All’Università di Rimini ad un convegno sulla violenza di genere
All’Alma Mater Studiorum (Campus di Rimini) insieme a Gloria Lisi, a Yoghi Paola Gualano, all’associazione “Rompi il silenzio”, a Vincenzo Vannoni dell’associazione “Dire uomo” e a tanti esperti ed esperte, abbiamo affrontato il tema della violenza di genere, con un focus particolare sugli uomini maltrattanti.
Il Primo rapporto dell’Osservatorio regionale sulla violenza di genere
L’Osservatorio regionale sulla Violenza di Genere dell’Emilia-Romagna al suo interno rappresenta tutta la rete dei soggetti che in qualche modo lavorano al contrasto e prima ancora alla prevenzione di questo fenomeno, si è insediato nel dicembre 2017 e ha lavorato intensamente attraverso 3 gruppi di lavoro tematici lungo tutto il 2018 perseguendo tre obiettivi:
- Tavolo 1: Rilevazione dei dati a disposizione della rete
- Tavolo 2: Predisposizione di strumenti di valutazione del Piano Regionale
- Tavolo 3: Confronto sull’evoluzione del fenomeno della violenza di genere nel territorio regionale
L’Osservatorio ha valorizzato e fatto tesoro del prezioso lavoro di raccolta dati che fino ad oggi è stato fatto in collaborazione con i Centri antiviolenza del Coordinamento regionale, ma ha ampliato la gamma dei dati analizzati grazie all’opportunità di aderire ad una rilevazione nazionale condotta da ISTAT estesa a tutti i Centri antiviolenza e Case rifugio presenti in regione.
Il Fenomeno della violenza di genere in Emilia-Romagna
Nell’ultimo quinquennio, le donne che hanno sporto denuncia alle forze di polizia per aver subito una violenza sono state oltre 31.000 nella nostra regione, di cui più del 70% erano cittadine italiane e la restante parte cittadine straniere provenienti da vari paesi, tra cui soprattutto dalla Romania, dal Marocco e dall’Albania.
In particolare, circa 14.000 di queste donne sono state vittime di minaccia, oltre 3.000 di stalking, 1.700 di violenza sessuale, 13.000 di una violenza fisica grave o gravissima quali percosse, lesioni e tentati omicidio, mentre 66 sono state assassinate.
C’è una forte concentrazione di vittime nella fascia di età compresa tra i 35 e i 44 anni.
Circa il 14% delle donne residenti nella nostra regione avrebbe subito forme di controllo dal proprio partner (ad esempio gli è stato proibito di uscire o imposto come vestirsi, comportarsi in pubblico, ecc.), altrettante sarebbero state isolate dalla famiglia di origine, dagli amici o dagli ambienti lavorativi e di studio, e una quota quasi simile avrebbe subito umiliazioni e violenze verbali (ad esempio sono state criticate e offese di fronte ad altre persone, ignorate o insultate, ecc.). Le donne che invece avrebbero subito intimidazioni dal partner (dalla minaccia di vedersi portare via i figli fino alla minaccia del suicidio) sono circa il 10%, mentre quelle cui sarebbe stato impedito di gestire liberamente il proprio denaro o quello della famiglia sono il 6%.
I dati dei Centri antiviolenza (rilevazione ISTAT)
Nel corso del 2017 i Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna hanno registrato 17.235 contatti da parte di 5.345 donne, di cui il 44,6% ha contattato un centro per la prima volta. Di queste circa un migliaio ai servizi territoriali (Servizio Sociale, Forze dell’ordine, Consultori familiari, Pronto soccorso, SERT, altro CAV); 280 ad accoglienza in emergenza/pronta accoglienza e 148 ad accoglienza in casa rifugio.
Nel 2017 risultavano presso un Centro antiviolenza 3.520 donne (di cui 2.526 accolte nel 2017), il 34,7% delle quali di cittadinanza straniera. Il 71% del totale, aveva figli. Si stima che in oltre i tre quarti dei casi è presente almeno un figlio minorenne. La maggior parte delle donne nuove accolte (84,2%) subisce violenze psicologiche (insulti, comportamenti denigratori, minacce); quasi il 61,6% violenze fisiche (schiaffi, spintoni, pugni) e il 39% subisce almeno un tipo di violenza economica (controllo sulle fonti di reddito proprie o l’impedimento ad avere una propria fonte di reddito). Infine, circa il 15% delle nuove accolte si dice essere stata costretta a pratiche sessuali considerate umilianti.
