“Bologna-Firenze, andata e ritorno”, facciamo il punto sulle Città metropolitane
“Bologna – Firenze, andata e ritorno”. Oggi a Loiano, cuore dell’Appennino Tosco-Emiliano, con Dario Nardella, Fausto Tinti, Vittorio Bugli e tanti amministratori per fare il punto sulle Città metropolitane di Bologna e Firenze, una giornata di discussione e progettazione sugli obiettivi del protocollo firmato a novembre dai sindaci Merola e Nardella.
Innanzitutto, occorre fare una riflessione introduttiva sul tema degli enti intermedi, perché è in questo contesto che ci troviamo ad operare.
Ci sono virtuosismi che possiamo mettere in campo, ma ci sono stati anche problemi che abbiamo dovuto risolvere in seguito alla riforma degli enti intermedi avviata dalla Legge Delrio, rispetto ai quali siamo intervenuti, in Emilia-Romagna, con l’approvazione della Legge Regionale 13.
Ad esempio, abbiamo dovuto gestire la mobilità di oltre 1.600 persone, che oggi lavorano in regione grazie agli accordi che abbiamo fatto con tutti i Presidenti delle Province e con i Sindacati. Abbiamo provato a dare risposte senza pregiudicare l’operatività amministrativa delle strutture coinvolte, tutelando al tempo stesso l’occupazione dei lavoratori degli enti provinciali coinvolti dal processo di riforma, dovendo gestire anche diversi problemi alla funzionalità del sistema, che in regioni avanzate come la nostra, non è stato facile superare.
La risposta che abbiamo inteso dare non ha previsto percorsi imposti dall’alto, ma passaggi di condivisione dal basso che sono stati attuati anche grazie alla preziosa collaborazione delle rappresentanze sindacali.
Venendo più da vicino al tema di oggi, come ben sapete, sin dall’approvazione della Legge 13 abbiamo lavorato, da subito, alla costituzione della Città Metropolitana; che ad oggi, come risulta da molti recenti studi, è una delle poche città metropolitane che opera realmente seguendo la sua mission di “motore dello sviluppo regionale”.
L’obiettivo è quello di rafforzare ulteriormente la sinergia tra tutti i territori provinciali della regione assegnando alla Città Metropolitana di Bologna, con lo strumento dell’Intesa generale Quadro, il ruolo di hub regionale, per usare un termine adoperato in materia aeroportuale.
Di recente La Città Metropolitana ha approvato una Convenzione con le province di Modena e Ferrara, per la realizzazione di politiche in area vasta.
Non bisogna nemmeno dimenticare le altre convenzioni di Area vasta, come quelle approvate dalle Province della Romagna, da Parma e Piacenza (aperta all’adesione di Reggio Emilia), partecipando attivamente all’elaborazione del nuovo Piano strategico metropolitano 2.0.
Le intese di area vasta sono il frutto di un lavoro tenace dei nostri amministratori capaci, in qualche modo, di raccogliere la sfida lanciata dalla Regione sul tema delle riforme.
L’obiettivo che ci siamo assegnati è quello di stimolare al massimo la capacità dei territori di essere “area vasta” per programmare e svolgere servizi aldilà dei confini amministrativi.
Le sinergie tra sistemi economici, produttivi, sociali e culturali permetteranno, nei prossimi anni, di cogliere sfide sempre più difficili su cui la Regione sta investendo.
Il fatto che le Amministrazioni, insieme alle rappresentanze sociali e imprenditoriali, si siano impegnate a condividere visioni unitarie di sviluppo, ritengo sia una cosa fondamentale. Solo condividendo diverse modalità di promozione degli investimenti e definendo politiche educative connesse con quelle di sostegno al lavoro, riusciremo a compiere il percorso di sviluppo perseguito dalla Regione in questa legislatura.
Altro elemento che la legge 13 ha affrontato, ma che svilupperemo meglio nel prossimo PTR, è quello relativo all’incentivazione e allo stimolo delle Unioni di Comuni, da tanti anni riconosciute come soggetti in grado di far crescere e sviluppare, a livello locale, le politiche di carattere sociale, assistenziale e di sviluppo; elevare la contrattazione a livello di Unione e di Distretto, stimolare lo sviluppo di nuovi percorsi di Fusione di Comuni sono solo alcuni degli obiettivi del nuovo PTR.
Anche in questo caso abbiamo deciso di svolgere un percorso partecipato costruito partendo dalla creazione di gruppi di lavoro settoriali che hanno analizzato, per singolo ambito funzionale, pregi e difetti dello stare “insieme” in Unione.
