A Perugia a un convegno sul ruolo delle donne nei servizi sociali
A Perugia con Istituzioni, associazioni e mondo del sociale a parlare di Welfare e donne. Quali riforme per il futuro, per l’inclusione e per generare una reale parità. Grazie all’associazione @elisa 83 e al suo Presidente Adolfo Orsini che hanno reso possibile questa bellissima giornata.
Il mio intervento
Il ruolo delle Istituzioni nella costruzione delle politiche di welfare e per sostenere i percorsi di carriera delle donne è di assoluta centralità. I modelli di sviluppo che ambiscono ad un miglioramento della ‘condizione femminile’ devono avere ben presente quanto il welfare inclusivo e la promozione di buone pratiche possano influire positivamente sulla partecipazione delle donne nel mercato del lavoro.
Uno dei principali passi da affrontare è l’eliminazione del gap salariale tra uomini e donne che, nella maggior parte dei casi, deriva dalla reiterazione di un modello culturale patriarcale insito nella società, che vede ancora le donne relegate ai ruoli di cura e non ai vertici delle aziende.
Con l’approvazione della legge 162/2021 sulla parità salariale, promossa dal Partito Democratico, sono state fatte importanti modifiche ed integrazioni al codice sulle pari opportunità, che prevedono una serie di interventi per abbassare la discrepanza di opportunità: muovendosi sulla direttrice della premialità verso le aziende più virtuose sul tema e favorendo la partecipazione delle donne grazie alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Se da un lato le donne hanno risultati accademici migliori, laureandosi di più e con ottime votazioni, entrate nel sistema lavoro si raffrontano con il fatto che gli uomini percepiscono in media circa il 13 per cento in più dello stipendio a parità di mansione. Questo significa che se sei donna dal 15 novembre e fino alla notte di Capodanno lavorerai gratis. Quaranta giorni di lavoro sono il calcolo fittizio che viene fatto per dimostrare quanto i colleghi maschi continuino a guadagnare di più per le stesse mansioni. Una forbice che in 10 anni si è ridotta solo del 2,8%.
In Italia solo il 49,5% delle donne ha un posto di lavoro di cui solo il 31% a tempo pieno, perché è un fatto l’altissimo ricorso al part-time nella gran parte dei casi involontario. Così come un altro dato è che i salari diminuiscono per le madri nei 24 mesi successivi alla nascita dei figli e si allontanano le prospettive di carriera ed economiche.
È altrettanto importante riconoscere la presenza delle donne come un asset strategico per le imprese. In questa direzione è andata anche la recente direttiva approvata dal Parlamento europeo che mira ad incrementare la presenza femminile nelle posizioni apicali nelle aziende con più di 250 dipendenti. Entro fine giugno 2026 il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecuti ed il 33% di tutti i posti di amministratore dovranno essere occupati da donne. Una decisione storica che deve fare salire una media attuale europea del 30,6%.
Il tetto di cristallo che impedisce alle donne di salire ai vertici è stato finalmente infranto come ha detto la presidente dell’esecutivo Ue Ursula von der Leyen. Tutto questo per garantire dignità, libertà e diritti nel presente e creare le premesse per migliorare il futuro.
L’Unione europea giocherà un ruolo chiave per favorire una piena emancipazione economica e sociale della donna nel mercato del lavoro. I territori dovranno essere ancora più protagonisti e la nostra Regione, che in questi anni ha offerto un contributo prezioso per le donne e l’occupazione femminile, con azioni come l’impegno costante sui servizi educativi per la prima infanzia e sul sistema di welfare, avrà un ruolo chiave continuando a sostenere concretamente le politiche di genere.
Le donne per giungere ai vertici delle istituzioni o delle aziende affrontano quotidianamente ancora troppi sforzi: costrette a combattere ostacoli, pregiudizi e veti incrociati. Le politiche per favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia appaiono ancora lontane dall’essere appieno attuate. Nel 2020, in Emilia-Romagna, le dimissioni volontarie dal lavoro di lavoratrici madri e lavoratori padri con figli fino ai 3 anni sono state 4.174 (il 9,8% sul totale nazionale, pari a 42.377) e di queste quasi i tre quarti hanno riguardato donne: 2.984 a fronte delle 1.190 riguardanti gli uomini. Se il numero totale delle dimissioni è sceso rispetto al 2019 (5.447), resta in misura predominante il recesso delle lavoratrici madri, pari al 71% dei casi, dato in aumento di 3 punti percentuali rispetto all’anno precedente.
La pandemia, nel bene e nel male, ha cambiato il modo di gestire il lavoro, dimostrando che le buone pratiche si possono conservare e valorizzare con gli opportuni aggiustamenti per farle diventare strutturali. Sono convinta che la vera sfida sia da un lato ripensare all’impiego lavorativo e alle forme di organizzazione del lavoro, dall’altro potenziare i servizi di welfare per affrontare i nuovi bisogni di lavoratrici e lavoratori.