I Dati di accesso ai Pronto soccorso
Nel periodo 2015-2017 tra gli oltre 550 mila accessi all’anno in un Pronto soccorso da parte di una donna (tra i 16 e i 70 anni) attorno ai 5 mila (0,9%) sono riconducibili a una causa violenta. Circa l’8% di queste donne rifiuta il ricovero e meno del 2% accetta l’assistenza in reparto o il trasferimento presso altra struttura sanitaria o residenziale. Il numero di donne (dai 16 ai 70 anni) con accesso al Pronto soccorso per causa violenta è passato da 3.953 nel 2015 a 4334 nel 2017, di cui 182 dimesse nel 2017 con una diagnosi di abuso o maltrattamento, sessuale o meno. L’88,5% delle donne con un accesso in Ps per causa violenta nel corso del 2017 ha tra i 16 e i 54 anni.
Le azioni regionali
La mappatura della rete
La Regione Emilia-Romagna ha istituito tavoli di confronto con gli amministratori e i tecnici degli enti locali e i centri antiviolenza per discutere delle esigenze prioritarie da soddisfare mediante le azioni regionali. Ed è in quest’ottica che è stato emanato nel 2017 un bando per favorire l’autonomia abitativa delle donne vittime di violenza inserite in un percorso personalizzato di uscita dalla violenza. Sono stati presentati e finanziati 16 progetti.
I Centri Antiviolenza e le loro dotazioni
Oggi il sistema di ascolto e assistenza e protezione in Emilia-Romagna per le donne vittime di violenza si basa su una rete di 56 sportelli per l’ascolto e la presa in carico, 20 i Centri Antiviolenza, che forniscono accoglienza, consulenza, ascolto, sostegno alle donne, anche con figli/e, minacciate o che hanno subito violenza ( 6 in provincia di Bologna (4 in città e 2 a Imola), 3 in provincia di Ravenna e Modena, 2 Rimini e 2 a Forlì- Cesena, uno nelle città di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Ferrara. Infine, 39 Case Rifugio (7 nella Provincia di Bologna, 3 Ferrara, 1 Forlì-Cesena, 4 Modena, 4 Parma, 2 Piacenza, 10 Ravenna, 4 Reggio Emilia, 4 Rimini), strutture a indirizzo segreto o riservato che forniscono, a titolo gratuito, alloggio sicuro alle donne con o senza figli minori che subiscono violenza, indipendentemente dal luogo di residenza, per salvaguardarne l’incolumità fisica e psichica.
Recentemente con DGR 1880 del 12 novembre 2018, abbiamo ripartito le risorse assegnate dal dipartimento per le pari opportunità alla fine del 2017 e sulla base del nuovo elenco distribuito ai Comuni sede di Centro antiviolenza il contributo regionale per il funzionamento di questi pari quest’anno a Euro 682.829,10.
Con altra DGR 1743 del 22 ottobre 2018 è stato promosso un bando per l’apertura di nuovi sportelli, case rifugio e Centri antiviolenza, che porterà all’apertura entro l’anno 2019 di un centro antiviolenza, cinque sportelli e due case rifugio.
Centri di aiuto per uomini maltrattanti
In Emilia-Romagna, all’ormai consolidata attività che la rete di accoglienza delle donne svolge da anni, si sono affiancate esperienze innovative per il trattamento di uomini violenti pensati per intervenire sulla cultura degli uomini e per far acquisire loro la consapevolezza che la violenza è un problema da affrontare con un sostegno adeguato.
Nel 2011 è nato il Centro “Liberiamoci dalla violenza” di Modena, la prima struttura pubblica in Italia per gli uomini autori di violenze contro le donne. Attualmente i Centri di aiuto per uomini maltrattanti in Emilia-Romagna sono 10, di cui 4 a gestione pubblica finanziati dalla Regione Emilia-Romagna (LDV – Liberi dalla violenza – di Bologna, Modena, Parma e di Rimini) e 6 gestiti da Enti del privato sociale.
