Il mio intervento al convegno di ASL Romagna sul progetto ‘Liberiamoci dalla violenza’.
Grazie per l’invito a questo seminario dove si fa un bilancio del primo anno di vita del progetto ‘Liberiamoci dalla violenza’, che ha come oggetto il trattamento degli uomini che usano violenza contro le donne.
Credo che sia comunque significativo il fatto che l’iniziativa sia stata collocata nel periodo in cui si svolgono tutte quelle relative alla mobilitazione contro la violenza sulle donne, perché è evidente che il tema è lo stesso: si tratta dell’altra faccia, sempre brutta, della stessa medaglia.
Centri di aiuto per uomini maltrattanti
In Emilia-Romagna, all’ormai consolidata attività che la rete di accoglienza delle donne svolge da anni, si sono affiancate esperienze innovative per il trattamento di uomini violenti pensati per intervenire sulla cultura degli uomini e per far acquisire loro la consapevolezza che la violenza è un problema da affrontare con un sostegno adeguato.
Nel 2011 è nato il Centro “Liberiamoci dalla violenza” di Modena, la prima struttura pubblica in Italia per gli uomini autori di violenze contro le donne. Attualmente i Centri di aiuto per uomini maltrattanti in Emilia-Romagna sono 10, di cui 4 a gestione pubblica (LDV – Liberi dalla violenza – di Bologna, Modena, Parma e di Rimini) e 6 gestiti da Enti del privato sociale.
Direte voi meglio poi cosa emerso da questo primo anno di attività nel territorio della Romagna.
E’ evidente che l’obiettivo di questo progetto è quello di riuscire ad intervenire non solo a protezione delle donne, che resta l’obiettivo prioritario, ma anche quello di aiutare gli autori delle violenze a cambiare.
Se si vuole provare a frenare il preoccupante fenomeno, infatti, è fondamentale riuscire a modificare i comportamenti di chi usa la violenza come soluzione dei problemi, senza rendersi conto che la violenza è essa stessa un grande problema.
Molti uomini non ammettono di avere questo tipo di problema: possono insultare o umiliare la compagna, minacciarla, rinchiuderla in casa oppure picchiarla o costringerla a fare sesso quando lei non vuole e non per questo pensano di essere violenti; e questa negazione è essa stessa parte del problema.
Liberarsi dalla violenza richiede un impegno lungo e faticoso, ma è l’unica strada per affrontare realmente le difficoltà e trovare delle soluzioni alternative. Ed ecco che qui entrano in gioco i centri di aiuto agli uomini, perché sono luoghi dove si trova ascolto ed aiuto, grazie agli esperti presenti e alla loro esperienza sul campo.
E sul ruolo degli operatori, visto che siamo in una sede appropriata, vorrei soffermarmi un attimo (uscendo dal tema specifico dei centri LDV che poi affronterete più approfonditamente voi dopo) su un aspetto che ritengo fondamentale e che riguarda la formazione. Ovviamente mi riferisco a tutti gli operatori che hanno a che fare con la questione violenza sulle donne e non solo a quelli operanti negli LDV.
La formazione degli operatori
E’ bene ricordare che nel corso del 2018 si è svolta un’importante formazione per gli operatori della rete sociale e sanitaria. Con uno stanziamento di 240.000 euro è in corso di realizzazione un progetto formativo finalizzato a migliorare le capacità di accoglienza da parte dei servizi di emergenza e della rete dei servizi territoriali per le donne che subiscono violenza e i loro figli.
Fra gli obiettivi vi sono la definizione di protocolli integrati di assistenza e modelli condivisi di intervento.
La Regione ha avuto un ruolo di coordinamento del progetto con il coinvolgimento del Servizio politiche sociali e socioeducative, del Servizio Assistenza Territoriale, del Servizio Assistenza Ospedaliera e dell’Area formazione dell’Agenzia Regionale. Nella prima parte del progetto sono stati formati 168 operatori dei servizi di cui 84 dei Pronto soccorsi e 84 dell’area dei consultori e dei servizi sociali.
Il progetto formativo è finalizzato a migliorare le capacità di accoglienza, da parte dei servizi di emergenza e della rete dei servizi territoriali, delle donne che subiscono violenza e dei loro figli, in quanto vittime di violenza assistita.
Sappiamo quanto sia importante, per una donna che ha subito violenza, affrontare in un certo modo le “prime fasi”, perché naturalmente è il momento in cui è più fragile e indifesa. Il ruolo delle operatrici e degli operatori che si trovano a gestire l’emergenza è per questo molto importante.
Nel rispetto delle linee di indirizzo per il soccorso e l’assistenza delle donne vittime di violenza sono stati individuati i seguenti obiettivi:
- definire protocolli integrati locali di assistenza in situazioni di emergenza;
- fornire strumenti per individuare le situazioni di rischio e gli eventi sentinella secondo un modello condiviso e attraverso una rete di servizi dedicati, che operano secondo modalità strettamente integrate.
Con questa iniziativa abbiamo aggiunto un tassello in più che conferma ancora una volta la nostra capacità di fare rete, uno dei punti di forza che fanno della nostra Regione un modello di eccellenza in Italia nel contrasto alla violenza contro le donne. Perché una donna che ha subito violenza ha bisogno di sostegno in tutto il percorso necessario per uscirne.
Di fronte a dati che ci consegnano ancora una situazione preoccupante sul fronte della violenza contro le donne, la nostra Regione ha potenziato su più fronti l’impegno per offrire assistenza in tutto il percorso per uscire dal “tunnel”.
Consapevoli che il lavoro da fare è ancora tanto, possiamo certamente riconoscere che quanto fatto dalla rete dei centri antiviolenza della nostra regione si conferma un’eccellenza a livello nazionale. Prevenzione partendo dalle scuole, formazione degli operatori, risorse per nuovi centri e nuove case a sostegno dell’autonomia delle donne vittime di violenza e infine tenere insieme enti locali, associazioni e rete dei presidi, sono i punti cardine dell’azione regionale per il contrasto alla violenza sulle donne.
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