Il V Rapporto Nazionale Imprenditoria Femminile, 2022 Unioncamere ci dice che nell’ambito dell’imprenditoria femminile, la quota di imprese in area “sanità e assistenza sociale è tra le più elevate.
L’estratto V Rapporto Nazionale Imprenditoria Femminile, 2022:
Distribuzione del tasso di femminilizzazione – corrispondente alla quota delle imprese femminili sul totale imprese di settore, nel 2021, alla “sanità e assistenza sociale” (servizi per anziani, asili nido, centri di medicina estetica, ecc.) fa capo la seconda quota di imprese femminili in ordine di incidenza, pari al 37,3% (poco più di 17 mila in assoluto), a dimostrare che è stata verosimilmente l’evoluzione storica dei servizi sociali e la successiva espansione del welfare a favorire l’incontro tra un’offerta in costante aumento e un’analoga domanda da parte delle donne. Un welfare che spesso trova nell’imprenditoria femminile anche una carica innovativa dei servizi offerti. Fonte V Rapporto Nazionale Imprenditoria Femminile, 2022 Unioncamere.
Osservatorio Terzo Settore Regione Emilia-Romagna – REPORT Febbraio 2020.
Report sulle principali dinamiche che stanno attualmente caratterizzando il mondo del volontariato all’interno delle organizzazioni di volontariato (ODV) e delle associazioni di promozione sociale (APS) presenti sul territorio regionale. Il 9,9% delle organizzazioni del Terzo Settore in Emilia Romagna operano nell’ambito “Interventi e servizi sociali”. La distribuzione dei volontari per sesso fotografa una ripartizione fondamentalmente in equilibrio tra maschi e femmine, con una leggera preponderanza del numero di donne che impiegano gratuitamente il proprio tempo nelle organizzazioni rispondenti (+6,6 punti percentuali rispetto agli uomini).
La cooperazione sociale in Emilia-Romagna. Rapporto 2019
La cooperazione sociale è particolarmente rilevante per il welfare regionale e la funzione svolta dalle cooperative sociali, soprattutto quelle di tipo B (quelle operanti nelle attività finalizzate all’inserimento lavorativo di persone Svantaggiate), in merito all’inclusione delle categorie più vulnerabili (disabili, rifugiati, persone in disagio psichico, etc.). Da pag. 41 ci sono i dati di attività.
Estratto bilancio di genere che stanno elaborando con le informazioni sulle misure di sostegno al welfare nei fondo strutturali e nel PNRR
_ Prospettiva di genere nella Politica di coesione e nei Fondi strutturali
Il POR FSE+, trasversalmente alle 4 priorità Programma regionale (occupazione, istruzione e formazione, inclusione sociale e occupazione giovanile), e in integrazione con il Programma regionale FESR, assume, e garantirà, l’applicazione dei principi fondanti la visione strategica delineata a livello regionale, tra ci il contrasto alle diseguaglianze di genere, sia con azioni verticali specifiche, sia con premialità nelle azioni orizzontali: perseguendo la qualità del lavoro e il recupero del gap salariale; rafforzando la presenza delle donne nei luoghi decisionali; contrastando gli stereotipi culturali, a partire dall’orientamento formativo rispetto alle materie STEAM; implementando politiche di conciliazione; sperimentando misure innovative per favorire l’equilibrio tra tempi di vita e di lavoro; rafforzando la rete dei servizi di welfare e promuovendo un’organizzazione flessibile del lavoro, in linea con le priorità UE.
In particolare sono previsti interventi a sostegno dell’occupabilità e adattabilità delle donne e per la qualità del lavoro femminile (Priorità 1 Occupazione, obiettivo specifico c)) e misure per l’abbattimento delle rette agli asili nido e per sostenere la partecipazione alle opportunità educative extrascolastiche quali i centri estivi (Priorità 3 Inclusione sociale, obiettivo specifico k)).
Sarà inoltre sostenuta l’imprenditoria femminile e promossa una maggiore presenza delle donne in talune professioni e nei settori economici legati all’ambiente, al clima e all’energia, all’economia circolare e alla bioeconomia, attraverso la promozione di una maggiore partecipazione femminile ai percorsi di istruzione e formazione tecnico-scientifici, dove le ragazze sono sottorappresentate ed il rafforzamento delle competenze STEM.
I criteri di selezione delle operazioni a valere sul FSE+ prevedono, in coerenza con gli indirizzi DSR, priorità e premialità trasversali finalizzate alle pari opportunità, non discriminazione e interculturalità, intesa come capacità di contrastare disparità di accesso alle opportunità, garantire modelli e modalità di erogazione inclusivi e finalizzati a sostenere la conciliazione.
Contrastare le disparità di accesso e rafforzare la presenza delle donne nei luoghi decisionali sono obiettivi che abbiamo il dovere di perseguire se vogliamo proiettare la società verso un futuro paritario, inclusivo, dove lo sguardo femminile sul Mondo sia valorizzato e riconosciuto.
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