A Rimini con Alessandro Zan per la presentazione del suo libro ‘E noi splendiamo, invece’
Avere qui a Rimini Alessandro Zan per la presentazione del suo nuovo libro “E noi splendiamo, invece” è una preziosa occasione di riflessione sui diritti e su quanto sia necessario continuare a battersi per il loro pieno raggiungimento. Essere attenti a questi temi significa scegliere di stare dalla parte di chi, nella società, ha meno tutele e diritti; significa non stare dalla parte del più forte, ma avere la consapevolezza che un aiuto collettivo possa migliorare il benessere della società tutta.
Credo che la nostra attenzione debba partire dalla quotidianità con una particolare sensibilità e cura verso le nuove generazioni. Per questo ho apprezzato molto la scelta del Liceo scientifico e artistico “Alessandro Serpieri” di Rimini che due anni fa, il 17 maggio 2022 nella giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, ha annunciato di aver adottato la carriera alias, come aveva già fatto una scuola di Ravenna.
Così gli studenti e le studentesse che si riconoscono come transgender o gender variant e decidono di essere riconosciuti e denominati con un genere alternativo rispetto a quello assegnato alla nascita possono farlo. L’istituto superiore è stato tra i primissimi in Italia ad avere approvato un regolamento che introduce la carriera alias a livello di scuola superiore (mentre la prassi è già utilizzata nelle università).
Si tratta di una novità rivoluzionaria perché applicata su ragazzi minorenni e che, in linea con quanto affermato nell’art.3 della nostra Costituzione, si pone come obiettivo la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (“È compito della Repubblica…” art.3 della Costituzione Italiana).
La carriera alias è una procedura di semplice applicazione, che prevede la possibilità di modificare il nome anagrafico con quello di elezione, scelto dalla persona, nel registro elettronico, negli elenchi e nei documenti interni alla scuola aventi valore non ufficiale. È una buona prassi che evita a questi studenti il disagio di continui e forzati coming out e la sofferenza di subire possibili forme di bullismo. La vera novità è che il liceo per assegnare la nuova denominazione non richiede alcuna “certificazione medica/psicologica” perché la varianza di genere non è una malattia ma un’espressione sana delle tante possibilità del genere umano (l’Oms nel 2018 ha rimosso la transessualità dall’elenco delle patologie mentali) quindi la carriera alias è un atto di rispetto, oltre che di tutela della privacy, verso le istanze delle persone.
Il ragionamento alla base del provvedimento condiviso dal Consiglio d’Istituto, dal Dirigente Scolastico Francesco Tafuro e dalla referente Bullismo e Cyberbullismo del Liceo, Prof.ssa Fabiola Perazzini, nasce dal fatto che i ragazzi che chiedono di accedere alla carriera alias hanno già effettuato un percorso psicologico ad hoc nelle strutture preposte, e il compito della scuola “è quello di accogliere e di garantire il benessere dello studente durante il suo percorso”.
Le buone pratiche possono rappresentare occasioni di crescita culturale per la comunità scolastica, se accompagnate dalla traduzione in azioni concrete delle parole chiave quali convivenza consapevole, parità, rispetto delle differenze, prevenzione di tutte le forme di discriminazione, più volte ribadite in sede europea, internazionale e anche nella recente legge di riforma, cosiddetta della ‘Buona scuola’”.
Nella nostra città ci sono altri esempi virtuosi in questo senso come la palestra di arti marziali di Gabriel Corbelli che propone alle persone iscritte il tesseramento alias. Una scuola in cui si pratica il karate, dove la presenza delle donne è massiccia, e dove lo spogliatoio è unico, senza distinzione.
Rimini è sempre stata avanti a cogliere le novità della realtà che ci circonda e credo possa fare la differenza anche sul tema dei diritti.
Sono passati circa tre anni dal naufragio del ddl Zan in Senato e, con il governo più a destra della storia recente italiana, la situazione sul versante dei diritti LGBTQIA+ sta precipitando. I diritti della comunità Lgbt sono più a rischio che mai e la mancanza di leggi adeguate non fa altro che aggravare la situazione.
Un disegno di legge sull’omolesbobitransfobia che non venne accolto, se vi ricordate, fra incresciosi applausi. Applausi che fecero il giro del mondo, mostrando il grave grado di arretratezza di una destra intransigente e anacronistica. Lontana pensino dalle destre europee che, con un orientamento liberale, guardano anche ai diritti arcobaleno.
Il Rainbow Index, l’indice che misura la tutela dei diritti in Europa compilato ogni anno dall’Ilga, la più grande rete europea delle associazioni LGBTQ+, ci dice che, dei 49 Paesi presi in considerazione dal ranking, il nostro Paese si posiziona solo al 34esimo posto sul tema dei diritti, perdendo addirittura una posizione rispetto allo scorso anno.
L’Italia tutela, infatti, solo il 25% (una percentuale addirittura inferiore a quella dell’Ungheria di Orban) dei diritti arcobaleno, e l’incitamento all’odio è rimasto diffuso quest’anno anche da parte dei politici.
Affermazioni come l’omosessualità è un “abominio” e che le coppie di genitori omosessuali non sono normali, dei deputati di Fratelli d’Italia Federico Mollicone e Lucio Malan, riportate nel report di Ilga, non fanno altro che confermare la volontà di retrocede a una dimensione medioevale della società.
Con il Ddl Zan avremmo voluto fare un passo avanti, con una legge che puniva ogni forma di discriminazione e di violenza basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. Mentre il tema è stato derubricato sostenendo che esistevano già delle leggi in merito, e che un’ulteriore legge sarebbe stata superflua ritenendo, in maniera sconsiderata, che avrebbe tolto la “libertà di pensiero”.
