Ho portato il mio saluto al congresso provinciale della Cgil di Rimini
Il mio intervento
È un piacere per me poter fare un saluto al XIX Congresso della CGIL di Rimini. Tutelare le lavoratrici ed i lavoratori e battersi affinché i diritti vengano garantiti rappresenta in questo momento storico quanto mai necessario per affermare un importante diritto costituzionale: il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto (art 4 Costituzione). Un monitoraggio necessario per prendere di nuovo piena coscienza di battaglie non solo a noi care, ma necessarie, che comprendono lavoro, pensioni, povertà, imprese e sviluppo energia e ambiente. Il Governo Meloni ha predisposto una manovra inadeguata e iniqua che accrescerà ulteriormente la crisi economica e sociale. Cosa non va della manovra:
- Taglio del cuneo fiscale insufficiente a difendere il potere d’acquisto dei salari e degli stipendi.
- Taglio indiscriminato del reddito di cittadinanza (lo perderanno 660mila persone).
- Allargamento divario tassazione tra lavoratori dipendenti e autonomi
- Aumenti esigui delle pensioni minime, ben lontani dalle promesse elettorali.
Proposte alternative:
- Salario minimo, equo compenso.
- Taglio strutturale del cuneo fiscale.
- Potenziamento della 14ª pensionistica.
- Misure contro precarietà.
- Potenziamento assegno unico.
- Riforma reddito di cittadinanza e introduzione reddito alimentare.
- Eliminazione dei contratti pirata.
È una manovra discriminatoria perché non aggiornando la spesa all’andamento dell’inflazione finisce per ridurla su interventi e settori fondamentali, lascia più indietro le persone con maggior difficoltà perché non interviene minimamente sul lavoro povero. Bisogna portare all’attenzione il tema della precarietà del lavoro, ancora troppi giovani, e meno giovani, vivono con una precarietà contrattuale tale da non potersi permettere di intravedere un futuro. La stabilità per le nuove generazioni non può essere considerata così inarrivabile, è la stessa società che perde di credibilità, oltre a perdere i migliori talenti che spesso decidono di andare all’estero per poter fare carriera. È una battaglia che va ripresa e portata avanti, visto che veniamo da anni dove l’ascensore sociale è fermo e l’aumento dei salari è tra i più bassi d’Europa, se non addirittura con un segno meno, da trent’anni a questa parte.
Inoltre, senza un reale dialogo con i sindacati il Governo cerca di fare cassa sulle pensioni del ceto medio con tagli dell’indicizzazione, colpendo i lavoratori in un momento in cui benzina e gasolio sono fuori controllo e l’aumento dell’inflazione non risparmia nessuno, con un crollo del potere d’acquisto di stipendi e pensioni. E questo è davvero preoccupante.
Opzione donna è stata prorogata, ma è stata ridotta la platea di accesso inserendo una riduzione di un anno per figlio e il limite massimo di due anni per delle specifiche categorie: caregiver, invalide almeno al 74% licenziate o dipendenti da aziende con tavoli di crisi. Vincoli legati ai figli e dunque non valida per tutte le donne. Il tema sulle condizioni delle donne e la loro evoluzione nel campo del lavoro, resta tra i più difficili e complessi da dibattere, tenendo conto che la reale parità non è stata ancora compiuta e sono ancora tanti i passi in avanti da fare. L’obiettivo principale è promuovere l’opportunità per le donne di ottenere un lavoro dignitoso in condizioni di libertà, equità e sicurezza.
Le donne hanno ancora un carico di lavoro familiare troppo importante e spesso si vedono costrette a rassegnare le proprie dimissioni pagando in termini di carriera o di salario. Se guardiamo ad esempio al numero complessivo delle risoluzioni consensuali nel 2021 in Emilia-Romagna vediamo che hanno riguardato in prevalenza lavoratrici madri, 3372 provvedimenti, un numero che è di tanto superiore ai lavoratori padri, 1774 provvedimenti.
L’idea che la cura della prole, così come dei genitori anziani, sia principalmente in capo alle donne è un retaggio culturale ancora particolarmente radicato nel nostro contesto socio-culturale.
L’auspicio che ci possa essere una sostanziale inversione di rotta ha bisogno di interventi forti: dal cambiamento di mentalità interno alle famiglie, al miglioramento di tutta quella rete di servizi per l’infanzia, per la disabilità e per gli anziani, attraverso la quale le donne possano davvero accedere alle pari opportunità.
Il cambio di prospettiva si dovrebbe manifestare sotto ogni punto di vista, partendo dall’eliminazione del gender pay gap che rappresenta una delle principali forme di discriminazione e di mancata valorizzazione del lavoro femminile. Perché se lo stipendio della donna è inferiore a quello dell’uomo, come del resto il ruolo, il lavoro ‘sacrificabile’ sarà sempre quello della madre rispetto a quello del padre, con la conseguente futura difficoltà di reintegro nel mondo del lavoro e una pensione che sarà coperta solo parzialmente.
La strada da fare è ancora tanta e le Istituzioni hanno il dovere di promuovere i cambiamenti strutturali necessari a conseguire una reale uguaglianza di genere ed emancipazione femminile, evitando qualsiasi forma di marginalizzazione della donna a supporto di una crescita condivisa e un lavoro dignitoso.
L’Assemblea legislativa è da sempre in prima linea nella tutela e salvaguardia del lavoro che rappresenta per l’Emilia-Romagna una grande forza propulsiva e di rinnovamento. La Regione ha sempre investito sul lavoro attraverso il finanziamento di diversi progetti, aumentando così l’opportunità di un’occupazione stabile e sostenendo forme di autoimprenditorialità.
In questo determinato contesto la collaborazione con la rete dei servizi sociali, che favoriscano la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, rappresenta il motore essenziale per la partecipazione attiva delle donne nel mercato del lavoro.
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