A Rimini al convegno su giovani, disagio e microcriminalità
Il mio intervento
Buonasera a tutte e tutti,
ringrazio il Gruppo Giovani Musulmani di Rimini e l’assessorato per le politiche giovanili del Comune di Rimini per avermi invitato a questo convegno di importante riflessione sui ragazzi tra vulnerabilità e prospettive con particolare riferimento al disagio giovanile e al fenomeno delle cosiddette baby gang.
Ne approfitto per salutare tutti i presenti tra cui il sindaco di Rimini e presidente della Provincia Jamil Sadegholvaad, il vescovo di Rimini Nicolò Anselmi, la questora di Rimini Rosanna Lavezzaro, la prefetta di Rimini Rosa Maria Padovano e Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle Comunità islamiche d’Italia Ucoii.
Ringrazio sin da ora tutti coloro che, lavorando sul campo in questo ambito, come il direttore centrale anticrimine della Polizia di Stato Francesco Messina, la presidente del Tribunale regionale dei minori Gabriella Tomai, il presidente dell’associazione italiana per la prevenzione dal cyber bullismo Andrea Bilotto, e Stefania Crocitti, docente e ricercatrice del dipartimento di scienze giuridiche dell’Università di Bologna, potranno darci spunti e strumenti utilissimi per approcciarci nel migliore dei modi a questa situazione.
Le difficoltà dei ragazzi, il bullismo e il cyberbullismo, i contraccolpi della pandemia sulle relazioni e l’impatto del mondo virtuale sui rapporti reali. Sono solo alcuni degli aspetti di quell’universo complesso che si tende a racchiudere nella definizione di “disagio giovanile”.
Il momento di oggi è estremamente importante perché nasce con l’obiettivo di parlare con gli adulti di oggi degli adulti di domani ed è quindi una particolare opportunità per tutti noi e per insegnanti ed educatori attivi nelle varie realtà dell’associazionismo, per capire meglio come approcciarsi ai giovani, saper leggere i segnali, trovare le chiavi più efficaci per comunicare e per essere di supporto ai soggetti più vulnerabili.
Il Gruppo Giovani Musulmani di Rimini ha deciso di impegnarsi in questo senso dopo la maxi rissa a Peschiera del Garda del 2 giugno scorso e dopo che nel corso dell’estate 2022 anche Rimini e Riccione sono state coinvolte in maniera significativa dal fenomeno delle cosiddette babygang. Un impegno davvero importante e per cui ci tengo a ringraziarli.
Dalla ricerca “Le Gang Giovanili in Italia” (realizzato da Transcrime – Centro di ricerca interuniversitario sulla criminalità transnazionale dell’Università cattolica del Sacro Cuore, dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna e dell’Università degli Studi di Perugia) pubblicata nell’ottobre 2022 in collaborazione con Ministero dell’Interno e Ministero della Giustizia, emerge come le gang giovanili siano presenti nella maggior parte delle regioni italiane, in aumento nell’ultimo triennio in maniera diffusa nel paese, con una leggera prevalenza del Centro Nord rispetto al Sud del paese.
Le gang giovanili rilevate sono principalmente composte da ragazzi di età tra i 15 e i 17 anni e nella maggior parte dei casi sono italiani, mentre gruppi formati in maggioranza da stranieri sono meno frequenti. I crimini più spesso attribuiti alle gang giovanili sono risse, percosse e lesioni, atti di bullismo, atti vandalici. La ricerca individua anche i fattori che spingono i giovani ad aderire ad una gang: rapporti problematici con le famiglie, con i pari o con il sistema scolastico, difficoltà relazionali o di inclusione nel tessuto sociale, il ritrovarsi in un contesto di disagio sociale o economico. Influente è anche l’uso dei social network come strumento per rafforzare le identità di gruppo e generare processi di emulazione o autoassolvimento.
Accanto alle iniziative divulgative come quella di oggi, il Gruppo Giovani Musulmani di Rimini ha deciso di organizzare lungo gli ultimi mesi progetti volti a far socializzare i giovani, a farli incontrare cercando di limitare il più possibile l’abbandono scolastico, che è un’altra problematica insidiosa.
Una problematica che non è scollegata da fenomeni di delinquenza perché parallelamente alle azioni di repressione, alle denunce e agli arresti, non dobbiamo mai dimenticarci di impegnarci fortemente nell’educazione, nell’istruzione e nel costruire solide reti culturali per questi ragazzi.
E questo deve andare a comprendere soprattutto i giovani della seconda generazione affinché riescano a integrarsi a pieno nella nostra società come è naturale che sia e che possano coltivare i loro sogni e le loro ambizioni più alte mettendo a frutto tutti gli strumenti che saremo in grado di offrire loro. Come istituzioni è nostro dovere porci all’ascolto e fare tutto il possibile che questo accada.
Occorre investire nella prevenzione anche del cyberbullismo e del sexting. Questi giovani sono esposti a problematiche nuove che dobbiamo essere in grado di combattere con la stessa velocità con la quale emergono e si diffondono.
È necessario creare reti sociali forti, capillari, che possano far sentire protagonisti attivi questi ragazzi e queste ragazze facendo emergere tutte le loro preziose potenzialità.
Grazie a tutti voi per l’impegno in questo delicato scenario.
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