A farsi sentire in questo contesto è, invece, la totale assenza di qualsiasi legge sui crimini e i discorsi d’odio, di cui persino l’Ungheria si è dotata nel 2013.
Una battaglia che non abbiamo intenzione di abbandonare, siamo la forza politica che può creare un argine all’avanzata di una destra sovranista ed arretrata, che sui diritti sociali e civili è tra le più arretrate d’Europa.
Una destra che non sarebbe mai in grado di creare una società inclusiva, aperta e solidale. Valori che invece rappresentano saldamente l’identità del Centrosinistra, un Centrosinistra che crede sopra ogni altra cosa alla dignità e ai diritti di ciascun individuo. Il rischio con questo Governo è di mettere in discussione i diritti già assodati. L’Italia merita di essere un Paese equo, solidale, tollerante, che porti con grande facilità e trasparenza una legge contro i crimini d’odio, invece di continui ostruzionismi.
Riconoscere per legge il diritto delle coppie omogenitoriali
Stiamo invece assistendo ad un altro fatto senza precedenti: il Governo ha bocciato il certificato di filiazione europeo destinato ad assicurare il riconoscimento dei diritti dei figli anche delle coppie gay e l’adozione nei Paesi dell’Unione, bloccando la registrazione dell’atto di nascita per i minori nati da coppie dello stesso sesso.
Restringendo di fatto l’ambito dei diritti. La legge italiana non prevede e quindi non riconosce i figli delle famiglie omogenitoriali. Il loro destino è stato fino ad oggi legato alle mani dei sindaci che sono riusciti a sanare un vuoto legislativo aggrappandosi agli orientamenti dei tribunali, e di fatto riconoscendoli.
Si tratta però di procedimenti onerosi, tempi lunghi e costi economici ed emotivi. Il genitore non biologico, e quindi non riconosciuto, deve sottoporsi ad umilianti e discriminatori controlli di idoneità fatti dagli assistenti sociali, che non tutelano il minore.
Più che altro non c’è una legge che lo preveda, ma solo sentenze. Per questo il PD ha depositato una proposta di legge, che estende tutele e diritti per le famiglie eterosessuali a quelle formate da persone dello stesso sesso: matrimonio, adozioni, aperte anche ai single, il riconoscimento dei figli alla nascita per le donne che ricorrono alla procreazione eterologa, ed ora lavorerà affinché sia presto calendarizzata. Il deputato Alessandro Zan ha collaborato alla stesura del testo, insieme all’Associazione famiglie arcobaleno e ad un pool di giuristi, avvocati e magistrati.
Si tratta di una battaglia di civiltà; sono bambini e bambine che vanno nelle nostre scuole e crescono nelle nostre comunità, come tutti gli altri, non c’è alcuna ragione per negare il loro riconoscimento. Le discriminazioni non hanno mai portato ad un avanzamento della società; una società che non discrimina e non marginalizza è più sicura e non lascia indietro nessuno.
Il tema dei diritti è nel DNA del Partito Democratico. Attraverso la buona politica e la partecipazione dal basso, di cittadini e cittadine che sentono nei nostri valori l’unico modo per concepire il futuro, possiamo creare una rotta che ci appartiene.
A luglio scorso abbiamo assistito invece al primo via libera alla proposta di legge che rende la maternità surrogata un reato universale. L’Aula della Camera ha approvato la pdl firmata dalla deputata di Fratelli d’Italia Carolina Varchi con 166 voti a favore, 109 contrari e quattro astenuti.
Non possiamo rimanere inermi a guardare questo scempio dei diritti.
I diritti sembravano un tema secondario quando i politici che ora sono alla maggioranza erano all’opposizione. Eppure, appena ne hanno avuto la possibilità, sono partiti proprio andando a minare i diritti delle persone e in primo luogo dei bambini.
Dobbiamo renderci conto che non stiamo parlando di proiezioni future, ma di bambini e bambine che sono già parte della nostra comunità. Vanno riconosciuti senza se e senza ma i diritti che spettano loro.
Non è ammissibile che un genitore debba girare con la delega del partner perché in Italia il suo ruolo non è riconosciuto. Che immagine stiamo dando a questi bambini?
Inoltre, tutto si sta focalizzando molto sulle coppie omogenitoriali (che io sostengo sia per la volontà di ricorrere a fecondazione eterologa, sia per quello che riguarda le adozioni), ma è una questione che coinvolge in larga parte coppie eterosessuali.
In questo momento la destra vuole spostare l’attenzione polarizzando gli argomenti e penalizzando il più possibile le famiglie arcobaleno ed è una situazione insostenibile. Oltretutto si tratta di percorsi onerosi e complessi, a testimonianza della grande volontà di chi li intraprende.
Stiamo parlando di persone, bambine e bambini e occorre fare il possibile affinché venga fatta una legge a loro tutela. I sindaci che stanno continuando a registrare i figli di queste coppie all’anagrafe stanno dando un segnale forte che apprezzo molto e auspico il Governo ne tenga conto.
Non è accettabile che la maternità surrogata venga considerata un reato. I reati sono ben altri e non riguardano la decisione di persone che si amano di mettere al mondo dei figli. Quando si tratta di diritti la chiarezza deve essere netta e definita.
Il Governo continua inoltre a fare tagli al welfare e le donne sono costrette a rinunciare al loro lavoro, al loro talento e alla loro libertà.
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