e rapidità nell’individuazione delle risposte da dare alle imprese ed ai cittadini, oltre che avrebbe garantito l’emersione il superamento rapido delle difficoltà nell’esecuzione di azioni di risposta all’emergenza.
Il dibattito politico e giuridico che inevitabilmente si riaprirà, non appena la crisi sanitaria rallenterà i suoi effetti, dovrà appunto essere improntato alla realizzazione di sistemi snelli, che siano in gradi di valorizzare in maniera efficace le peculiarità territoriali e non reprimerle. Superare le contrapposizioni tra territori e tra stato centrale e periferico sarà la nuova sfida!
Governare una situazione tanto complessa è difficile ed oneroso per qualsiasi forma di governo, ne abbiamo avuto la piena dimostrazione guardando ai dati che arrivano anche da Nazioni che solitamente vengono additate per essere molto più efficienti della nostra.
Vorrei sintetizzare queste tematiche con una battuta: non ci può essere regionalismo efficiente senza concertazione e senza leale collaborazione.
Ci impegneremo tutti al massimo per garantire che quella che viene definita da alcuni “circolarità armonica dell’amministrazione” sia la cifra a cui ispirare la nostra azione superando preconcetti e barriere ideologiche che ci hanno fino a qui impedito di esprimere al massimo le capacità della nostra Nazione.
Mi sia consentito concludere ricordando come un tema come quello che oggi verrà approfondito assuma una valenza anche storico – giuridica, in considerazione della ricorrenza del 50° anniversario dell’insediamento dei Consigli regionali delle Regioni a statuto ordinario.
Questi sono solamente alcuni spunti di riflessione che mi auguro possano stimolare gli interventi dei Relatori, le cui diversificate professionalità consentiranno una proficua condivisione su tematiche così attuali.
Augurando a tutti buon lavoro, ringrazio nuovamente coloro che hanno organizzato questa occasione di confronto.
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