La prevenzione
Fondamentale è il lavoro con gli Enti Locali, le associazioni e i presidi educativi presenti nella nostra regione per prevenire il fenomeno della violenza verso le donne. La Regione Emilia-Romagna nel corso di questa legislatura ha emanato tre bandi dell’importo di un milione di euro ciascuno per la promozione delle pari opportunità di genere e il contrasto alle discriminazioni e alla violenza di genere con i quali sono stati finanziati numerosi progetti di intervento nelle scuole per la diffusione di una cultura della parità e il contrasto agli stereotipi di genere che sono alla base delle discriminazioni che le persone e in particolare le donne subiscono ancora nella società. Con il primo bando con attività realizzate nel 2016-2017 sono stati coinvolti circa 24.500 cittadini, tra cui 14.200 studenti, più di 600 insegnanti e 380 genitori e 1600 operatori dei servizi.
La formazione degli operatori
Nel 2018 si è svolta un’importante formazione per gli operatori della rete sociale e sanitaria. Con uno stanziamento di 240.000 euro è in corso di realizzazione un progetto formativo finalizzato a migliorare le capacità di accoglienza da parte dei servizi di emergenza e della rete dei servizi territoriali per le donne che subiscono violenza e i loro figli. Fra gli obiettivi: la definizione di protocolli integrati di assistenza e modelli condivisi di intervento. La Regione ha avuto un ruolo di coordinamento del progetto con il coinvolgimento del Servizio politiche sociali e socioeducative, del Servizio Assistenza Territoriale, del Servizio Assistenza Ospedaliera e dell’Area formazione dell’Agenzia Regionale. Nella prima parte del progetto sono stati formati 168 operatori dei servizi di cui 84 dei Pronto soccorsi e 84 dell’area dei consultori e dei servizi sociali.
Tavolo regionale permanente per le politiche di genere
È un organo consultivo presieduto dall’assessora alle Pari opportunità Emma Petitti che ha iniziato l’attività nel mese di giugno 2018. L’organismo fornisce un quadro della dimensione di genere all’interno delle politiche regionali, analizzando criticità e punti di forza nell’attuazione delle azioni per promuovere la parità.
Il Tavolo permanente per le politiche di genere completa il quadro di strumenti paritari introdotti dalla legge regionale 6/2014.
Con l’approvazione della L.R. 6/2014 “Legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere” si è aperta una nuova fase che rappresenta una tappa importante verso la piena realizzazione delle pari opportunità nella nostra Regione, culmine di un percorso intrapreso da anni su questi temi.
Bilancio di genere
Il Bilancio di genere è uno strumento con cui un’Amministrazione, attraverso l’elaborazione di dati, statistiche e analisi centrate sul genere, può valutare in maniera più puntuale le proprie scelte al fine di migliorare eventualmente la propria azione e se necessario ricalibrare le priorità di intervento rispetto ai bisogni delle cittadine e dei cittadini.
Due bandi pari opportunità (annualità 2016-2017 e annualità 2018)
A partire dal 2016, nell’ambito della diffusione di una cultura attenta alle differenze ed al contrasto agli stereotipi sessisti, in questi anni sono già stati promossi due Bandi, (ed un terzo nuovo bando è stato pubblicato nell’anno appena trascorso) del valore di 1 milione di Euro ciascuno.
Due sono gli obiettivi: 1) Valorizzare la differenza di genere, il rispetto per una cultura plurale delle diversità, il tema della parità uomo-donna e le pari opportunità; 2) Rafforzare le politiche regionali di contrasto alle discriminazioni di genere e alla violenza sulle donne.
Le novità del bando 2018 hanno riguardato la valorizzazione di progetti che concentrino le loro attività alcuni territori regionali che necessitano un supporto maggiore rispetto ad altri, in particolare i comuni montani e i comuni dell’area del basso ferrarese e l’attenzione verso il tema delle donne a rischio di emarginazione sociale, discriminazione e violenza, in particolare le donne stranieri migranti.
Nel bando sono state incentivate sinergie tra soggetti pubblici e privati, per cui molti progetti presentati propongono partnership, in una logica di rete territoriale
Bando 2019
Anche quest’anno si vogliono perseguire due obiettivi:
1) Favorire la diffusione di una cultura della parità e della non discriminazione, a partire dalle giovani generazioni, ma anche con iniziative rivolte a tutta la cittadinanza; verranno valorizzate le iniziative che si realizzeranno nei comuni montani nonché nei comuni dell’area del basso ferrarese della nostra Regione.
2) prevenire e contrastare i fenomeni di emarginazione sociale, di discriminazione e violenza sulle donne, e in particolare ai danni delle donne stranieri migranti, anche di seconda generazione, incluse le donne richiedenti e titolari di protezione internazionale.
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