A Bologna a un’iniziativa di ‘Pandora Rivista’ sul tema dell’economia sociale
Ringrazio UPI e la Rivista Pandora per aver organizzato con l’Assemblea legislativa questa occasione di approfondimento e confronto sul tema dell’economia sociale, tema così attuale e importante, e ringrazio i relatori e le relatrici che hanno accettato l’invito a partecipare all’evento contribuendo così ad arricchire la riflessione su questa componente molto rilevante della nostra economia e della nostra società.
Un’economia sociale attiva e capillare rappresenta una straordinaria opportunità di sviluppo e dà forma all’obiettivo ideale di una crescita etica, sostenibile, partecipata e condivisa di cui tutta la collettività può beneficiare, in modo diretto, attraverso i servizi che vengono erogati e che sono quasi sempre risposte tempestive a bisogni molto concreti dei territori, arrivando spesso prima e meglio laddove il soggetto pubblico arranca per le note ragioni: tempi lunghi, risorse umane limitate, un apparato di leggi e regolamenti che stringe la macchina amministrativa dentro limiti inderogabili; ma l’aspetto che vorrei mettere in luce è anche l’impatto indiretto, difficile da quantificare in una statistica, eppure così intenso e così reale. Gli Enti del Terzo settore possono avere molte forme giuridiche (associazioni, cooperative, fondazioni ecc.), ma hanno tutti caratteristiche precise: il primato della persona, la finalità sociale davanti al profitto, la maggior parte degli utili reinvestiti e una governance democratica e partecipativa. Sono tutti aspetti che favoriscono e alimentano quella rete sottile – fatta di rapporti umani, relazioni che si creano per lavorare verso obiettivi comuni, scelte discusse nel rispetto degli altri, idee e mezzi condivisi – che costituisce una linfa vitale per la nostra società democratica e valorizza l’impegno di cittadine e cittadini consapevoli e attenti al bene comune. L’economia sociale contribuisce allo sviluppo di un tessuto sano e vivace e tale condizione è forse la migliore prevenzione contro la diffusione di degrado e illegalità, nonché la cornice ideale per favorire l’affermazione di principi e diritti.
Proprio da queste premesse ha preso le mosse alla fine del 2021 l’iniziativa della Commissione europea di lanciare un piano d’azione per l’economia sociale, con l’obiettivo di creare un quadro adeguato per la crescita di un’economia al servizio delle persone e dare concretamente seguito al Pilastro europeo dei diritti sociali.
Sono molte le sfide da affrontare che la Commissione europea mette in luce per lo sviluppo di contesti politici e giuridici adeguati: la natura intersettoriale degli ambiti interessati – cultura, sport, assistenza, ambiente ecc –, un quadro fiscale complesso, le diverse tipologie che rientrano nella definizione di “imprese sociali”, bassa livello di accesso ai finanziamenti, scarsi dati e informazioni quantitative e qualitative.
Partendo dalla considerazione che i soggetti dell’economia sociale sono fortemente radicati a livello locale e che nella maggior parte dei casi hanno l’obiettivo di servire le comunità in cui si trovano, Regioni e enti locali possono giocare un ruolo molto importante nello sviluppo di ecosistemi utili alla crescita dell’economia sociale. Questo obiettivo assume una forza ancora maggiore se consideriamo che le imprese del Terzo settore vedono una presenza molto alta di imprenditrici donne, rispetto ad altri settori. Inoltre, le giovani generazioni, che si stanno dimostrando molto sensibili ad un’idea di sviluppo sostenibile, potrebbero essere interessate alle opportunità connesse all’economia sociale.
Sono temi a me molto cari e ritengo che siano fattori importanti, che vanno tenuti in considerazione quando ci si confronta sulle scelte da compiere in prospettiva e sulle politiche su cui investire per il futuro.
A luglio 2022, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che concorda con gli obiettivi della Commissione e, tra le altre cose, esorta le autorità regionali e locali a integrare la dimensione dell’economia sociale nelle loro politiche e nei loro programmi.
