A Roma all’iniziativa “L’Italia della Convivenza”, con la Fondazione ‘Nilde Iotti’
La traccia del mio intervento
Ringrazio Livia Turco per avermi invitato a partecipare a questa bellissima iniziativa.
L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna collabora da tempo con la Fondazione Nilde Iotti per promuovere i principi e i valori costituzionali, attraverso iniziative e progetti a favore della convivenza, della coesione sociale e dei diritti di cittadinanza, con una particolare attenzione al ruolo delle donne nella vita sociale, economica, culturale, pubblica e politica dell’Emilia-Romagna.
Nel 2022 ci siamo concentrati sulla valorizzazione della figura di Nilde Iotti, le cui battaglie per l’uguaglianza trovò una sintesi nel fondamentale nell’articolo 3 della Costituzione che orientò il suo successivo lavoro politico e rappresenta ancora oggi il passaggio più moderno del nostro testo costituzionale.
Nilde Iotti ci ha lasciato quindi una grande eredità e il suo impegno politico rappresenta un esempio per tutti, e per le donne specialmente, che va ricordato e raccontato anche alle giovani generazioni, perché possano comprendere l’importanza di continuare a difendere la democrazia e i diritti e i doveri che ne discendono.
La collaborazione tra l’Assemblea legislativa e la Fondazione Nilde Iotti ha tra i suoi obiettivi anche la realizzazione di iniziative, progetti, attività di ricerca e studio aventi ad oggetto i temi della convivenza e cittadinanza plurale.
Questa occasione è quindi molto gradita anche rispetto agli sviluppi che potrebbero nascere dal confronto e dalle riflessioni di queste due giornate.
La Regione Emilia-Romagna, da sempre, si ispira ai principi di uguaglianza e di pari dignità delle persone e, in coerenza con questa vocazione, il nostro Statuto fa un esplicito riferimento a tre obiettivi, scritti quasi vent’anni fa, che ancora oggi rappresentano passaggi fondamentali e valori nei quali riconoscersi pienamente:
- il perseguimento della parità giuridica, sociale ed economica fra donne e uomini e la rimozione degli ostacoli che impediscono la piena realizzazione di tale principio;
- il rispetto delle diverse culture, etnie e religioni;
- il godimento dei diritti sociali degli immigrati, degli stranieri profughi rifugiati ed apolidi, assicurando, nell’ambito delle facoltà che le sono costituzionalmente riconosciute, il diritto di voto degli immigrati residenti.
L’ultimo punto venne molto dibattuto. All’epoca della delibera regionale che approvava il nuovo statuto, nel 2004, questo fu uno dei passaggi impugnati dal Governo dinnanzi alla Corte Costituzionale (che poi però dichiarò inammissibile tale censura).
Fu una scelta coraggiosa inserire in uno statuto regionale il “godimento dei diritti sociali degli immigrati” e il loro diritto al voto. Rappresentò il segnale di una visione aperta e coraggiosa della società regionale che si voleva contribuire a costruire, frutto dell’idea che la società si evolve – a volte in maniera lineare, a volte in modo repentino e drammatico com’è successo con le conseguenze della pandemia e della guerra in Ucraina – e che per dare risposte “solide” e durature bisogna saperne interpretare la complessità.
Questo mi suggerisce due spunti che sicuramente torneranno nelle riflessioni di queste due giornate:
La prima è che insistere sulla narrazione, purtroppo ormai dominante, di alcune questioni – l’immigrazione, i diritti delle donne e il rapporto tra generazioni – come “emergenze” significa scegliere di non affrontarle.
La semplificazione in questo caso può essere molto rischiosa: nei migliori dei casi non produce alcun risultato, nei peggiori può avere pessime derive.
Per costruire un orizzonte efficace occorre innanzi tutto dare il giusto inquadramento a questi fenomeni riconoscendo che prima di essere problemi contingenti che parlano alla pancia della gente, sono “questioni epocali” che vanno affrontate con politiche ampie, trasversali e a lungo termine. Con lo sguardo alto e nello stesso tempo azioni concrete che tengano al centro le persone, i diritti e un senso di equità e di giustizia sociale che non dovrà mai abbandonare il nostro modo di pensare ed il conseguente modo di agire della politica.
Il secondo spunto riguarda il ruolo degli enti locali che sono in trincea su queste questioni. I sindaci sono la prima e a volte l’unica risposta alla cittadinanza e hanno bisogno di strumenti legislativi efficaci e risorse. Motivo per cui è importante tenere alta l’attenzione e il presidio sugli obiettivi del PNRR, non possiamo permettere che uno strumento così importante possa slittare o essere ridimensionato con la conseguente perdita di progetti centrali per la crescita economica e sociale del nostro Paese.
Per la tenuta dei territori è fondamentale investire in progetti che favoriscono l’inclusione sociale, promuovono i diritti di cittadinanza, incentivano la formazione e l’inserimento lavorativo, attraverso il quale, come sappiamo, spesso poi passa anche il riscatto personale.
In tal senso gli obiettivi dell’Agenda 2030, sui quali in alcuni casi abbiamo regredito a causa delle recenti crisi cosiddette multidimensionali, devono restare i punti fermi delle nostre scelte.
