Alla CNA di Rimini per fare il punto sul tema delle Comunità Energetiche Rinnovabili
Intanto ci tengo a ringraziare CNA Rimini per l’invito a questo interessante momento di approfondimento su un tema che è attualissimo, quello delle Comunità energetiche rinnovabili.
Cerco di tarare il mio intervento provando a rimanere nel contesto delle politiche messe in campo dall’ente a cui appartengo, che è la regione Emilia-Romagna.
Come ben sapete, in attuazione degli obiettivi europei di sostenibilità ambientale e di produzione e consumo di energia da fonti rinnovabili, la Regione ha approvato la legge regionale n. 5 del 27 maggio 2022 “Promozione e sostegno delle comunità energetiche rinnovabili e degli autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente” che prevede, tra le varie forme di sostegno e promozione di Comunità energetiche rinnovabili (Cer), la possibilità di concedere contributi finanziari a sostegno della fase di costituzione, della predisposizione dei progetti, dell’acquisto e dell’installazione degli impianti di produzione e accumulo dell’energia e delle tecnologie necessarie alla realizzazione dei servizi previsti dalla normativa.
Ci tengo a sottolineare che la RER è stata la prima in Italia ad approvare una legge per il sostegno alle CER.
La legge si inserisce a pieno titolo nel solco tracciato nel Piano triennale di attuazione 2022-2024 del Piano energetico regionale 2030, nel quale la Regione Emilia-Romagna ha recepito tutti i più recenti provvedimenti assunti dall’Unione europea e dal Governo che hanno progressivamente reso più ambiziosi gli obiettivi in materia di clima ed energia, con l’obiettivo di aumentare l’efficienza energetica e coprire sempre di più i consumi con fonti rinnovabili.
Il bando che a seguito della legge è stato poi emesso, in attuazione della misura del Pr Fesr 2021-2027, aveva lo scopo di sostenere la costituzione e la progettazione delle CER attraverso la concessione di contributi economici a copertura dei costi per l’avvio.
Sappiamo che il meccanismo di costituzione delle Cer potrà implicare il coinvolgimento di soggetti economicamente svantaggiati al fine di combattere la povertà energetica, con l’obiettivo di generare benefici ambientali, sociali ed economici a scala locale.
Ecco che quindi la Regione, lo scorso gennaio, per la costituzione di Comunità Energetiche Rinnovabili ha messo a disposizione 2 milioni di euro di risorse europee del Fondo Fesr 2021-2027.
Contributo a fondo perduto fino all’80% delle spese sostenute per l’avvio e la costituzione delle Cer e per gli studi di fattibilità e potrà essere incrementato fino al 90% sulla base delle premialità previste; fino a un massimo di 50mila euro.
Come potevamo immaginare, il bando ha avuto un enorme successo e ha suscitato molto interesse.
L’iter si è concluso a giugno scorso.
Sono diversi i soggetti emiliano-romagnoli che si sono fatti avanti per far nascere comunità di produzione e autoconsumo di energia da fonti rinnovabili (eolico e solare su tutti): Comuni e Unioni di Comuni, condomini, centri ricerca, caseifici, cooperative agricole e edili, immobiliari, piccole e medie imprese (Pmi), fino a enti del Terzo settore, opere pie, parrocchie e monasteri.
Una risposta straordinaria quella avuta dal bando regionale. Una conferma della giusta direzione intrapresa, che punta in maniera concreta alla sostenibilità e a tenere insieme ambiente e lavoro. Azioni utili e propedeutiche all’incremento sul territorio regionale di impianti da fonte rinnovabile così da ridurre le emissioni di gas a effetto serra, che si traducono in benefici ambientali, incrementando al contempo i benefici sociali in termini di coinvolgimento anche delle fasce più deboli della popolazione, e di contrasto alla povertà energetica.
Teniamo conto del fatto che la cifra inizialmente stanziata è stata poi rimpinguata per concedere i contributi a tutti i progetti finanziabili, che in totale ammontano a 124. Dai 2 milioni iniziali messi a disposizione si è passati ai 4,6 milioni definitivi.
Le comunità energetiche non solo permetteranno di incrementare la produzione, l’utilizzo e l’accumulo delle energie rinnovabili in Emilia-Romagna, ma consentiranno di farlo valorizzando progetti e azioni di coesione sociale, per ridurre i prelievi energetici dalla rete e per contrastare la povertà energetica. Cittadini, imprese, enti locali e associazioni saranno al centro della transizione energetica, protagonisti di un cambiamento senza precedenti. La Regione avrà un particolare riguardo per le iniziative a forte valenza sociale e territoriale che coinvolgano i soggetti svantaggiati, ma anche per le opportunità che si potranno creare per il mondo economico.
Dal punto di vista ambientale e infrastrutturale quindi l’installazione di infrastrutture fotovoltaiche consente la produzione e condivisione di energia green e sostenibile nel rispetto dell’ambiente. Inoltre, entrare a far parte di una CER, significa contribuire a ridurre la produzione di energia da fonti fossili minimizzando allo stesso tempo il rischio di dissipare energia in perdite di rete.
La creazione di una comunità energetica rinnovabile è anche una delle soluzioni per contrastare la povertà energetica: la sua struttura condivisa permette di integrare tutti i consumatori, a prescindere dal loro reddito, riducendo i costi per l’approvvigionamento elettrico e sostenendo di conseguenza anche i soggetti più fragili.
I benefici economici riguardano anche la riduzione dei costi in bolletta, grazie all’autoconsumo di parte dell’energia prodotta dall’impianto direttamente connesso con la propria utenza. Diminuendo la quantità di energia prelevata dalla rete pubblica si ridimensionano i costi della spesa energetica.
In più, grazie ai meccanismi di incentivazione previsti dal GSE e derivanti dall’energia prodotta e utilizzata, la comunità è in grado di produrre un “reddito energetico” (l’energia prodotta in surplus) da redistribuire.
Per queste caratteristiche le comunità energetiche rappresentano una soluzione efficace per garantire l’indipendenza energetica di un territorio e, nel complesso, di tutto il Paese: un passo avanti verso un modello di produzione distribuita dell’energia capace di assicurare una maggiore flessibilità e resilienza delle infrastrutture e delle reti.
Il principio di condivisione delle comunità non si limita solo all’aspetto economico ma include anche quello sociale: condividere la produzione e distribuzione di energia educa i cittadini a una cultura rivolta alla sostenibilità urbana, agevola l’aggregazione sociale sul territorio e facilita il coinvolgimento di tutte le fasce della popolazione.
Insomma, io ci vedo solo aspetti positivi; la produzione normativa a livello nazionale non è stata propriamente repentina ma da questa strada non si torna indietro.
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