In Italia, dove le formazioni associative trovano piena legittimità nell’art. 118 della Costituzione che introduce il principio di sussidiarietà, cosiddetta “orizzontale”, per lo svolgimento delle attività di interesse generale, la cornice generale è stata definita dal decreto legislativo n. 117 del 2017, “Codice del Terzo settore” e dai successivi decreti attuativi che hanno quasi completato il quadro legislativo. Uno degli interventi più importanti è stato l’introduzione, nel 2020, del molto discusso “Registro unico nazionale del terzo settore (RUNTS)” che comprende tutti quei soggetti Organizzazioni di volontariato, le Associazioni di promozione sociale (APS), gli enti filantropici, le fondazioni e tutte le altre fattispecie di Enti del terzo settore (ETS) previste dall’art. 1 del Decreto legislativo 117/2017. Il RUNTS è stato molto criticato per la complicata procedura di iscrizione che, nonostante risponda ad esigenze di trasparenza e legalità, è considerata da una parte degli enti del terzo settore come un eccesso di burocrazia imposta.
In questo quadro europeo e nazionale, la Regione Emilia-Romagna sta facendo la sua parte per valorizzare e promuovere il Terzo settore a partire dal Patto per il lavoro e per il clima, un progetto condiviso, sottoscritto a dicembre 2020 con tutte le componenti della società emiliano-romagnola e quindi anche con il terzo settore e le associazioni di volontariato, per il rilancio dell’economia regionale attraverso uno sviluppo sostenibile per l’ambiente, l’economia e la società, nell’ottica di contribuire agli obiettivi dell’Agenda 2030.
Tra le iniziative più recenti, a livello regionale, per dare forza e valore alle imprese sociali, ricordo che proprio in questi giorni l’Assemblea legislativa sta esaminando il progetto di legge 6087 di iniziativa consigliare: “Norme per la promozione ed il sostegno del terzo settore, dell’amministrazione condivisa e della cittadinanza attiva” che vede come primo firmatario il consigliere Amico e relatrice di maggioranza la consigliera Maletti.
Lunedì 13, in IV Commissione assembleare “Politiche per la salute e politiche sociali”, si è svolta l’audizione dei principali portatori di interesse che hanno dato il loro prezioso contributo al dibattito e ieri (27 marzo) la IV Commissione ha licenziato il testo che ora passa in Aula per l’approvazione definitiva.
Il progetto di legge, che ha visto l’apporto significativo di ANCI e la stretta collaborazione di Giunta e Assemblea, è anche il frutto di un’ampissima attività di confronto che i consiglieri promotori dell’iniziativa hanno svolto, attraverso più di cento incontri con i territori e con i portatori di interesse. Questa iniziativa legislativa dà attuazione alla riforma del Terzo settore realizzata con il decreto legislativo n. 117/2017, e ha l’obiettivo di dare a livello regionale una legislazione organica in materia, senza introdurre ulteriori appesantimenti burocratici.
Ma è anche un testo ambizioso che tiene conto della complessità della nostra società attuale e mira a valorizzare ogni forma di attivismo civico, attraverso diversi strumenti, – introducendone di nuovi e rafforzandone alcuni già esistenti – tutti tesi a dare ancora maggiore centralità al Terzo settore.
Tra questi cito il “Consiglio regionale del Terzo settore”, luogo di confronto e concertazione degli Enti del Terzo settore con la Giunta regionale, l’“Osservatorio regionale del Terzo settore” che svolge un ruolo conoscitivo, raccoglie informazioni e conduce analisi e approfondimenti,
l’“Assemblea del Terzo settore”, in cui viene presentato il rapporto annuale predisposto dalla Giunta sulla base dell’elaborazioni dell’Osservatorio.
Il Titolo III del progetto di legge è dedicato ai “Rapporti degli enti pubblici con gli Enti del Terzo settore nell’ambito dell’amministrazione condivisa” che trova il suo caposaldo nella collaborazione per il perseguimento di obiettivi condivisi tra amministrazioni pubbliche ed ETS sulla base di principi comuni: miglioramento della qualità della vita delle persone; non appesantimento del procedimento; accessibilità, equità e qualità dei servizi erogati; la valutazione d’impatto, in alcuni casi; programmazione e pianificazione ed infine tutela dei diritti di lavoratori, soci lavoratori e volontari.