Per la mia esperienza, le strategie più efficaci e durature nel tempo si sono dimostrate quelle che hanno favorito lo sviluppo di reti miste in cui l’ente pubblico, in sinergia con soggetti del terzo settore e realtà imprenditoriali puntano insieme ad obiettivi, o più obiettivi, di bene comune in un ecosistema che mira a tenere insieme tutto: i diritti, l’ambiente, la sostenibilità delle azioni anche dal punto di vista economico, lo sviluppo di un territorio e la sua coesione, il presidio della legalità. In questo modello, giocano un ruolo fondamentale la partecipazione alle politiche pubbliche e il dialogo con la cittadinanza e tra compagini diverse della società civile. Le scelte condivise sono più faticose ma contribuiscono a far crescere una comunità in modo consapevole e duraturo.
Passando ad una dimensione geograficamente più ampia, spesso vedo emergere una modalità di rapportarsi con il resto del mondo che può essere sintetizzata nell’espressione “aiutiamoli a casa loro”, un’espressione molto semplicistica, che ha le sue radici in una concezione etnocentrica di matrice colonialista che continua a rimanere sullo sfondo e ogni tanto viene riproposta.
La cooperazione internazionale invece si basa su un rapporto paritario tra i soggetti coinvolti e rappresenta uno strumento molto potente per dare un contributo concreto alla solidarietà internazionale e alla promozione di una cultura di pace.
La Regione Emilia-Romagna, con l’obiettivo di proseguire e consolidare il proprio ruolo in questo ambito, si è data tre priorità:
1) Migrazioni e sviluppo;
2) Ambiente e cambiamenti climatici;
3) Uguaglianza di genere ed empowerment femminile
Le disuguaglianze globali sono uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile e alla lotta contro la povertà. Per promuovere i diritti individuali e collettivi e favorire la transizione ecologica è quindi necessario impegnarsi per il rilancio della cooperazione internazionale.
Nel 2021 l’Emilia-Romagna ha emanato un bando ordinario per la gestione dei fondi regionali, finanziando interventi in Africa-Burundi, Burkina Faso, Camerun, Campi Profughi Saharawi e Territori liberati, Etiopia, Kenya, Marocco, Mozambico, Senegal, Tunisia e i Territori Autonomia Palestinese. In totale 41 progetti, per complessivi 1,62 MLN €, su obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 – i più perseguiti sono stati l’obiettivo 2 (FAME ZERO), l’obiettivo 3 (SALUTE E BENESSERE) e l’obiettivo 5 (UGUAGLIANZA DI GENERE) – con premialità per le progettazioni che prevedevano obiettivi trasversali sulle tre priorità regionali prima richiamate: migrazioni e sviluppo, promozione politiche di genere e lotta al cambiamento climatico.
La cooperazione internazionale è uno strumento molto efficace anche per far fronte ad eventi inattesi e drammatici come lo scoppio della guerra in Ucraina il 24 febbraio 2022.
La Regione Emilia-Romagna ha velocemente approvato la legge regionale la n. 4/2022 “Misure urgenti di solidarietà in favore della popolazione ucraina” per sostenere interventi di aiuto umanitario in Ucraina e coordinare l’arrivo dei profughi ucraini sul territorio regionale. È stata aperta una raccolta fondi regionale e le risorse raccolte sono state gestite con bandi e manifestazioni di interesse.
E’ stato quindi possibile sostenere 16 progetti di aiuto umanitario – per la fornitura di prodotti di prima emergenza per la popolazione in fuga; la prestazione di servizi medici, di fornitura di medicinali, materiale e attrezzature sanitarie; servizi di sostegno psicosociale; il sostegno alle famiglie vulnerabili; il supporto logistico ai trasporti delle persone da Ucraina a Polonia e da Ucraina a Romania in condizioni di sicurezza – con la collaborazione e il sostegno di associazioni di solidarietà, alle ONG ed altri enti locali ucraini, rumeni e polacchi, o internazionali. Anche rispetto alla manifestazione di interessi abbiamo riscontrato un grande interesse nel territorio regionale e sono stati approvati 42 progetti presentati da Comuni/Unioni dei Comuni.
Vedo nel progetto “L’Italia della convivenza” un grandissimo potenziale. La Conferenza nazionale che si apre oggi è una tappa che segna il punto di sintesi di esperienze già in essere in alcuni territori e nello stesso tempo rappresenta il punto di partenza per diffondere la cultura del dialogo e, come Emilia-Romagna, desideriamo dare il nostro contributo per fare del dialogo e della convivenza strumenti chiave per uno sviluppo giusto, sostenibile e diffuso. Auspico quindi che il progetto cresca e do la mia disponibilità a promuovere altre iniziative in questo senso, anche sul nostro territorio regionale.
Come sta già accadendo, sentendo pronunciare frasi inaccettabili da parte di esponenti, con ruoli di primo piano, del Centrodestra o promuovendo una riedizione dei decreti sicurezza attraverso l’eliminazione della protezione speciale, che produrrà solo irregolarità e nuove forme di sfruttamento dei migranti.
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