Come saprete, siamo anche arrivati ad una tappa importante del percorso che come Regione stiamo facendo sul tema del regionalismo differenziato, ai sensi dell’art. 116 comma terzo della Costituzione, quella che comunemente viene definita ‘autonomia regionale’.
Lo scorso 28 febbraio A Roma, a Palazzo Chigi, insieme al presidente della Regione Bonaccini, abbiamo firmato col Sottosegretario agli Affari regionali Bressa, l’Accordo preliminare tra Governo e Regione Emilia-Romagna sull’autonomia rinforzata. Oltre al presidente Bonaccini, hanno firmato un accordo analogo col Governo, relativo alle loro Regioni, anche i presidenti della Lombardia e del Veneto, che hanno condiviso con l’Emilia-Romagna il Tavolo di negoziato con l’esecutivo nazionale. Ora la palla passa al nuovo Parlamento e al nuovo Governo, in quanto quest’ultimo dovrà presentare il disegno di legge governativo alle Camere, alle quali spetterà l’approvazione finale.
È indubitabile che l’iniziativa dell’Emilia-Romagna, insieme a quelle di Lombardia e Veneto, hanno avuto il pregio di riaprire il dibattito sul futuro del regionalismo italiano, in quanto è necessario rinnovare percorsi e programmi anche sul tema che riteniamo cruciale, quello delle politiche istituzionali a partire proprio dalle autonomie territoriali.
Questa può essere l’occasione sia per sperimentare un nuovo sistema di valorizzazione delle peculiarità dei territori accompagnato a nuove modalità e nuovi paradigmi per il finanziamento delle funzioni territoriali.
La logica di questa azione deve comunque concretizzarsi avendo a mente la prospettiva, ben più ampia, che si è sviluppata con la proposta dell’Emilia-Romagna.
La centralità che tornano ad assumere i temi delle autonomie territoriali è efficacemente testimoniata, del resto, dalla rapida diffusione di iniziative analoghe in altri contesti regionali. Non mi riferisco solamente alle iniziative di Lombardia e Veneto, precedute, come ben sappiamo, da importanti consultazioni referendarie, ma anche a quelle, recentissime, intraprese da Liguria e Piemonte.
Si tratta, in ogni caso, di Regioni, queste, che al di là delle diverse tradizioni politiche, esprimono con forza l’esigenza di superare il disagio che le forme di centralismo statale, prodotte nell’ultimo decennio dalla c.d. legislazione di crisi, hanno generato anche nei contesti regionali più “virtuosi” e nei relativi sistemi delle autonomie territoriali.
A proposito di politiche virtuose, abbiamo salutato molto positivamente la sottoscrizione del protocollo tra le Città Metropolitane di Bologna e Firenze perché mi pare chiaro che attraverso questo strumento si intendono individuare gli ambiti di interesse comune su cui sviluppare, nel quadro delle politiche regionali e di area vasta, una piattaforma di progetti condivisi.
È stato a questo scopo predisposto il protocollo d’intesa tra le due Città, con la previsione di lavorare insieme per l’attuazione di aspetti comuni dei rispettivi Piani strategici, sui rapporti internazionali, per la progettazione europea, lo sviluppo sostenibile e l’economia, il turismo, la cultura e l’innovazione amministrativa e urbana; cosa importante, viene individuato l’Appennino tosco-emiliano come cerniera e collegamento tra sistemi ambientali che sono omogenei, che hanno valori culturali comuni, unitamente a storia e paesaggio.
C’è attenzione anche alla cooperazione istituzionale tra le due Città, come ambiti di innovazione nelle politiche nazionali e come titolari di un ruolo ben preciso che è previsto dalle politiche di coesione dei fondi dell’Unione Europea.
Va ricordato, che parliamo delle uniche Città metropolitane confinanti in Italia, collegate da una velocissima infrastruttura ferroviaria e da una nuova infrastruttura autostradale che negli ultimi anni hanno ridotto enormemente la distanza tra i due capoluoghi. Ma non solo. I punti che accomunano Bologna e Firenze sono tanti, ne cito solo alcuni:
– le Regioni Emilia-Romagna e Toscana identificano nei rispettivi sistemi metropolitani gli ambiti territoriali in grado di contribuire in modo decisivo al posizionamento dei propri sistemi tra le regioni europee più avanzate;
– parliamo di due aree che assommano circa 2 milioni di abitanti, pertanto fondamentali dal punto di vista sociale ed economico nel sistema-paese;
– sono due territori col tasso di disoccupazione tra i più bassi in Italia;
– dal punto di vista commerciale, siamo in presenza di territori con la capacità di esportazione tra le più alte del paese.
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