In Emilia-Romagna, stando ai dati ISTAT relativi 2020, ci sono 27.658 istituzioni non profit che operano prevalentemente nel settore delle attività culturali/ricreative e delle attività sportive, ma anche nel settore dell’istruzione e della ricerca, della sanità e dell’ambiente. In totale occupano 82.291 dipendenti e coinvolgono centinaia di migliaia di volontari. Dati molto significativi che danno un’idea di quanto queste realtà siano ricche e diffuse e di quanto sia importante dotarsi di tutti gli strumenti possibili affinché possano esprimere al meglio le loro potenzialità.
Da questo punto di vista ho il piacere di portare anche l’esperienza diretta dell’Assemblea legislativa che ho l’onore di presiedere.
Ricordo, ad esempio, il protocollo d’intesa con gli Istituti storici provinciali con i quali collaboriamo fin dal 2013 e che ha favorito in 10 anni di attività il grande successo del bando Viaggi della Memoria e viaggi attraverso l’Europa. Ogni anno migliaia di ragazze e i ragazzi delle scuole dell’Emilia-Romagna partecipano a progetti dedicati alla Memoria, alla Pace, alla cittadinanza attiva e alla storia dell’integrazione europea, in linea con le finalità delle leggi regionali n. 3 del 2016 “Memoria del Novecento” e n. 16 del 2008 “Partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla formazione e attuazione delle politiche e del diritto dell’Unione europea”.
La Pandemia non ha fermato questo bellissimo percorso che è proseguito anche nel 2021 con la realizzazione di progetti di “viaggi virtuali” che hanno permesso di tenere viva e forte l’attenzione sui temi della Memoria e della cittadinanza europea. Finita l’emergenza pandemica e ripresi i viaggi in presenza, l’Assemblea ha stanziato più di 800 mila euro per l’edizione 2022 che è quella in corso. Scelte che ci hanno ripagato con la straordinaria partecipazione di 94 progetti candidati da tutto il territorio regionale. Proprio in questi mesi tantissimi studenti stanno partendo per visitare i luoghi simbolo del ’900 e dell’Europa, dai lager alle foibe, dai Balcani alla Berlino divisa in due dalla Guerra fredda, dalle sedi delle istituzioni dell’Unione europea ai luoghi che hanno segnato le tappe della sua evoluzione.
Sempre più spesso i docenti che seguono l’attuazione dei progetti ci restituiscono il quadro di un’esperienza formativa molto intensa, precisando che non sarebbe stata possibile senza il contributo economico regionale che aiuta le famiglie dei ragazzi a sostenere i costi di questi percorsi. Tutto ciò si concretizza anche grazie e soprattutto al lavoro capillare sui territori e con le scuole degli Istituti storici provinciali che ci supportano con la loro competenza e che colgo l’occasione per ringraziare.
Tra le collaborazioni in tema di storia e memoria ricordo anche quelle con l’Associazione Familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 e l’Associazione dei Parenti delle vittime della strage di Ustica; sul tema della legalità e diritti abbiamo siglato proprio recentemente, il 10 marzo scorso, il “patto della legalità” con l’Associazione Libera Emilia-Romagna per favorire la consapevolezza sulla prevenzione e sul contrasto della criminalità organizzata e promuovere la cultura della legalità attraverso attività divulgative, con particolare attenzione ai più giovani a cui poi è seguita la Settimana della legalità, dal 20 al 25 marzo 2023.
Poi ci sono le moltissime collaborazioni con le realtà associative o altri soggetti della società civile no-profit che svolgono progetti con le scuole sui temi dei diritti, la legalità e la memoria.
La Pandemia di covid-19 e la guerra in Ucraina ci hanno mostrato che la realtà si evolve molto velocemente e i vecchi schemi, secondo i quali viene impostata la risposta su valori e bisogni, non reggono più. Io penso che la politica in questo particolare momento storico abbia un ruolo decisivo per assicurare la tenuta delle nostre democrazie. Occorre interiorizzare l’idea di una realtà molto più “fluida” che in passato e, fermi restando i valori comunitari e della nostra Costituzione, farne lo sfondo sul quale disegnare le nuove strategie e le nuove azioni.
In questo quadro, l’economia sociale ha un potenziale altissimo, per migliorare il presente e costruire il futuro.
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