A Vignola (MO) ad una iniziativa sul tema della Partecipazione. Il mio contributo
Nel 2010 approvammo la nostra prima legge regionale sulla partecipazione divenendo, con la Toscana, gli apripista delle politiche regionali di sostegno ai percorsi di democrazia deliberativa. Rispondevamo – con la legge regionale del 2010 -ad un’ampia e condivisa esigenza di maggiore (e migliore) interlocuzione tra cittadini e pubblica amministrazione; all’esigenza di rifondare il tessuto connettivo tra questi soggetti; alla esigenza cioè di ri-alimentare le reciproche relazioni di fiducia e di ascolto.
Approvare la legge sulla partecipazione ha significato per noi, da un lato, dare piena attuazione ai principi della nostra Carta costituzionale e ai Trattati europei, primo fra tutti il nuovo Trattato di Lisbona (2007); d’altro lato ha significato affrontare il problema della crisi della rappresentanza.
Come superarlo? Abbiamo creduto -e continuiamo a credere- che la democrazia deliberativa sia un metodo efficace che non sostituisce la democrazia rappresentativa, ma che la completa e rafforza.
Del resto, come tutti sanno, la nostra Regione ha una lunga tradizione in tema di partecipazione civica. Ricordiamo ad esempio che è a Bologna che si introduce nell’ordinamento locale, per la prima volta in Italia, l’istituto dei quartieri, intesi come luogo del decentramento di funzioni e decisioni, ma soprattutto luoghi di ascolto e raccolta delle istanze dei cittadini per trasformarle in azioni e interventi concreti, aderenti ai bisogni reali delle comunità.
Ma non solo quartieri…. Con il nostro Osservatorio della partecipazione abbiamo censito più di 1200 esperienze partecipative in Emilia-Romagna (e questo dato è calcolato per difetto): esperienze di consultazione, progettazione partecipata, codecisione, pianificazione partecipata … promosse in particolare dagli Enti locali – Comuni e Unioni di comuni … Ed è dalla loro esperienza che siamo partiti per innovare la legge 3/2010.
Il 17 ottobre di quest’anno la Regione ha approvato la legge 15 che rappresenta per tutti noi un traguardo davvero importante; in primo luogo perché è un ulteriore risultato concreto che testimonia della qualità del lavoro fatto in questi ultimi otto anni; in secondo luogo perché con la nuova legge abbiamo saputo raccogliere le istanze e le proposte pervenute dai territori introducendo, in un’ottica innovativa, alcuni elementi di grande rilievo molti dei quali proposti proprio dalle amministrazioni locali protagoniste e promotrici della partecipazione.
Una delle critiche ricorrenti rivolte alla partecipazione consiste nel dire che al percorso partecipativo non conseguono decisioni conformi ai risultati emersi dal dialogo con i cittadini. Dunque, in altre parole, che la partecipazione è talvolta un’esperienza fine a sé stessa che tradisce le aspettative dei cittadini.
La nostra legge 15 affronta la questione e propone un elemento innovativo: la valutazione dei processi partecipativi nel loro intero ciclo di vita che non termina semplicemente alla fine del progetto ma che prosegue sino alla assunzione delle decisioni da parte delle amministrazioni e talvolta persino oltre, nella fase di gestione comune degli interventi scaturiti dalle proposte emerse.
Nel panorama della legislazione regionale in materia di partecipazione, possiamo dire che l’elemento della valutazione che abbiamo introdotto ha la sua originalità. Nei mesi scorsi, durante gli incontri fatti con amministratori ed esperti della partecipazione ci avete stimolato a trovare risposte a queste domande: che fine fanno tutti i processi partecipativi finanziati (sono 121 ad oggi)? Come riusciamo a monitorare i risultati e soprattutto il grado di recepimento delle proposte emerse dai percorsi? La partecipazione è una modalità per acquisire mero consenso o esiste per deliberare/decidere insieme, trovando le soluzioni concrete e condivise ai bisogni delle città e dei cittadini?
Per dare risposta a questi interrogativi, evitando accuratamente di introdurre clausole di cedevolezza che limitano le prerogative della democrazia rappresentativa alla quale noi continuiamo a credere, la legge ha rafforzato “l’impegno dell’ente responsabile delle decisioni a rendere note le motivazioni delle proprie decisioni in merito all’accoglimento delle conclusioni del processo partecipativo tramite comunicazione pubblica con ampia rilevanza e adeguata comunicazione ai soggetti che hanno preso parte al processo partecipativo”.
Se siamo arrivati sin qui è perché crediamo molto al valore di una intelligenza collettiva, alla ricchezza dei saperi e delle competenze che i cittadini possono esprimere se messi nelle condizioni di essere protagonisti del dialogo tra loro e con le amministrazioni, in un confronto costruttivo e reciprocamente leale.
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